28/01/12

27/01 sciopero generale Roma: DONNE CONTRO IL GOVERNO MONTI








LA FURIA DELLE DONNE VOGLIAMO SCATENARE, QUESTO GOVERNO DOBBIAMO CACCIARE!



DONNE, DONNE, SCIOPERO TOTALE!


Questi due slogan, insieme a tanti altri, sono stati fortemente presenti
nella manifestazione nazionale dei sindacati di base del 27 gennaio.
Tantissime lavoratrici, tantissime precarie, disoccupate.
Le lavoratrici delle cooperative sociali, della scuola, le disoccupate e studentesse di
Palermo, le disoccupate e lavoratrici delle pulizie di Taranto, le
lavoratrici immigrate di Marghera/Mestre, insieme ad altre lavoratrici dello slai cobas per il sindacato di classe, sono state uno degli spezzoni più combattivi nella manifestazione, notato anche dai giornali, Tv.
Hanno portato la carica delle lotte che hanno fatto nei giorni e settimane precedenti il 27 gennaio: dai presidi e occupazioni dei Palazzi Istituzionali a Palermo, alle iniziative e conquiste di parziali risultati a Taranto.

Le compagne del Movimento femminista proletario rivoluzionario, interne e spesso promotrici di queste lotte, a Roma, hanno portato la doppia determinazione ad andare molto più avanti; a fronte degli attacchi del
governo, Monti e dei padroni è necessario unire tutti gli spezzoni di lotta delle lavoratrici, precarie, disoccupate, licenziate, e costruire con lo sciopero totale delle donne una forte visibilità dell'intreccio classe/genere che anche questi attacchi rendono chiaro, e un'effettiva possibilità di contrastarli e rovesciarli.
Anche il 27 ha dimostrato che quando ci uniamo ci sentiamo e siamo più forti. Ogni idea di farsi solo la propria lotta, è purtroppo impotente e perdente.
La ribellione delle donne proletarie è ancora soffocata, ma se la esprimiamo, allora saranno seri problemi, per padroni, governo, Stato, sindacati asserviti, e tutto il corollario del maschilismo.




25/01/12

Disoccupata assunta in maternità! Solo la lotta paga... Disoccupate/ti organizzate/ti a Taranto

Dopo circa tre anni di lotta e corso di formazione sulla raccolta differenziata per i Disoccupati Organizzati Slai cobas per il sindacato di classe di Taranto ecco i primi risultati: prime10 assunzioni - tra breve altre 3 - dalla 'Lista di lotta' dei disoccupati.
Ma attente che qua viene il bello!!!
Cira è una nostra compagna che in questi 3 anni è sempre stata in prima fila nella lotta per la raccolta differenziata - ricordiamo tutti recentemente la sua piccola mano, ma forte, che stringe il pugno mentre bussa con forza al portone sbarrato del Comune; quando si sono cominciate a vedere risposte concrete per il lavoro Cira e' incinta!!! Ma nei 9 mesi non ha mai smesso di venire e di continuare a lottare, ed ecco finalmente i tanti sospirati colloqui per il lavoro dove lei si è presentata al nono mese, e noi tutti pensavamo chissà!?
Ma ecco che... con stupore e contentezza Cira supera il colloquio e viene assunta appena qualche giorno prima che partorisce!Significativa e doppia vittoria e io oserei tripla.., ricordo bene che un giorno prima del parto Cira ancora una volta e come sempre è stata partecipe alle nostre riunioni in sede..E' una doppia vittoria di tutte noi: per la lotta dei disoccupati e per le donne. Se consideriamo che da sud a nord la disoccupazione ha raggiunto soglie inaccettabili, che in questo le prime danneggiate, discriminate sono le donne; ma soprattutto se pensiamo che tante donne, giovani non vengono assunte non perchè sono incinta ma perchè possono esserlo in futuro, o tante lavoratrici vengono licenziate, costrette a firmare "lettere di dimissioni" prestampate appena aspettano un bambino!
Questo risultato è il frutto della lotta dei Disoccupati Organizzati che fin dall'inizio ha mostrato a tutti, istituzioni, Ditte, il ruolo centrale, combattivo, determinato delle disoccupate, sempre in prima fila, sempre le più ribelli contro il potere e la polizia. Le "donne pericolose", come sono state chiamate.La terza vittoria è la piccola "cobassina" nata con l'assunzione!!
Come ha scritto Cira rispondendo ai nostri auguri: "Vi ringrazio tantissimo del pensiero, da Cira e la piccola cobas".La piccola Sara è nata già lottando con la sua mamma per il futuro occupazionale ed ha vinto, Sì ha vinto lei la piccola cobassina alla quale dedichiamo gli auguri più grandi da parte dei Disoccupati Organizzati dello Slai cobas!
Raffaella 22.1.12
***
auguriamo un futuro radioso alla picccola "cobassina" Sara, a Cira e a tutte le disoccupate in prima linea nella lotta per il lavoro insieme ai disoccupati organizzate/i nello Slai Cobas per il s.c. di Taranto, un futuro ricco di altre sfide e di nuovi traguardi... solo la lotta paga

lavoratrici e precarie Slai Cobas per il sindacato di classe Palermo

24/01/12

LAVORO Donne, la famiglia, ma non solo, è motivo di abbandono per 40%

Nei primi 9 mesi del 2011 -45mila occupate. Il divario tra l'occupazione maschile e quella femminile è ancora molto ampio: solo il 3% dei padri lascia l'ufficio per restare a casa: "Il sistema italiano non fornisce servizi alla famiglia. Perciò le donne non entrano nel mercato del lavoro", sostiene il Cnel.

