31/03/11

DOPPIA VIOLENZA! IL GIUDICE CON I MAFIOSI STUPRATORI, CONTRO LA DONNA VIOLENTATA.

Ieri Il giudice di Napoli ha scarcerato il gruppo di stupratori tra cui un figlio di un boss dei Casalesi. La motivazione è altrettanto scandalosa: la donna non è stata ritenuta credibile perchè era "comprensibilmente emozionata", perchè durante la testimonianza piangeva era sconvolta e non riferiva tutto con esattezza.Riportiamo dal Il Mattino:"Durante la testimonianza piangeva. Spesso ogni volta che raccontava un dettaglio della violenza... Ma le lacrime di Annamaria non lo hanno commosso. Soprattutto non sono riuscite a tenere in carcere gli uomini che ha riconosciuto come i suoi stupratori. Giuseppe Borrata, Mario Grimaldi, Fabio Marotta e Carmine Timpanella, arrestati sabato con l'accusa di violenza sessuale di gruppo e sequestro di persona, reati aggravati dal metodo mafioso, sono stati liberati ieri (29/3) dal gip di Napoli Vincenzo Alabiso... Il giudice ha ritenuto non provati i gravi indizi di colpevolezza e insussistente il pericolo di fuga (e stiamo parlando di ambienti mafiosi... - ndr), convincimento che si è formato non nel corso dell'interrogatorio della ragazza rumena, al quale non ha partecipato, ma attraverso la lettura degli atti nei quali ha rilevato incongruenze e contraddizioni... (eppure) nelle 11 pagine si racconta una storia drammatica con episodi di violenza inauditi che hanno provocato alla ragazza lesioni gravissime e permanenti a causa di infezioni contratte in seguito allo stupro di gruppo. Costretta a rapporti sessuali da Francesco Borrata... Annamaria era stata sequestrata e messa a disposizione della comitiva dello stesso Borrata, sia a Torino, sia a Torino, dove era andata a cercare lavoro, sia a Mondragone... In tutte le occasioni il Borrata l'avrebbe minacciata con la pistola ricordandole chi erano i suoi amici. Le aveva anche detto di aver ammazzato diverse persone, soprattutto stranieri, "mettendoli nel forno delle pizze"... la madre (di Annamaria) aveva denunciato la sparizione della figlia ai carabinieri. Il 6 febbraio del 2009, undici giorni dopo il festino con stupro di gruppo, era stata rintracciata in un albergo a Metaponto visibilmente provata e spaventata...".


E SONO QUESTI LURIDI STUPRATORI MAFIOSI CHE VENGONO LASCIATI LIBERI!MA ALTRETTANTO GRAVI E INCREDIBILI SONO LE "INCONGRUENZE" USATE DAL GIUDICE PER SCARCERARLI:"... quando Annamaria racconta di essere rimasta a Torino, per circa due settimane, il magistrato rileva che vi è rimasta solo 10 giorni (!)... Lì dove la madre dice che la figlia le aveva detto di essere sotto la minaccia della pistola, la giovane donna ha dichiarato di averle detto "sebbene costretta, di non preoccuparsi" (!) -ancora - "... Annamaria aveva individuato fotograficamente i responsabili, attribuendo in maniera errata i rapporti di parentela e di colleganza... successivamente rettificati... Nessun riferimento invece all'individuazione personale avvenuta nel febbraio scorso, nel corso del quale la ragazza ha indicato senza ombra di dubbio i quattro... riconosciuti anche sulla scorta di dettagli fisici (tatuaggi, per esempio) non visibili".


DOPO L'ASSOLUZIONE DELL'ISP. DI POLIZIA ADESSO PER LA VIOLENZA CONTRO JOY, ORA ANCORA GIUDICI DALLA PARTE DEGLI STUPRATORI, DEI POLIZIOTTI, DEI MAFIOSI.


Denunciamo dovunque chi difende questo Stato!


Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario

da lampedusa a manduria: la rivolta delle immigrate "Noi no nella tendopoli"

sotto stralci di un articolo della gazzetta del mezzogiorno del 30 marzo 2011 dove le immigrate denunciano episodi di violenza nel centro di Lampedusa e protestano contro la loro "sistemazione" nella tendopoli di Manduria.


Rivolta delle immigrate "Noi no nella tendopoli"
Le prime 12 donne del nuovo gruppo di 827 tunisini trasferito ieri in Puglia

Manduria - "Lì non ci mettiamo piede". La rivolta delle tunisine è cominciata appena il pullman si è fermato all'ingresso del campo, attorno alle 12,30 "Insieme agli altri non ci vogliamo stare, a Lampedusa abbiamo subito violenze, per favore sistemateci insieme ai nostri mariti" hanno rivelato ad Amel, la mediatrice culturale, anche lei tunisina che lavora con il consorzio "Connecting People"

Sul pullman dodici ragazze: nove sposate, più i rispettivi mariti, tre nubili. "Mio figlio deve nascere in Europa, anche l'Itali va bene, in Tunisia non c'è futuro, non torneremo mai indietro" ha poi detto una di loro. Sono tre, forse, quattro le donne incinte. Una all'ottavo mese...

Era l'ultimo viaggio della carovana che ha portato a Manduria altri 827 immigrtai provenienti dall'inferno di Lampedusa... "Stiamo attrezzando una tenda bifamiliare" ha detto un poliziotto. Niente da fare, le tunisine, molto spaventate, non ci stanno...Ad Amel le ragazze hanno raccontato storie terribili, di miseria e di sopraffazioni...

_________

...Una piccola "vittoria" l'hanno ottenuta queste donne, 12, tra cui tre incinta,
arrivate a Taranto si sono rifiutate di scendere con i loro mariti dai bus
per non andare nel campo di Manduria dove vi sono solo uomini, 1200, e dopo
che a Lampedusa, come hanno denunciato, hanno subito violenze. A sera hanno
ottenuto di essere trasferite al "centro di accoglienza richiedenti asilo"
di Bari... (tratto da un articolo nel blog di proletari comunisti)


Atlantide sotto sgombero...