ROMA - Amano lavorare, ma preferiscono lasciare il posto di lavoro per badare alla famiglia. Tra i motivi di abbandono del posto di lavoro da parte delle donne al primo posto, per il 40% c'è la volontà di curare la famiglia, mentre è solo del 3% la percentuale dei padri che fa la stessa scelta. "Il 40,8% delle ex lavoratrici dichiara di aver interrotto l'attività lavorativa per prendersi cura dei figli e circa il 5,6% per dedicarsi totalmente alla famiglia o ad accudire persone non autosufficienti", è quanto emerge da uno studio dell'Isfol condotto su un campione rappresentativo delle donne italiane in età compresa tra i 25 e i 45 anni.
Ma gli affetti non sono l'unico motivo di riduzione dell'occupazione femminile che, nel 2011, ha
fatto registrare un netto calo: a fronte di un "modesto recupero" generale del mercato del lavoro, infatti, si è registrato un"ulteriore peggioramento per le giovani, con - 45 mila occupate nella media dei primi tre trimestri".Pochi servizi. Stando a quanto sostiene il Cnel, "il sistema
italiano non fornisce servizi alla famiglia e di conciliazione, di conseguenza le donne non entrano nel mercato del lavoro o ne escono dopo il primo figlio o per assistere parenti anziani".
Basti pensare che, alla luce delle ricerche presentate nel corso degli Stati generali sul Lavoro, "tra le donne in età compresa tra i 25 e i 45 anni, dopo la nascita di un bambino il tasso di occupazione femminile passa bruscamente dal 63% al 50%, per crollare ulteriormente dopo la nascita del secondo, evidenziando come il ruolo femminile nel mondo del lavoro sia sacrificabile alla cura dei figli e all'attività domestica".
Non solo la famiglia. La ricerca, presentata in occasione degli Stati generali sul Lavoro delle donne organizzati al Cnel, fa però notare anche come ci sia "una buona parte delle ex lavoratrici
che dichiara di aver dovuto terminare l'attività lavorativa per cause non volontarie". Dall'indagine risulta che "oltre il 17% segnala la scadenza di un contratto a termine o stagionale, il 15,8% il licenziamento o la chiusura dell'azienda".
Tra casa e ufficio, le donne lavorano di più degli uomini. In Italia la ripartizione dei carichi domestici e di cura, si deduce dai dati della ricerca, è ancora "molto sbilanciata" a sfavore delle donne.
Roberta Zizza della Banca d'Italia riporta, infatti, dati Istat secondo cui le donne svolgevano nel 2008-2009 il 76% del lavoro familiare (la quota era del 78% nel 2002 e del dell'85% nel 1989). L'esperta di Palazzo Koch evidenzia come "l'Italia sia l'unico paese occidentale in cui le donne
lavorano, considerando lavoro retribuito e lavoro domestico, significativamente più degli uomini (secondo alcuni dati riportati da Zizza si tratterebbe di ben 75 minuti in più al giorno).
Sulla stessa linea la ricerca dell"Isfol (Istituto per lo Sviluppo della Formazione Professionale
dei Lavoratori), presentata dal responsabile del servizio statistico Marco Centra: "La giornata media lavorativa degli occupati con almeno un figlio, tenendo conto del lavoro retribuito, del lavoro familiare e degli spostamenti da casa al lavoro, è di circa 15 ore. La maggior parte del tempo dei padri, circa 10 ore su 24, è dedicato al lavoro retribuito, mentre il tempo delle madri è diviso tra lavoro familiare, 8 ore e 35 minuti, e lavoro retribuito, 7 ore e 9 minuti". Ecco che, spiega Centra, "in generale la giornata lavorativa femminile, rispetto a quella maschile, è più lunga di 45 minuti. Le donne dormono circa 10 minuti meno degli uomini, hanno meno tempo
da dedicare alla cura di sè e al tempo libero, ma soprattutto dedicano molto
più tempo al lavoro domestico".
Le 'scoraggiate' italiane sono 4 volte di più che in Europa. La quota di donne inattive che "non cercano attivamente lavoro, ma sono subito disponibili a lavorare", in Italia, è quasi 4 volte più elevata che in Europa (16,6% rispetto al 4,4%). Sono "donne scoraggiate", dice Linda Laura Sabbadini, direttore del dipartimento Statistiche sociali e ambientali dell'Istat. La distanza, secondo l'Istat, è ancora più forte in confronto ai principali Paesi europei.
(02 febbraio 2012)

22/01/12

India... dove le donne non stanno a guardare


Dal 14 al 21 gennaio si è svolta una campagna internazionale a sostegno della guerra popolare in India, indetta in memoria dei compagni Azad e Kishenji, dirigenti maoisti torturati e assassinati dal governo indiano.In queste assemblee è stata molto presente la condizione ma soprattutto il
ruolo delle donne in questa guerra popolare.
Riportiamo su questo dall'assemblea tenutasi a Palermo presso il box 3 del Cua - facoltà di lettere, del Comitato Internazionale a sostegno della guerra popolare in India, l'intervento di una lavoratrice del mfpr:

"...ha ricordato ai presenti che il 25 novembre, giornata internazionale contro la violenza sulle donne, nell'ambito delle iniziative messe in campo nelle diverse città promosse dal movimento femminista proletario rivoluzionario, sul piano internazionale si è voluta dedicare la giornata in
particolare alle donne indiane maoiste contro cui la violenza dello Stato indiano attraverso l'esercito e le forze paramilitari è feroce, la violenza sessuale usata come arma di repressione di stato ma che di contro diventa leva per lo scatenamento della ribellione delle donne contro una pesante condizione di oppressione patriarcale/feudale di lunga durata, in tante si uniscono e aderiscono sempre di più alla guerra popolare.
Il dossier della scrittrice Arundaty Roy riporta in alcuni passi l'esperienza di diverse compagne. La questione delle donne è uno degli elementi fondamentali trattati dal partito comunista indiano maoista, lo sviluppo e il rafforzamento della militanza rivoluzionaria delle donne, l'avanzamento delle compagne, tante sono quadri nell'esercito e all'interno del partito; anche se passi in avanti si devono ancora fare per affermare pienamente il ruolo dirigente delle compagne. La lotta contro l'oppressione feudale/patriarcale/maschilista nelle zone del nuovo potere è concreta e si
afferma sia sul piano pratico che ideologico, così avviene all'interno del partito dove le compagne vengono da lunghi anni di lotta non solo per affermare i loro diritti ma per convicere il partito che l'uguaglianza tra uomini e donne è al centro di un'ideale di società giusta.
L'India insegna che nella lotta rivoluzionaria le donne, le compagne non stanno a guardare ma sono protagoniste in essa stando in prima linea e mettendo già in atto sul campo la "rivoluzione nella rivoluzione". La lotta delle donne indiane ci incoraggia e ci arricchisce nella lotta che
quotidianamente facciamo nel nostro paese come parte del cammino di liberazione della donne nel mondo contro violenza sessuale, uccisioni, doppia oppressione e sfruttamento...".

migranti tunisini dispersi: donne e familiari in lotta per ritrovarli arrivano in Italia

riceviamo e volentieri rigiriamo

Da sabato una delegazione composta da sei persone è arrivata dalla Tunisia in Italia. Sono i
parenti di circa 200 ragazzi partiti a marzo su 4 imbarcazioni - il 1 marzo, il 14, e due barche il 29 - di cui si sono perse le tracce. Alcuni di loro hanno telefonato, dicendo di essere appena arrivati o di riuscire a vedere la costa e le navi italiane. Ma poi, più nessun segnale. In quei giorni non si hanno notizie di naufragi. I loro parenti da mesi manifestano in Tunisia affinché qualcuno dia loro notizie più certe sulla sorte di questi ragazzi. Il governo tunisino ha chiesto a quello italiano di poter avere le impronte di tutte le persone identificate come tunisine arrivate in Italia in quei giorni. In queste settimane sono in corso importanti trattative.
Intanto, la delegazione è arrivata in Italia con l’intento di visitare alcuni centri di detenzione per
migranti, sperando di trovare le tracce dei loro figli e dei loro fratelli.

http://www.blogger.com/
lettera di Omeyya Seddik (sottosegretario all’immigrazione) al governo italiano

http://www.ilmanifesto.it/attualita/notizie/mricN/6392/

21/01/12

Appello a sostegno delle operaie della Omsa

Le lavoratrici slai cobas per il sindacato di classe
le compagne del Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario
aderiscono a questa iniziativa

Appello per un'azione di Solidarietà Concreta

Dal 2010 ormai prosegue la vertenza delle operaie dello stabilimento della Omsa di Faenza, minacciate di perdere il lavoro per una delocalizzazione della produzione che nulla ha a che vedere con la crisi e tutto ha a che fare con il profitto; la vigilia di Capodanno il gruppo GoldenLady ha comunicato alle 239 lavoratrici ancora occupate che il 12 marzo 2012, alla
fine della cassa integrazione, saranno licenziate.
La perdita di qualsiasi scrupolo da parte dell'azienda ha sollevato la giusta indignazione di molti/e, decis* a solidarizzare con la lotta di queste lavoratrici. Da tempo è partita una campagna di boicottaggio dei prodotti del gruppo che, anche grazie ai social media, sta raggiungendo un
notevole livello di diffusione.
Come donne, collettivi e realtà autorganizzate vogliamo diffondere un appello per un'iniziativa congiunta in tutte le città italiane Sabato 28 Gennaio.
Con volantinaggi, striscioni, musica, presidi, flash mob ed ogni altro strumento utile, proponiamo una giornata di informazione e boicottaggio attivo di fronte ai punti vendita del gruppo GoldenLady (Golden Point).
Nel pieno dei saldi, quando all'azienda farebbe gola vendere il più possibile, vogliamo stare nelle strade per ricordare a chi pensa solo al proprio profitto che le scelte di produzione non possono passare sopra le nostre vite.
Diffondiamo questo appello a tutte le realtà organizzate, femministe e non, e alle singole persone che desiderano impegnarsi per dimostrare solidarietà concreta a questa lotta.


Piuttosto che vestire sfruttamento,le calze ce le disegneremo sul corpo!

Lavoratrici OMSA
Laboratorio Sguardi Sui Generis (Torino)
Mujeres Libres (Bologna)
Le De'Genere (http://de-genere.blogspot.com/)
Femminismo A Sud (femminismo-a-sud.noblogs.org)
Sconfinamenti (Napoli)
Folpette femministe, antifasciste, antimilitariste - Padova
Centro Sociale Askatasuna (Torino)
Collettivo Universitario Autonomo Torino (cuatorino.org)
Altraagricoltura nord-est Padova
Francesca Sanzo (www.francescasanzo.net)
Valentina S. (http://www.consumabili.blogspot.com/)
Franca Treccarichi
Roberta Galeano
Laura Cima


Per adesioni: sguardisuigeneris@gmail.com

Contributo delle compagne mfpr all'assemblea nazionale di Roma "La vita siamo noi: contro l’attacco all’autodeterminazione delle donne"

Compagne, purtroppo i molteplici impegni di questi giorni non ci consentono di partecipare direttamente all'incontro del 21 gennaio a Roma promossa dall' Assemblea permanente delle donne contro la proposta di legge Tarzia, pertanto mandiamo un breve contributo scritto.