Come quellechenoncistanno dal 2007 abbiamo abitato, e vorremmo continuare, ad abitare atlantide, il lunedi per le riunioni e tantissini fine settimana e altri giorni ancora per le iniziative politiche e le feste...

Ad atlantide abbiamo costruito questo coordimento di femministe e lesbiche per lottare contro la violenza maschile, il femminicidio, presidiando i luoghi del territorio dove le violenze sono successe,invitando le donne a denunciare ogni forma di violenza subita, e organizzato presidi sotto il tribunale durante i processi, ad atlantide abbiamo organizzato insieme a tantissime compagne la manifestazione del 24 novembre del 2007 e i cortei notturni in città... abbiamo vissuto questo spazio con tutti i nostri sogni e il desiderio di cambiare il mondo! adesso la comissaria della nostra città ha deciso che siamo un problema di ordine pubblico... ma di quale ordine sta parlando? con quale arroganza? è evidente che per lei siamo un problema in quanto lesbiche, femministe, trans, gay,che esistiamo, che viviamo, che interveniamo nello spazio pubblico...che lottiamo!

non vogliamo farci togliere i nostri spazi.

layla quellechenoncistanno

Care tutte,
vi inoltriamo il comunicato stampa che stiamo facendo girare oggi per farvi sapere che la commissaria uscente vuole buttarci fuori dallo spazio (Atlantide, presso il cassero di p.ta Santo Stefano) che dal 1997 è autogestito da tre collettivi e che da allora è attraversato da soggettività femministe lesbiche gay trans ed eterodissidenti che fanno sul territorio e non solo lavoro politico e culturale antisessista, antifascista, antirazzista, contro la violenza maschile, omofobia e transfobia
domani facciamo urgente assemblea cittadina qui a Bologna, chi è in zona venga, cmq vi terremo aggiornat*!!!
baci da
Laboratorio Smaschieramenti/Antagonismogay
Clitoristrix - femministe e lesbiche
Nulla Osta


Comunicato stampa associazioni Atlantide @ Cassero di Porta Santo Stefano:

Le convenzioni, per fortuna, cambiano. I percorsi politici restano.

Le associazioni Eccentrica, Donne di mondo e Lo Spazio, che dal 1997 animano il Cassero di Porta Santo Stefano (“Atlantide”), dal 2008 in convenzione con il Quartiere, apprendono senza troppo stupore che la Commissaria Cancellieri, pochi giorni dopo avere intimato la restituzione dello spazio entro venti giorni, ha già approvato le linee guida per la sua riassegnazione.

Esse ritengono quindi di precisare quanto segue:

_ In questi quasi 15 anni migliaia di persone hanno attraversato Atlantide, punto di riferimento di reti locali, nazionali e globali che lavorano per l’autodeterminazione di sesso, genere, sessualità, e contro la violenza maschile sulle donne e su gay, lesbiche, e trans e soggetti eccentrici.

_ I percorsi politici e culturali che hanno portato alla convenzione stipulata con il Quartiere nel 2008 sono presenti nello spazio dal 1997. Questa convenzione non è frutto di uno scambio politico ma di una dialettica tra movimento e istituzioni locali. L’abbattimento del canone è prassi normale, dovuta al valore sociale delle attività svolte. Dall'inizio della convenzione le associazioni pagano un canone annuo di 5.400 euro per un immobile privo di riscaldamento, mai restaurato all'interno, e in cui le uniche migliorie sono state apportate dai collettivi a proprie spese.

_ Atlantide non ha mai rappresentato un problema di disturbo e di pubblica sicurezza, a meno che qualcuno non consideri tale la libera espressione di donne, lesbiche, gay, trans e soggetti eccentrici. Queste sono infatti le soggettività che animano Atlantide e ci chiediamo cosa intenda la Commissaria quando parla di “nuovi pubblici”.

_ Dal 1997 non ci sono mai state contestate multe o verbali di infrazione, e riteniamo che il susseguirsi di alcuni controlli della Polizia Municipale negli ultimi mesi non sia affatto casuale, ma frutto di una precisa volontà politica di “dossieraggio” del tutto esorbitante dal ruolo di una giunta commissariale.

_ Apprendiamo dai giornali che la Cancellieri ha intenzione di incontrarci, troviamo tuttavia ipocrita che ci inviti a partecipare ad un bando che di fatto ci esclude, prevedendo ambiti di attività “stranamente” lontani da quelli che da sempre caratterizzano Atlantide.

Un commissariamento ormai in scadenza, non può, con un atteggiamento burocratico e autoritario, tentare di cancellare soggettività fortemente radicate nel contesto cittadino, intrecciate con i percorsi femministi, lesbici, gay, trans, queer, antifascisti, antirazzisti, con gli spazi sociali e con l’associazionismo a livello locale e nazionale.

La città è già abbastanza mortificata da un commissariamento che ha devastato i servizi sociali e culturali e forse, anziché promettere la “restituzione” di uno spazio che è già bene comune della città, l’unico regalo che Cancellieri potrebbe fare come ultimo atto, sarebbe andarsene in punta di piedi per riconsegnare la città alla politica: a chi la vive, la arricchisce, la trasforma con il proprio impegno quotidiano.

Invitiamo pertanto la cittadinanza, il movimento, gli spazi sociali, l’associazionismo a partecipare all’assemblea cittadina in sostegno di Atlantide che si terrà venerdì 1 aprile 2011 presso Le Scuderie di p.za Verdi alle ore 18.30.

per info:
infosmaschieramenti@inventati.org

Giù le mani da Atlantide, giù le mani dalle sedi delle femministe e lesbiche.
L'"ordine" di cui parlano è l'ordine di un sistema intrinsecamente di oppressione, di violenza contro le donne, di affossamento dei diritti, un'"ordine di morte"; e di persecuzione verso chiunque si ribella, lotta e rompe questo "ordine". A maggior ragione se lo fanno le donne. Per questo cercano miseramente di mettere a tacere un centro di femministe e lesbiche, come questo di Atlantite, come stanno tentando a Roma.