Condividiamo lo slogan utilizzato per costruire l'appuntamento "La vita siamo noi" perchè allude, da un lato, al nucleo ideologico fondamentale su cui si basano gli attacchi ideologici, politici, pratici al diritto di scelta delle donne, per cui una cellula vale più di una donna e, dall'altro, pone l'irrinunciabilità delle donne a rifiutare il ruolo di incubatrici a cui le si vuole ridurre, a rivendicare il diritto di scelta non solo alla maternità ma su tutti i campi della propria vita.

Come, d'altra parte, condividiamo la necessità di una risposta nazionale agli attacchi che, a macchia di leopardo e su molteplici piani vengono portati avanti -quotidianamente potremmo dire- contro la libertà di scelta delle donne, vista la risposta determinata delle donne agli attacchi
frontali.

Non possiamo neanche sottacere come le leggi, la cancellazione di diritti conquistati con dure lotte delle donne contribuiscono a diffondere e favorire un humus oscurantista e reazionario, come testimoniano i crescenti casi di stupri, violenze fisiche e psicologiche, sino all'uccisione, sopratutto all'interno delle famiglie. Ideologia oscurantista e reazionaria che vuole scaricare il lavoro di cura sulle donne, all'interno delle pareti domestiche i costi di uno stato sociale inesistente, del mal funzionamento e/o della chiusura di molti servizi sociali, dell'inefficienza di strutture sanitarie ed assistenziali, "incentivando" il ritorno a casa delle donne con demagogici bonus bebè e politiche familiste di stampo fascista.

Infine, sappiamo bene come la crisi siano proprio le donne a pagarla in primis, con perdita di posti di lavoro, con disoccupazione, in termini di maggior dipendenza economica dalla famiglia.

Riteniamo che come gli attacchi ideologici abbiano prodotto degli effetti legislativi, pratici alla dignità, ai diritti, alla vita stessa delle donne così sia necessario rispondere ad essi, battersi perchè vengano cancellati.

Per questo riteniamo che sia necessario costituire un comitato in difesa del diritto d'aborto che si batta, ad esempio, per:

l' abrogazione della L. 40 sulla procreazione medicalmente assistita, che ha introdotto il riconoscimento giuridico dell'embrione

il miglioramento della 194 con la cancellazione dell'obiezione di coscienza

Ma sia in grado di denunciare e smascherare gli attacchi ideologici che vengono, ad esempio, dall'installazione delle moderne ruote degli esposti, i cimiteri dei feti abortiti, l'ingresso del movimento per la vita nei consultori e/o negli ospedali, i tentativi dei farmacisti di poter ricorrere
a un "diritto" di obiezione di coscienza per opporsi al ricorso alla pillola del giorno dopo, contro la chiusura e il ridimensionamento di consultori, ospedali.
Insomma, un percorso collettivo, a tutto campo di denuncia e protesta contro prese di posizione, campagne ideologiche contro le donne

...E, infine, diciamo, che l'incontro mondiale delle famiglie che si terrà quest'anno a Milano non mancherà di offrirci occasione/necessità di dire la nostra


Movimento femminista proletario rivoluzionario

per contatti: mfpr@libero.it

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Casa Internazionale delle Donne - Roma sabato 21 gennaio 2012 (ore 9 / 17)

»La vita siamo noi: contro l’attacco all’autodeterminazione delle donne"

Assemblea permanente delle donne contro la proposta di legge Tarzia

Vogliamo sventare il tentativo di impedire l’applicazione della legge 194, già erosa a causa dall’alto numero di medici obiettori di coscienza. Vogliamo che i servizi offerti dai Consultori siano finanziati adeguatamente.

Vogliamo reagire all’attacco all’autodeterminazione delle donne. Sono questi alcuni degli obiettivi dell’incontro nazionale promosso dall’Assemblea permanente, formatasi a giugno 2010 per contrastare la proposta di legge regionale nel Lazio che vorrebbe modificare i consultori. Contro quella proposta di legge (prima firmataria Olimpia Tarzia) sono state raccolte circa 100mila firme nel corso di più di cento iniziative organizzate in tutta la regione.

Se, come dicono i dati ufficiali, gli aborti in Italia sono costantemente diminuiti è proprio grazie al lavoro sulla salute riproduttiva che hanno fatto i consultori in questi anni, nonostante le regioni li abbiano costantemente definanziati e sostanzialmente ignorati. Oggi quello che occorre non è cambiare le leggi o imporre visioni ideologiche, ma sostenere adeguatamente i Consultori e i servizi di estrema utilità - come prevenzione, ascolto e informazione - che offrono.

Perché un incontro nazionale? Perché il tentativo di imporre visioni ideologiche nei consultori e di limitare la libertà delle donne è in atto anche in altre regioni. Infatti in Piemonte è stata presentata una proposta analoga a quella del Lazio. Inoltre in quasi tutte le regioni italiane i tagli ai finanziamenti provocano carenze alle strutture e impediscono il rinnovo del personale.

Vediamo con preoccupazione aumentare le amministrazioni poco interessate alla tutela di servizi di base, soprattutto per le giovani, le donne meno abbienti, le immigrate che i consultori garantiscono e riteniamo che sia giunto il momento di reagire per difendere e rilanciare un’eccellenza italiana. E per dire chiaramente che le donne non accettano di esser messe sotto tutela.

14|01|12

Vogliamo impedire che le donne siano costrette a tornare all’aborto clandestino, vogliamo tutelare la salute delle donne e avere cura della salute psico-affettiva, sessuale e riproduttiva degli adolescenti.