Tutta la nostra solidarietà. Vi siamo vicine e lotteremo con voi.

Le compagne del Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario.

donna stuprata, accusato un carabiniere

da la nuova sardegna

31 3 2011


È intervenuto insieme ai commilitoni per salvare una donna, il marito la picchiava. Il giorno dopo è tornato a trovarla e l’ha stuprata


CAGLIARI. E' intervenuto insieme ai commilitoni per salvare una donna, il marito la picchiava. Il giorno dopo è tornato a trovarla e l'avrebbe stuprata. Ora Carmelo Cicchella (28 anni) un carabiniere napoletano che prestava servizio al nucleo operativo di via Nuoro, è imputato di violenza sessuale e molestie telefoniche: il gup Cristina Ornano ha accolto la richiesta di rinvio a giudizio del pm Rossana Allieri e ha fissato l'apertura del processo per il 7 luglio davanti al tribunale collegiale.


Lui nega con forza: il rapporto c'è stato ma era volontario. Con la donna - ha sostenuto - si erano messi d'accordo il giorno prima. Mentre le telefonate, una sequenza ininterrotta di telefonate seguite all'incontro, dimostrerebbero per la difesa che tra Cicchella e la presunta vittima il rapporto era tutt'altro che teso.



E' una storia di due anni e mezzo fa: il 3 dicembre 2008 il 112 riceve una chiamata da una donna che chiede aiuto. Ha litigato col marito, che l'ha pestata a sangue. Parte una Gazzella dal reparto operativo, a bordo un equipaggio di militari tra cui Cicchella. Procedura di routine: raggiunta l'abitazione, la donna viene identificata e i carabinieri ascoltano il suo racconto. Finisce così: Cicchella è gentilissimo, offre alla donna il proprio numero di cellulare e la invita a chiamarlo per qualsiasi necessità, compresa l'eventuale denuncia formale dell'aggressione.



Fin qui le versioni sono speculari. Il processo dovrà accertare quanto accaduto il giorno dopo, quando Cicchella ritorna dalla donna. Mentre è un capitolo a parte quello legato alla sequenza di telefonate che intercorre fra i due nei quaranta giorni successivi al fatto: stando alle accuse il militare chiamava giorno e notte, i tabulati acquisiti agli atti del procedimento penale confermano le conversazioni e un'infinità di sms. Di certo la donna decide di sporgere una denuncia soltanto il 19 gennaio, quando si presenta in caserma e nomina un legale, l'avvocato Renata Serci.


Ma il punto centrale del processo è questo: se è certo che fra i due c'è stato un rapporto sessuale va stabilito se il carabiniere abbia usato la forza o no: nel corso dell'inchiesta lui ha sostenuto di aver usato un preservativo, il che dimostrerebbe che la donna non faceva resistenza. Ma le analisi del Ris hanno dato un esito neutro. Gli specialisti dell'Arma hanno esaminato anche un lenzuolo fornito dalla presunta vittima per riscontrare eventuali tracce di dna, da comparare con quelle dell'indagato.



Per l'accusa non sono emersi elementi sufficienti a scagionare Cicchella, mentre la denuncia della donna e la coerenza del suo racconto rappresentano elementi forti per la Procura, così come alcune certificazioni mediche: lei l'ha fatto entrare perchè aveva fiducia in un carabiniere in divisa, che tra l'altro le chiedeva informazioni sul suo stato di salute. Se l'ha denunciato dopo tre settimane è soltanto perchè aveva paura di finire in un processo penale, dove qualche volta la vittima di una violenza sessuale deve subire pesanti umiliazioni.



Cicchella è stato trasferito già alle prime ore dell'inchiesta. Ma il suo avvocato, Adriana Cordella del foro di Napoli, che ha scelto il giudizio ordinario, intende dimostrare la sua innocenza.

29/03/11

NO all' intervento in Libia

Domani alle 18 in piazza nettuno a Bologna presidio contro l' intervento in Libia.

L’ITALIA E’ UN PAESE IN GUERRA PERMANENTE

…e non da oggi, infatti siamo da 10 anni in Afghanistan E ORA IN LIBIA.

Contro l’articolo 11 della Costituzione che ripudia la guerra, e in cui si specifica che viene ripudiata non solo la guerra di aggressione (offesa alla libertà degli altri popoli), ma anche la guerra usata per risolvere le controversie internazionali: anche se avessimo ragione in una controversia la nostra legge fondamentale ci vieta di far valere la ragione con le armi e invece ci suggerisce di avviare e attuare tutti gli strumenti di confronto diplomatico e giuridico.

Dunque anche la controversia che ha al suo centro la Libia è tra gli eventi che non si possono affrontare con le armi.
Inoltre partecipiamo a una missione che va contro il dettato della Carta dell’ONU che vieta l’intervento negli affari interni di un paese.

Non siamo indifferenti alle sorti della popolazione libica come non eravamo indifferenti alle sorti dei migranti confinati nei lager di Gheddafi, in forza del Trattato con Tripoli sui respingimenti, votato a suo tempo anche dall’opposizione, e ieri riconfermato dal parlamento, ma siamo consapevoli che gli interventi militari sono fallimentari per l’esperienza del Kosovo (ora grande base militare USA), della Somalia, dell’Iraq, e soprattutto dell’Afghanistan dove nessuno degli obiettivi dichiarati è stato raggiunto soprattutto sul piano umanitario.

Consideriamo l’interventismo umanitario un inganno assoluto, non solo perché per definizione siamo contro ogni guerra ma perché le esperienze passate e presenti lo dimostrano.
Si lasciano, al contempo in condizioni inumane i migranti approdati a Lampedusa abbandonati, insieme alla popolazione locale, dalle autorità che dovrebbero occuparsene con una politica dell’accoglienza, nel rispetto di quei diritti umani che sanno “difendere” solo con le armi.