17/01/12

sul presidio del 14 gennaio alla prefettura di donne tunisine e italiane



All'iniziativa del 14 gennaio alla prefettura di Milano delle donne tunisine e italiane seguita all'appello "Da una sponda all'altra: vite che contano" una delegazione di donne è stata ricevuta in Prefettura dove hanno consegnato al Prefetto di Milano e al Console tunisino una lettera
indirizzata ai Ministri degli esteri e degli interni italiani e tunisini in cui si chiede di rispondere alla domanda che i familiari dei giovani tunisini dispersi rivolgono da troppo tempo alle istituzioni del loro paese e alle istituzioni italiane "...uno scambio delle impronte digitali conservate nei database dei due paesi. Un incrocio dei dati, su richiesta dei genitori, per
ritrasformare le impronte di quei giovani in vite, o, eventualmente, in morti, di cui fare il lutto e da aggiungere all’infinito elenco delle morti di migranti nel Mediterraneo che, volute dalle politiche di controllo delle migrazioni,hanno trasformato quel mare in un cimitero marino. Basterebbe questo semplice gesto, infatti, per rispettare il dolore dei familiari tunisini, dovendo
riconoscere, almeno indirettamente e in parte, le vite di quei giovani e il loro desiderio di libertà..."(dall'invito a partecipare al presidio)

Dalla prefettura si è encomiata l'iniziativa ed è stato assicurato che verrà inoltrata ai ministri competenti.

Nonostante il freddo gelido il presidio è andato avanti per parecchio tempo anche a testimonianza dell'importanza che il tema immigrati, politiche securitarie, cie, riveste, in particolare, per le donne, memori di come siano state utilizzate strumentalmente per meglio far passare, in questo paese, le politiche securitarie, razziste e sessiste.

Sono arrivate delegazioni da diverse città, con una forte carica perchè in Tunisia prosegua la "rivoluzione araba". Nè è mancata la denuncia di come gli accordi in tema di immigrazione
Italia- Tunisia rimangano inalterati e quindi l' odioso reato di clandestinità

Come contributo alla campagna le compagne del movimento femminista proletario rivoluzionario hanno tradotto e portato in breve documento l'intervista ad Amina, una delle donne dell' Associazione tunisina donne democratiche in lotta per i diritti delle donne in
Tunisia.


milano, 16/1/2012

15/01/12

UN'ALTRA BRACCIANTE MORTA NELLA PROVINCIA DI TARANTO: ORGANIZZIAMOCI E LOTTIAMO



Un'altra bracciante è morta in Provincia di Taranto, mentre andava al lavoro nelle prime ore del mattino, altri 5 sono feriti gravemente. Sono entrate in collisione una Opel Astra e il pullmino che trasportava le braccianti agricole.Lei si chiamava Maria Giuseppe Rusciani, avrebbe compiuto 60 anni il 30 gennaio prossimo, era partita da Terranova del Pollino (Potenza) per andare a lavorare nelle campagne di Massafra in provincia di Taranto, che vuol dire decine e decine di chilometri, fatti quando è ancora buio al mattino, spesso a forte velocità per arrivare presto sul posto di lavoro, perchè bisogna produrre, e aziende e spesso i caporali, devono fare utili sul tempo di lavoro delle braccianti.Il 31 agosto di quest'anno altre braccianti sono morte nello stesso modo e nella stessa zona.Ma da allora nulla è cambiato per garantire la sicurezza delle lavoratrici.
SI TRATTA DI MORTI PER IL LAVORO, ANCHE QUESTE SONO MORTI ANNUNCIATE!Si può dire che le braccianti hanno visibilità solo quando muoiono. Nessuno parla di cosa significa alzarsi alle 2/3 di notte, farsi chilometri in pulmini a volte ammassate; nessuno parla di cosa vuol dire lavorare per 10, a volte anche 12 ore nei periodi di raccolta, e poi rifare chilometri e tornare a casa solo per mangiare, fare servizi e andare a letto per rialzarsi alle 3; nessuno parla della miseria che spesso ricevono al giorno le lavoratrici, anche se sul contratto può star scritto un'altra retribuzione; nessuno parla di un lavoro a volte fatto sotto pressioni, ricatti di molestie sessuali, del padrone o del caporale; nessuno parla di come si invecchia rapidamente in campagna, della salute messa a rischio per dover respirare, toccare prodotti tossici; nessuno parla di un lavoro che è super precario, che può durare giornate in un anno e che non è mai certo.Per questo, in autunno, vi è stata una forte e prolungata protesta, in provincia di Taranto di 35 donne braccianti a cui la loro azienda, la Geagri, non aveva rinnovato il contratto di lavoro a tempo determinato, sostituendole con lavoratori interinali reclutati da un'agenzia.Agguerrite, unite e compatte, le braccianti, hanno fatto presidi continui, per giorni e giorni, anche di notte, davanti al cancello dell'azienda, impedendo l'accesso ai mezzi di carico e scarico delle merci e ai nuovi lavoratori.
ANCHE CONTRO LE STRAGI DELLE BRACCIANTI, NON SERVONO LE LACRIME DI COCCODRILLO CHE DURANO IL TEMPO DI DUE GIORNI, MA SERVE L'UNITA' E LA LOTTA DELLE DONNE.PER QUESTO LE LAVORATRICI, LE DISOCCUPATE DELLO SLAI COBAS PER IL SINDACATO DI CLASSE DI TARANTO ORGANIZZANO UNO SPORTELLO CON IL NUMERO DI TELEFONO (3451616390 - CONCETTA).
Lavoratrici, Disoccupate Slai cobas per il sindacato di classe
Taranto 15.1.12