Questi interventi militari si inquadrano in una politica globale che si fonda sull’economia di guerra che mette al centro la vendita e l’uso delle armi. Come si giustifica infatti che la Libia, a fronte di un territorio abitato da circa 7 milioni di abitanti, si riarma, solo nel 2008 per 1 miliardo e 100 milioni di dollari, con l’export bellico ufficiale italiano verso Tripoli che dai 14,97 milioni di euro del 2006 passa ai 111,80 milioni di euro del 2009, con una fornitura illegale di armi leggere da parte dell’industria bellica italiana per 79 milioni di euro?
Mentre il riarmo italiano previsto ammonterà complessivamente a 1 miliardo, senza contare le spese militari per le missioni di guerra in cui siamo coinvolti (65 milioni di € al mese solo per l’intervento in Afghanistan)

A fronte dei tagli feroci a scuola, cultura, ricerca, sanità, Enti Locali, ambiente, in Italia vediamo il settore degli armamenti e delle spese militari non subire mai alcuna riduzione, al contrario di quanto avviene in altri paesi europei.

NO ALLA GUERRA NO AI BOMBARDAMENTI,
SOLUZIONE NEGOZIATA E NON ARMATA DELLA CRISI LIBICA
SOSTEGNO ALLE LOTTE DEI POPOLI DEL MEDITERRANEO E DEI PAESI ARABI PER LIBERTA’, DIGNITA’ E GIUSTIZIA.
NO A RESPINGIMENTI E PATTUGLIAMENTI DEL MARE
SI’ ALL’ACCOGLIEZA, SIAMO TUTTE E TUTTI CITTADINE E CITTADINI DEL MONDO
RITIRO DI TUTTE LE TRUPPE DALL’AFGHANISTAN

Donne in Nero e non solo Marzo 2011

28/03/11

La violenza contro le detenute: nelle caserme, nelle carceri e nei Cie

Riportiamo un'interessante riflessione di una compagna sulla violenza sessuale contro le donne detenute.

Dal sito Zeroviolenzadonne

LA VIOLENZA CONTRO LE DETENUTE: NELLE CASERME, NELLE CARCERI E NEI CIE

di Sonia Sabelli

Abbiamo sempre detto che «per ogni donna stuprata e offesa siamo tutte parte lesa». Ma cosa cambia se chi subisce una violenza sessuale è una donna o una transessuale? Se è bianca o nera? Migrante o cittadina? Imprenditrice, operaia o disoccupata? Lbera o detenuta? “Santa” o “puttana”? Vorrei suggerire qui alcuni spunti di riflessione sulla necessità di utilizzare le categorie di genere, razza e classe, per reagire alla violenza sessuale oggi in Italia.
Nelle aule dei tribunali, le donne che denunciano uno stupro sono spesso trattate come imputate e i difensori degli stupratori si affannano a demolire la loro credibilità, facendo leva sulla loro presunta immoralità e disponibilità. Niente di più facile se la vittima eccede la norma morale ed eterosessuale, se attraversa i confini dell’identità nazionale o infrange la linea del colore. Meglio ancora – per distruggere la sua credibilità – se lei è una detenuta, una lavoratrice del sesso o una “clandestina”, e se lo stupratore è anche il suo carceriere. Infatti, sia che si trovi in carcere per aver commesso un reato, sia che si trovi in un Cie perché non ha i documenti in regola, lei è considerata “illegale” e rappresenta una “minaccia” per la sicurezza pubblica che lui, invece, dovrebbe tutelare.

La donna che ha denunciato di essere stata violentata dai carabinieri che l’avevano in custodia, in una caserma a Roma, è stata subito dipinta dalla stampa come una ragazza madre, senza casa e lavoro: una ragazza giovane e bella ma «dalla vita complicata». Mentre il comando generale dei carabinieri si affrettava a sottolineare che i militari coinvolti possono vantare un «foglio disciplinare immacolato», loro si difendevano sostenendo che lei era «consenziente». Come se una persona privata della propria libertà potesse essere libera di scegliere.

Inoltre, il sindaco di Roma ha assicurato che le «eventuali mele marce» saranno immediatamente isolate; ma c’è chi si domanda se marce siano solo alcune mele, oppure tutta la piantagione. A partire da questo interrogativo, alcune femministe hanno compilato una lista dei più recenti episodi di violenze sessuali compiute dagli uomini delle forze dell’ordine, da distribuire l’8 marzo in diverse città. Nella maggior parte dei casi si tratta di violenze subite da donne e transessuali recluse nelle caserme, nelle carceri e nei Cie. Violenze che si consumano proprio a partire dalla relazione di potere che si instaura tra carcerate e carcerieri (così come nei secoli scorsi avveniva nelle colonie, tra colonizzate e colonizzatori, o nelle piantagioni, tra schiave e padroni).

In particolare, sembra che le molestie e i ricatti sessuali nei confronti delle recluse nei Cie siano all’ordine del giorno: ogni necessità legata alla loro sopravvivenza quotidiana (dal pacchetto di sigarette alla scheda telefonica) può essere soddisfatta in cambio di una prestazione sessuale fornita ai rappresentanti delle forze dell’ordine o agli operatori degli enti gestori.

Nel 2009 noinonsiamocomplici – uno slogan con cui è stato avviato un percorso di donne, femministe e lesbiche contro i Cie, come luoghi privilegiati della violenza contro le migranti – ha diffuso un Dossier sulle violenze fuori e dentro i Cie contro le donne migranti, che fa risalire al 1999 le prime testimonianze di molestie sessuali nei confronti delle detenute.

Emerge così una realtà in cui i carcerieri sono liberi di disporre dei corpi delle recluse, coperti dalla connivenza istituzionale, perché quello che avviene all’interno delle “gabbie” rimane confinato in questi luoghi remoti e invisibili, veri e propri campi di internamento in cui vige un perenne stato di eccezione. E se qualcuna reagisce, difficilmente trova ascolto e sostegno.
L’esperienza di Joy – la donna nigeriana che ha denunciato un ispettore di polizia per la violenza subita mentre era detenuta nel Cie di via Corelli a Milano – dimostra che, in un’aula di tribunale, la parola di una “straniera” conta decisamente meno di quella di un uomo in divisa. Infatti, durante il processo, non solo il suo racconto non è stato ritenuto “attendibile”, ma per di più Joy è stata ripagata con una denuncia per calunnia.

Le motivazioni dell’assoluzione dell’ispettore Vittorio Addesso sono una summa dei peggiori stereotipi razzisti, al servizio di una strategia che mira a demolire la credibilità di Joy. Come si legge nel documento, in un processo per stupro le dichiarazioni della vittima «possono costituire da sole prova sufficiente per l’affermazione della responsabilità penale» dello stupratore, ma ciò può avvenire «solo dopo avere doverosamente e rigorosamente vagliato l’attendibilità della persona offesa».

Ecco che allora – nella peggiore tradizione dei processi per stupro, in cui la vittima si trasforma in imputata – si sottolineano (anche graficamente) le «numerose incongruenze» delle dichiarazioni di Joy; la si dipinge come colei che capeggia la protesta delle recluse nigeriane, che nel Cie si distinguono per «comportamenti particolarmente violenti e scomposti»; e si fa notare che nessun’altra detenuta, né nigeriana, né di «razza bianca» (sì, sembra incredibile ma c’è scritto proprio così) ha testimoniato a suo favore. Dimenticando che le altre ragazze presenti sono state «deportate in Nigeria prima di poter parlare».

Inoltre Hellen, l’unica teste a suo favore, che però si esprimerebbe «in modo un po’ disordinato», non sarebbe attendibile perché condivide con Joy la nazionalità, la condizione di “irregolarità” e l’accusa di aver partecipato alla rivolta contro la legge che ha prolungato la detenzione nei Cie fino a sei mesi. Così, dimostrata l’«inattendibilità delle dichiarazioni delle due donne», e dimostrato che il loro racconto è illogico e inverosimile semplicemente perché descrive una situazione «assurda» (!), il giudice conclude con certezza che il fatto non sussiste.

Sono invece considerate attendibili le dichiarazioni dell’ispettore Addesso, che respinge «con fermezza» le accuse, suggerendo che la denuncia è uno strumento per ottenere un permesso di soggiorno e sfuggire così all’espulsione, e quelle di Mauro Tavelli, l’altro ispettore in servizio a via Corelli, poi condannato a sette anni e due mesi di reclusione per aver violentato una transessuale brasiliana reclusa nello stesso Cie. Ma di questo non si fa cenno nel testo, così come non si accenna nemmeno al fatto che Joy, come tante altre ragazze nigeriane rinchiuse nei Cie, è una vittima di tratta e in quanto tale ha diritto a un permesso di soggiorno.

Non è un caso che, a parte poche eccezioni, la stampa non abbia dedicato alcuna attenzione a questa vicenda: la reazione dei media e dell’opinione pubblica italiana di fronte alla violenza sessuale è fortemente condizionata dall’etnicità degli stupratori e delle vittime; le prime pagine della cronaca sono riservate allo “stupratore immigrato” e una donna nera violentata da un uomo bianco non fa notizia.

Stupisce invece che – nonostante alcuni collettivi di femministe e lesbiche abbiano avviato un percorso di lotta con Joy, che è riuscito a bloccare i numerosi tentativi di chiuderle la bocca rispedendola in Nigeria – le donne non si siano mobilitate in massa al suo fianco. Se la grande manifestazione femminista del novembre 2007, all’indomani dell’omicidio di Giovanna Reggiani, era stata capace di denunciare la strumentalizzazione della violenza sessuale a fini razzisti, oggi non siamo state in grado di fare altrettanto. E invece, davanti al rischio che Joy si trovi ancora in un’aula di tribunale a dover fronteggiare, stavolta nel ruolo di imputata, un procedimento per calunnia, è necessario continuare a mantenere alta l’attenzione, allargando la mobilitazione e moltiplicando le iniziative a suo favore.

Mentre le leggi che dovrebbero contrastare la violenza sessuale sembrano spesso orientate solo a proteggere i corpi delle donne bianche e di classe media dalla minaccia dello “straniero stupratore” (giustificando provvedimenti xenofobi e securitari), la lotta contro le violenze subite dalle migranti recluse nei Cie rimane confinata solo a una parte del movimento femminista e/o antirazzista. Invece dovrebbe essere una priorità per tutte noi. Una strategia efficace contro lo stupro non può prescindere, infatti, dal riconoscimento dell’intersezione di genere, razza, classe e dalla necessità di contrastare sia il sessismo che il razzismo, non solo sostenendo le donne migranti che subiscono la violenza sessuale, ma soprattutto lottando insieme per smascherare la manipolazione razzista e classista dello stupro.

Per maggiori informazioni: noinonsiamocomplici

28\03\2011

27/03/11

rappresaglia contro l'antifascismo militante a palermo

Palermo 23 marzo 2011: scontri alla presentazione libro Casapound alla Mondadori. La nostra compagna Donatella Anello viene denunciata per "istigazione alla violenza". Di seguito il video degli scontri e dell'intervento di Donatella e il comunicato dello slai cobas per il sindacato di classe di Palermo.



da proletari comunisti

Arrivano le prime denunce: per "istigazione alla violenza" alla delegata dello Slai cobas per il sindacato di classe, Donatella Anello (fatta dal deputato regionale Pdl, Caputo)


Mercoledì 23 ad alcuni manifestanti riconosciuti dalla digos non è stato neanche permesso di raggiungere la piazza!