14 gennaio alla prefettura di Milano iniziativa di donne tunisine e italiane...Da una sponda all’altra: vite che contano”

*SABATO 14 GENNAIO ORE 10*

*PRESIDIO DAVANTI ALLA PREFETTURA DI MILANO (Corso Monforte)*

*“Immagini, tu?” chiede il testo di un appello delle famiglie dei migranti tunisini partiti subito dopo la rivoluzione verso l’Europa e che non hanno dato notizia del loro arrivo, “tuo fratello o tuo figlio parte e non dà più notizie di sé dopo la sua partenza. Non è arrivato? Non lo sai (…) potrebbe essere in una cella di isolamento, potrebbe essere stato arrestato come passeur, potrebbe essersi rivoltato nel centro di detenzione, potrebbe…. Potrebbe essere in Italia, ma forse a Malta, forse in Libia”. *

Noi siamo un gruppo di donne italiane e tunisine che sabato 14 gennaio, anniversario della rivoluzione tunisina, ha deciso di organizzare un presidio davanti alla Prefettura di Milano (corso Monforte, ore 10) per sostenere l’appello dei familiari tunisini e ribadire che la parola libertà
senza libertà di movimento è una parola vuota. In quell’occasione consegneremo al Prefetto di Milano e al Console tunisino una lettera indirizzata ai Ministri degli esteri e degli interni italiani e tunisini in cui si chiede di rispondere alla domanda che i familiari di quei giovani dispersi rivolgono da troppo tempo alle istituzioni del loro paese e alle istituzioni italiane: uno scambio delle impronte digitali conservate nei database dei due paesi. Un incrocio dei dati, su richiesta dei genitori, per ritrasformare le impronte di quei giovani in vite, o, eventualmente, in morti, di cui fare il lutto e da aggiungere all’infinito elenco delle morti di migranti nel Mediterraneo che, volute dalle politiche di controllo delle migrazioni, hanno trasformato quel mare in un cimitero marino. Basterebbe questo semplice gesto, infatti, per rispettare il dolore dei familiari tunisini, dovendo riconoscere, almeno indirettamente e in parte, le vite di quei giovani e il loro desiderio di libertà.

*A tutte/i, e a tutte/i coloro che hanno sostenuto la campagna “Da una sponda all’altra: vite che contano” in appoggio all’appello dei familiari, chiediamo di partecipare all’iniziativa. *

Le 2511, Associazione Pontes

09/01/12

il diritto di libertà di scelta delle donne non si tocca!

cresce l'allarme per la salvaguardia del diritto di scelta delle donne in questo paese per l'aumento dei medici obiettori e in vista dei pensionamenti dei non obiettori. Una denuncia non nuova.

Ma se inserita nel quadro dell'offensiva del movimento per la vita che, a macchia di leopardo, ha
"conquistato" presenza nei consultori, negli ospedali dove si pratica l' IVG, leggi e provvedimenti-molto spesso lugubri e mortificanti- volti a colpevolizzare le donne che intendono o che hanno abortito(cimiteri per feti abortiti, neoruote degli esposti, "assistenza" a donne che si recano a richiedere l' IVG...) si capisce come sia un attacco ideologico e pratico in primis alla salute stessa delle donne, come dimostra l'aumento del ricorso agli aborti clandestini e con mezzi pericolosi, ma, sopratutto un attacco e un risospingere le donne in un moderno medioevo, come ben chiariscono le parole del sempreterno Carlo Casini del movimento per la vita, nell'articolo
dell'espresso di seguito riportato, per cui le donne valgono meno di un embrione. Come conferma anche la notizia riportata oggi(vedi di seguito) dell'inaugurazione di un nuovo cimitero "per i feti vittime di interruzione di gravidanza-come recita il titolo che richiama alla memoria la campagna
che fece Ferrara contro quello che definì l'olocausto dell'aborto e per una messa in moratoria di esso e di criminalizzazione delle donne.

E' ora di battersi per l'abrogazione dell'obiezione di coscienza per la 194 e di tutti gli attacchi che quotidianamente tendono a criminalizzare le donne!!

mfpr
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dentro al Laurentino
A Roma il cimitero per i bambini mai nati
È il camposanto per i feti vittime di interruzione di gravidanza
dentro al Laurentino

A Roma il cimitero per i bambini mai nati

È il camposanto per i feti vittime di interruzione di gravidanza


(Benvegnù-Guaitoli)
È stato inaugurato oggi a Roma un cimitero per i bambini mai nati.
All'interno del camposanto del Laurentino è nato il «Giardino degli angeli», un'area di 600 metri quadri dedicata alla sepoltura di chi non è mai venuto alla luce a causa di un'interruzione di gravidanza.

RIFIUTI - Il vicesindaco della Capitale, Sveva Belviso, ha piantato nel giardino una pianta di camelie, accanto a due statue di angeli. «Questo progetto - ha spiegato Belviso - risponde alle richieste di chi vuole assicurare al proprio bambino non nato un luogo di sepoltura». In mancanza
di richieste esplicite, infatti, il feto viene smaltito come un normale «rifiuto ospedaliero».

L. 194 - Le lapidi, tutte bianche, potranno anche essere anonime. «L'iniziativa - ha spiegato il vicesindaco - non vuole intaccare assolutamente i principi sanciti dalla legge 194 sull'aborto, ma vuole dare una risposta alle richieste di coloro che intendono seppellire il loro figlio mai nato». Il Cimitero degli Angeli sorge proprio di fronte all'area del cimitero dei bambini.

Redazione Online4 gennaio 2012 | 15:05


ABORTO, IN OSPEDALE NON SI PUO'

di Natascia Gargano (FpS Media), L'espresso
27 dicembre 2011

«Ormai i medici che scelgono l'obiezione sono il 90 per cento», denuncia la Lega dei ginecologi. Spesso per motivi che con la coscienza non c'entrano niente. Il risultato? «Liste d'attesa infinite, donne che vanno all'estero, altre che si rivolgono di nuovo alle mammane». Che cosa succederebbe se tutti dicessero "no"? Mettiamo che l'intera categoria dei ginecologi facesse obiezione di coscienza: sarebbe ancora possibile per le donne interrompere la gravidanza in Italia? Non siamo così lontani da questo scenario.

Nel nostro Paese, secondo il ministero della Salute, sono obiettori all'aborto sette medici su dieci: dato già abbastanza curioso in un Paese dove solo il 36,8 dei cittadini si dichiara "cattolico praticante" (Eurispes 2006).

«Ma in realtà i numeri veri sono ancora più alti, e di molto: quei dati infatti considerano anche le cliniche convenzionate che ora non sono più autorizzate a eseguire le interruzioni di gravidanza», spiega Silvana Agatone, presidente della Laiga, l'associazione che riunisce i ginecologi in difesa della 194, la legge a tutela sociale della maternità e per l'interruzione volontaria di gravidanza.

«Gli obiettori potrebbe essere verosimilmente il 90 per cento del totale». Pochi, pochissimi medici in ogni caso. E se per le interruzioni di gravidanza entro il terzo mese gli ospedali possono ricorrere a personale esterno chiamato a "gettone", per le altre servono medici "strutturati",
ossia in organico. Sono proprio questi gli interventi che rischiano di diventare sempre più difficili. «Persino nelle grandi città ci sono strutture che hanno solo uno o due ginecologi non obiettori», continua Agatone. A Roma, ad esempio, nei 7 ospedali che eseguono aborti terapeutici,
gli "abortisti" sono in media 2. Al Secondo Policlinico di Napoli, appena 3 su 60. «Cosa accadrà quando questi andranno in pensione?».

Quello che succederà è tutto da vedere. Fatto sta che già adesso ci sono interi ospedali del Sud privi di reparti di interruzione di gravidanza, perché la totalità di ginecologi, anestesisti e paramedici ha scelto l'obiezione di coscienza. In alcune zone della penisola la percentuale di
obiettori tocca l'80 per cento, come in Molise, Campania, Sicilia, Bolzano.
In Basilicata si raggiunge addirittura l'85,2 per cento. Una corsa all'obiezione che solo negli ultimi anni sembra essersi stabilizzata dopo un'impennata a dir poco vertiginosa: si è passati dal 58,7 per cento del 2005 al 70,7 per cento del 2009; per gli anestesisti dal 45,7 per cento al
51,7 per cento e per il personale non medico dal 38,6 per cento al 44,4 per cento.

«C'è una parte consistente di medici che obietta per motivi che con la coscienza non hanno nulla a che fare», denuncia da tempo Carlo Flamigni, ginecologo e membro del Comitato nazionale di Bioetica. Non è facile trovarsi da soli a dire "sì" in un reparto di obiettori, malvisti quando non
vessati dai colleghi. La parte del Don Chisciotte non si addice a tutti, soprattutto quando i mulini a vento sono il tuo primario o il direttore dell'ospedale. E poi, semplicemente, non si fa carriera, tutto il giorno in trincea a fare aborti. Specie se i vertici dell'ospedale sono di nomina politica e di area cattolica (o addirittura ciellina). E così qualcuno, per non finire al confino, sceglie il "no". Gli altri 1.655, intanto, solo nel 2009 si sono sobbarcati 118.579 interruzioni di gravidanza. A farne le spese ovviamente sono le donne, che si ritrovano meno medici a disposizione, liste di attesa più lunghe e interventi non di rado fissati allo scadere del 90° giorno.

Che non fili tutto liscio, lo accenna lo stesso ministero nella sua ultima relazione al Parlamento: «Percentuali elevate di tempi di attesa oltre le due settimane vanno valutate con attenzione a livello regionale in quanto possono segnalare presenza di difficoltà nell'applicazione della legge».
Ebbene, ad aspettare oltre due settimane è il 40 per cento delle donne. E, in alcuni casi, l'attesa dura anche un mese e più. «Come conseguenza le donne spaventate hanno ricominciato a prendere l'aereo per rivolgersi a strutture estere, mentre qualche obiettore in ospedale ha tirato fuori dai cassetti del suo studio privato gli strumenti per abortire», continua Flamigni. «Per non parlare dell'uso dei farmaci non legali, del fiorire delle pillole abortive sul mercato nero e degli aborti fai da te delle immigrate straniere».

Insomma, torna l'incubo delle mammane, quel fantasma combattuto ma mai del tutto sconfitto dalla legge 194. Le ultime stime disponibili, parziali e riferite solo alle italiane, risalgono al 2005: 15 mila aborti clandestini, la maggior nell'Italia meridionale. Da allora non se ne sa più nulla. Sul
fatto che l'obiezione di coscienza così allargata stia, nei fatti, svuotando di contenuti la 194, non sono però tutti d'accordo: «Non credo proprio che l'aborto sia ostacolato dalla presenza di obiettori. E poi non esiste alcun diritto di aborto, esiste invece un diritto alla vita e un diritto
all'obiezione di coscienza. Le tre cose stanno su un piano diverso: prima viene il diritto alla vita, poi all'obiezione, quindi, in ultimo, la possibilità per la donna di abortire», ribatte Carlo Casini, presidente del Movimento per la Vita e deputato europeo.