CONTINUARE LA CAMPAGNA ANTIFASCISTA IN CITTA' CONTRO ISTITUZIONI E LORO SERVI!
ASSEMBLEA: SUL 23 MARZO A PALERMO E OLTRE

Slai Cobas per il sindacato di classe, Via G.del Duca 4 (accanto i cantieri culturali della zisa)
Ora: lunedì 28 marzo 2011 17.00.00


Sulla manifestazione del 23 marzo contro la Mondadori Multicenter

Campagna nostro esposto contro Casapound

Contro la criminalizzazione della nostra organizzazione sindacale tramite la denuncia per "istigazione alla violenza" fatta ad una delegata sindacale dal deputato regionale del Pdl Salvino Caputo
Contro il fascismo mai un passo indietro!
Fermare con tutti i mezzi lo stato di polizia e il moderno fascismo in costruzione!

Il 23 marzo abbiamo assistito ad una scena incredibile e indecorosa per un paese che si dice civile e democratico. Davanti alla sede della Mondadori c’era uno schieramento impressionate di poliziotti, carabinieri e guardia di finanza, comprensivo di elicottero, a difesa di un gruppo di fascisti dichiarati con caschi in mano, appartenenti a Casapound, che con la scusa della presentazione di un libro vogliono propagandare le idee del passato regime fascista di cui rivendicano gli ideali; per rendersene conto basta rileggere e riascoltare le dichiarazioni di questi fascisti rilasciate anche alla Rai Regione.
È grave anche, come apprendiamo dai giornali di oggi, che ad ulteriore difesa di questi fascisti c’erano anche assessori, consiglieri e deputati che sulla Costituzione hanno giurato per potere accedere alla carica politica; questi consiglieri si devono immediatamente dimettere.
La giusta rabbia dei lavoratori e dei giovani presenti è scoppiata davanti a questa chiarissima violazione della Costituzione italiana, in cui chi dovrebbe difendere l’attuale legalità difende invece palesemente l’illegalità e attacca pesantemente i manifestanti, cercando di cacciarli via anche con le camionette; non è questa forse la trasformazione di un paese che si dice democratico in uno stato di polizia? Se questo paese ha cambiato natura allora è giusto dirlo apertamente perché è bene che i lavoratori, i giovani e tutti lo sappiano, affinché prendano legittimamente tutte le misure adeguate per dare la giusta risposta a questo cambiamento.
È grave quindi che la “sensibilità democratica” dichiarata dalle autorità in ogni occasione, in questo caso sia svanita nel nulla, perfino davanti ad un esposto alla Magistratura: il Prefetto e il Questore non solo hanno ignorato l’esposto che chiariva, citando Costituzione e Legge, quale era la posta in gioco, ma hanno dato fattiva copertura alla manifestazione fascista con un esagerato schieramento poliziesco (pagato con soldi pubblici).
Non è certo questa la sicurezza di cui hanno bisogno lavoratori giovani donne e cittadini democratici che denunciano una violazione di legge; questa “sicurezza” in questo caso ha messo seriamente in pericolo la vita dei presenti e dei passanti che hanno assistito allibiti a ciò che vedevano e hanno manifestato sostegno all’iniziativa dell’esposto alla magistratura da sottoscrivere individualmente e collettivamente e alla resistenza dei giovani antifascisti.
Consideriamo ancora più grave che in tanti cerchino superficialmente di minimizzare ciò che è successo: tutte le forze che si definiscono democratiche, che sono attive in un modo o nell’altro in questa città, devono prendere posizione, schierarsi, altrimenti in questi casi sono corresponsabili di una strada che i vari governi, e per ultimo il governo Berlusconi, stanno percorrendo verso il moderno fascismo; così facendo agevolano la diffusione dell’humus moderno fascista, razzista e sessista che ben si confà con la virilità” manifestata in tutti i campi dall’attuale presidente del Consiglio, Berlusconi in persona, proprietario della Mondadori.
Lo Slai cobas per il sindacato di classe intende continuare una campagna di denuncia di quanto accaduto , e di raccolta di energie per organizzare la risposta adeguata.
A questo scopo già lunedì 28 marzo pomeriggio alle ore 17 presso la sede ci sarà una riunione dei lavoratori e delle lavoratrici iscritti al sindacato.

LO SLAI COBAS DI TARANTO A MANDURIA, prime informazioni

In due turni gli immigrati di Lampedusa portati a Taranto sono stati trasferiti al campo di Manduria.
Una delegazione dello Slai cobas per il sindacato di classe è andata oggi a Manduria; come già avevamo capito, al di là degli sforzi e tempi rapidi dei vigili del fuoco, gli immigrati sono stati lasciati fino a sera in una situazione di confusione e di oggettivo abbandono; non c'è un coordinamento, non ci sono ancora le minime cose necessarie. Alle 19 ancora non avevano portato dei pasti. Ogni cosa dovrebbe venire da fuori, dalle sigarette al cibo. E il campo è in una zona, vicino ad una strada di passaggio di auto oggi ancora più intasata, in cui non c'è niente intorno per chilometri.
Ciò che invece non manca sono poliziotti, carabinieri, guardia di finanza. Più c'è il caos a più arrivano pulmini pieni di forze dell'ordine, i capi dei quali non sanno neanche loro che devono fare. Devono controllare, devono impedire, insieme ai vigili, che la gente della zona possa entrare nel campo, dovrebbero impedire che gli immigrati scappino.
Ma i giornalisti che hanno seguito da questa mattina l'arrivo degli immigrati e il loro trasporto/sistemazione nel campo, dicono che già un centinaio di loro ha "preso altre strade" (alcuni ne incontriamo anche noi su una strada interna), e che questo non sarebbe stato troppo "ostacolato" dalle autorità... non per "umanità" sicuramente, ma per avere meno problemi di gestione.
Il problema principale è che nessuno ancora sa se Manduria deve essere un CIE o un centro d'accoglienza; la cosa è lasciata nel vago, un pò per effettiva mancanza di una decisione, un pò perchè questa incertezza è utile per non sollevare eventuali proteste. Di fatto, però, le condizioni in cui vengono per ora tenuti gli immigrati lascia presupporre che di un nuovo CIE si tratti, anche se ancora da attrezzare a dovere.
Domani il sottosegretario Mantovani interverrà al consiglio comunale monotematico, e Mantovani ha già sciolto ogni dubbio: gli immigrati sono clandestini, e quindi devono essere identificati ed espulsi.