"da una sponda all'altra: vite che contano"

Riceviamo e rigiriamo dalle compagne "le venticinqueundici"

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Carissime e carissimi,

Come collettivo femminista abbiamo aderito alla campagna “Da una sponda all'altra: vite che contano. Dove sono i nostri figli?”,che supporta l'appello dei familiari dei migranti tunisini dispersi, perchè vogliamo “esserci”, non distanziarci da quel dolore che costituisce, secondo noi, un fatto del tutto politico e di una politica altra, non immaginata ma praticata.

Il desiderio dei familiari dei migranti tunisini dispersi per la vita dei loro figli è talmente radicale da superare confini e barriere e giungere sino a noi che non possiamo restarne indifferenti perchè con sé porta il desiderio di libertà che quegli uomini e donne hanno agito nell’attraversamento dello spazio.

L’azione di migrare diventa una lotta per la circolazione e il diritto di mobilità e questo la colloca necessariamente all’interno di un più ampio percorso/discorso di liberazione e trasformazione sociale, che come femministe ci riguarda pienamente.

Queste le prossime iniziativa a cui vi invitiamo:

Martedì 10 gennaio 20012, alle ore 20.30, al Teatro della Cooperativa di Milano dove ci sarà un collegamento con Tunisi per aggiornamenti sulla campagna, si proietterà il documentario “I nostri anni migliori” di Matteo Calore e Stefano Collizzolli – ZaLab. (http://inostriannimigliori.wordpress.com) (ingresso a libera sottoscrizione) e seguiranno interventi di donne italiane e tunisine ( vi preghiamo di intervenire puntuali per poter seguire il collegamento con Tunisi).


Sabato 14 gennaio, anniversario della Rivoluzione Tunisina, presidio davanti al Consolato tunisino (appuntamento ore 10 davanti in viale Bianca Maria 8), che poi si sposterà davanti la Prefettura (in Corso Monforte 31, Milano).


Tutti gli aggiornamenti li potete trovare sul nostro blog https://leventicinqueundici.noblogs.org/


Le venticinqueundici

La porta scoppia… 22 resiste! Solidarietà al collettivo Via dei Volsci 22

La porta scoppia… 22resiste! venerdì 13 gennaio in via dei volsci 22 dalle 20


La porta scoppia… 22resiste!


Nella settimana dal 24 dicembre al 3 gennaio 2012, 5 attacchi esplosivi hanno colpito la sede di femministe e lesbiche di via dei Volsci 22.
Attacchi che hanno danneggiato in maniera grave la porta e l’interno della sede. Sono otto anni che questo genere di attacchi si ripetono durante le feste di fine anno, sempre più alla luce del sole e con modalità sempre più gravi.
Attacchi intimidatori di matrice patriarcale, lesbofobica e fascista, che colpiscono un luogo che ha raccolto negli anni le molteplici esperienze politiche di donne e lesbiche, che ha ospitato autorganizzazione e saperi. E’ da molto tempo ormai che alle “goliardate” si è sostituito un tentativo di espulsione dalla via, in una fase in cui la speculazione immobiliare e l’esproprio
di luoghi collettivi mette in ulteriore difficoltà la nostra presenza sulla strada.
Ma le condizioni di difficoltà che attraversa questo territorio sono oramai note a tutte e tutti.
Di fronte a un contesto così difficile siamo riuscite come femministe e lesbiche, a dare vita nella città a esperienze che hanno avuto momenti alti di visibilità e sono state un momento forte di crescita collettiva.
Prendiamo forza dai nostri percorsi e diamo valore a quello che abbiamo costruito!
Noi tutte sappiamo per nostra esperienza e per quella delle altre che sono molte le circostanze per le quali i movimenti e i percorsi collettivi attraversano momenti di forza e anche fasi di frammentazione e difficoltà, per questo è importante che i luoghi liberati da alcune restino liberati per le altre, in modo da accogliere sempre “il possibile” delle esperienze politiche di tutte le femministe e le lesbiche.
Invitiamo tutte a partecipare a una serata di autofinanziamento dei lavori necessari al 22 e di presenza collettiva nella sede e nella strada, per ribadire con i nostri corpi che alle intimidazioni e ai tentativi di espulsione rispondiamo con la resistenza e la lotta.

VI ASPETTIAMO!

http://22resiste.noblogs.org/

08/01/12

Assalto a prostitute e trans... fascisti carogne tornate nelle fogne

Ancona: assalto fascista a prostitute e trans - Paura, dieci contusi nello scontro

A Porto Sant'Elpidio (Fermo), da parte di quattro giovani anconetani al grido di "Viva il Duce!". Avevano una tanica di gasolio ed estintori. Denunciati dai carabinieri che li hanno fermati subito dopo l'attacco lungo la Statale 16

Al grido di 'Viva il Duce!', quattro giovani della provincia di Ancona hanno assalito armati di estintori e di una tanica di gasolio un gruppo di prostitute romene e trans italiani, che ieri notte si prostituivano lungo la Statale 16, a Porto Sant'Elpidio (Fermo).

Il raid ha lasciato sul campo una decina di contusi, e poco dopo, grazie alla descrizione fornita dalle vittime, i quattro autori dell'assalto sono stati identificati e denunciati dai Carabinieri. A bordo della loro vettura avevano anche una tanica piena di urina, probabilmente destinata ad un successivo 'lancio'. Si erano procurati gli estintori rubandoli da alcuni distributori di benzina della zona. Dovranno rispondere di questo furto, e di lesioni personali, getto pericoloso di cose e danneggiamento.

Non è escluso che la banda sia la stessa che un anno fa aveva dato vita ad un'analoga spedizione anti-prostitute.

(05 gennaio 2012)