Ciò che comunque appare sicuro, è che Manduria diventerà il centro più grosso. I vigili del fuoco anche stasera stavano montando altre tende e si parla che già nei prossimi giorni gli immigrati dovrebbero diventare 2500.
Gli altri eventuali centri in altre città sono ancora a zero; e qui pesa soprattutto l'opposizione razzista dei sindaci, Lega, ma non solo (la cosa è abbastanza trasversale)e il fatto che tenerli al sud è più facile da espellerli.

Infine, alcune persone della zona dicono che sono apparsi dei manifesti di Forza Nuova vicino al campo - c'è da dire che Manduria è stata in passato la terra del fascista Freda, che vi sono gruppi di fascisti, neonazisti; per fortuna, dopo, abbiamo visto che i manifesti sono stati rimossi da personale del centro. Ma c'è il rischio che questa feccia torni a galla per fomentare sentimenti razzisti tra la popolazione della zona. Questo lo impediremo!

ORA LA BATTAGLIA PRINCIPALE E' IMPEDIRE CHE IL CENTRO DIVENTI UN NUOVO CIE.

per Slai cobas per il sindacato di classe di Taranto
Margherita

precarie coop sociali in lotta a palermo

Le precarie delle cooperative sociali insieme a diversi precari hanno occupato, giovedì 24 marzo, per alcune ore il palazzo delle Ferrovie di via roma a Palermo che adesso appartiene alla Provincia regionale perché da due mesi non ricevono lo stipendio ed è in serio pericolo il loro futuro lavorativo dato che a giugno scade l’appalto e circolano voci sempre più concrete di modifiche al regolamento che farebbero spuntare nuove figure professionali per il servizio di assistenza a danno di quelle già in servizio come proprio quella dell'assistente igenico-personale ai ragazzi disabili.

Il dirigente Rizzuto che sta seguendo l’iter del nuovo regolamento ha provato a rifiutare arrogantemente di ricevere queste lavoratrici e lavoatori venendo meno ai suoi impegni pubblici e soprattutto venendo meno all’impegno di rescindere i contratti con le cooperative che si sono giudicate l’appalto se non si fossero comportate secondo le regole imposte dal contratto nazionale di lavoro e secondo la diffida scritta e firmata proprio da lui stesso.

Ma le precarie in particolare hanno protestato fortemente minacciando, non solo a parole, anche di buttare a terra la porta della stanza.

All'arrivo della Digos chiamata dalla Provincia, il Dott. Rizzuto ha ceduto alle proteste dei precari convocando per l'indomani un incontro urgente con tutte le Cooperative con presente una nostra delegazione.

La lotta non si ferma...
Precarie e precari Coop Sociali organizzati nello
Slai cobas per il sindacato di classe

Via giacomo del duca 4 Palermo - 340.8429376

GUERRA... IL NO DELLE DONNE

Siamo contro questa guerra imperialista in Libia, fatta solo per gli interessi economici, politici, geostrategici dei capitalisti e del governo Berlusconi che vuole riconquistare un prestigio internazionale caduto nel fango.

Questa guerra non ha niente di "umanitario", in nome dell'"umanità" si bombardano e si ammazzano civili, stanno assassinando anche bambini, con profondo disprezzo e disinteresse della vita del popolo libico.

L'"umanità" del governo italiano è lo schifoso razzismo che stiamo vedendo a Lampedusa dove trattano da bestie gli immigrati, tra cui vi sono anche tante donne e ragazzini.

L'"umanità" di padroni, governanti, di Berlusconi la conosciamo bene anche noi, ogni giorno sulla nostra pelle, quando peggiorano le nostre condizioni di vita, ci sfruttano, ci opprimono, attaccano la nostra dignità e creano un sistema da moderno medioevo che vuol dire per noi anche violenze fasciste, sessiste.

Denunciamo i vari esponenti, anche donne, del PD e di altri partiti, forze di "sinistra" che parlano ipocritamente dei diritti del popolo ma appoggiano questa guerra contro il popolo Libico; questi/queste sono della stessa pasta di Berlusconi e company

Facciamo appello alle donne che conoscono bene questi "campioni di disumanità" a mobilitarsi contro la guerra imperialista.

Noi siamo dalla parte delle donne dei paesi arabi, che stanno partecipando alle rivolte con doppio coraggio e ribellione, contro i regimi reazionari, dittatori, che verso le donne si traducono in triplice oppressione, feudale, patriarcale e di moderna putrefazione imperialista.

Siamo contro la guerra del governo Berlusconi, dei governi europei, della Nato, non perché le donne sono "pacifiste", ma perché come donne abbiamo doppia ragione per scatenare una doppia ribellione/rivoluzione che metta fine a questo mondo di sfruttamento, oppressione e guerre.

Siamo con le donne che in vari paesi oppressi dall'imperialismo e dai loro governi e Stati, come in India, Perù, Turchia, Nepal, Filippine, ecc., sono in prima fila nelle guerre di popolo e all'interno di esse costruiscono una rivoluzione nella rivoluzione per cambiare la terra e il cielo, e ogni aspetto di oppressione verso le donne.

MOVIMENTO FEMMINISTA PROLETARIO RIVOLUZIONARIO
mfpr@libero.it
26.3.2011

Stuprata a Torino e abbandonata a Metaponto

Una ragazza romena di 26 anni è stata abbandonata sulla spiaggia di Metaponto (Matera) dopo essere stata violentata per due giorni da sette uomini.
26/03/2011 ¬Rapita, sequestrata e violentata per due giorni sotto la minaccia delle armi e l'effetto delle droghe da sette uomini, tra cui il figlio di un boss di Casal di Principe. È la terribile storia ¬ emersa oggi capitata a una ragazza romena di 26 anni rapita da tre uomini a Torino e chiusa in un appartamento dove hanno abusato di lei anche altri quattro componenti del branco, e infine abbandonata sulla spiaggia di Metaponto (Matera) dove è stata trovata e soccorsa dai carabinieri.

Oggi i militari del Nucleo investigativo di Napoli hanno assicurato alla giustizia quattro persone, sottoposte a fermo per violenza sessuale di gruppo, sequestro di persona e per detenzione e porto illegali di armi da fuoco aggravati dal metodo mafioso. I fermati hanno un’età compresa tra i 26 e 55 anni. Tra loro c'è anche il figlio di un boss di Casal di Principe (Caserta). I complici sono di Mondragone, un altro centro del Casertano: si tratta di un pensionato, un ragioniere e una guardia giurata. I militari, oltre a cercare di identificare i tre aggressori mancanti, ritengono che i fermati possano essere autori di reati ancor più gravi.

La ragazza, da quanto si è appreso, era uscita per una serata da trascorrere a Torino in compagnia di amici prima che si trasformasse in un incubo: una volta rapita è stata drogata e tenuta chiusa in un appartamento dai suoi sequestratori che per due giorni l'hanno minacciata con le armi, picchiandola e seviziandola.

Egitto - donne torturate e vessate dai militari al potere

Egitto, la denuncia di 18 donne arrestate

"Ci hanno sottoposto al test della verginità"Amnesty International ha chiesto alle autorità egiziane di indagare sulle gravi denunce di torture, compreso l'obbligo a sottoporsi all'incredibile prova inflitta dai militari alle donne che hanno preso parte alle manifestazioni nella capitale. Fotografate nude e sottoposte a scariche elettriche, una volta constatata la non verginità. "Pratiche degradanti e insopportabili"

IL CAIRO - Il 9 marzo scorso, dopo aver disperso con la violenza una manifestazione in piazza Tahrir, i militari hanno arrestato almeno 18 donne. Queste hanno poi riferito ad Amnesty International 1 di essere state picchiate, sottoposte a scariche elettriche, obbligate a denudarsi mentre i soldati le fotografavano e infine costrette a subire un test di verginità, sotto la minaccia di essere incriminate per prostituzione. Il test di verginità è, in tutto e per tutto, una tortura quando è eseguito con la forza o sotto coercizione.
"Costringere le donne a sottoporsi al "test" è intollerabile e degradante. Il vero obiettivo è umiliare le donne in quanto tali. Tutto il personale medico dovrebbe rifiutarsi di prendere parte a questi cosiddetti "test" - dice Amnesty International.

Le testimonianze. Salwa Husseini, 20 anni, ha raccontato di essere stata arrestata e portata al carcere militare di El Heikstep, a nord-est della capitale. E' stata costretta a togliersi tutti i vestiti ed è stata perquisita da una guardiana, in una stanza con due porte e una finestra, entrambe aperte. Nel frattempo, i soldati entravano nella stanza per scattare foto alla detenuta completamente nuda. I "test" di verginità sono stati eseguiti in un'altra stanza da un uomo che indossava una giacca bianca. Quelle trovate non vergini - secondo l'espressione usata da quell'individuo in giacca bianca - sarebbero state incriminate per prostituzione.


Anche scariche elettriche. Una donna ha raccontato ad Amnesty International di aver detto che era vergine. Poiché il "test" avrebbe provato il contrario, è stata picchiata e sottoposta a scariche elettriche.
"Le donne e le ragazze devono poter esprimere il loro punto di vista sull'Egitto e protestare contro il governo senza essere arrestate, torturate o sottoposte a trattamenti profondamente degradanti e discriminatori", si legge nella denuncia dell'organizzazione internazionale che lotta per il rispetto dei diritti umani. I soldati hanno continuato a umiliare le donne consentendo a tutti di guardare e fotografare quello che stava accadendo, con la minaccia implicita di rendere pubbliche le immagini.

Il racconto di una giornalista. Rasha Azeb, una giornalista a sua volta arrestata a piazza Tahrir, ha riferito di essere stata ammanettata, picchiata e insultata. Secondo il suo racconto, le 18 manifestanti arrestate sono state inizialmente portate in un locale del Museo del Cairo, dove sono state ammanettate, picchiate con bastoni e tubi di gomma, colpite con l'elettricità al petto e alle gambe e chiamate prostitute. Rasha Azeb ha potuto ascoltare le urla delle detenute mentre venivano torturate. E' stata rilasciata diverse ore dopo, assieme a quattro colleghi giornalisti, mentre le altre 17 donne sono state trasferite a El Heikstep.

Al centro di ribilitazione. Altre testimonianze, raccolte dal Centro El Nadeem per la riabilitazione delle vittime della violenza, sono coerenti con quelle di Rasha Azeb e Salwa Husseini. "Le autorità egiziane devono porre fine a questi trattamenti scioccanti e degradanti nei confronti delle manifestanti. Le donne hanno preso parte in pieno al cambiamento in Egitto e non devono essere punite per il loro attivismo. Alle forze armate e a quelle di sicurezza vanno impartite istruzioni chiare che la tortura e i maltrattamenti, compresi i cosiddetti test di verginità obbligatori, non saranno più tollerati e saranno oggetto di indagini approfondite. I responsabili devono essere portati di fronte alla giustizia e le donne coraggiose che hanno sporto denuncia devono essere protette dalle rappresaglie", afferma ancora la denuncia di Amnesty International.

Davanti al tribunale. Le 17 donne detenute a El Heikstep sono comparse di fronte a un tribunale militare l'11 marzo scorso e rilasciate due giorni dopo. Molte di loro sono state condannate a un anno di carcere, con la sospensione della pena. Salwa Hosseini è stata giudicata colpevole di "condotta disordinata, distruzione di proprietà pubblica e privata, ostacolo alla circolazione e possesso di armi". Amnesty International si oppone allo svolgimento di processi di imputati civili presso le corti marziali egiziane, che hanno una lunga tradizione di processi iniqui e le cui procedure limitano gravemente il diritto d'appello.

20/03/11

Lo sfruttamento e la violenza contro le immigrate

Nella nuova canea che si sta sollevando, da nord a sud, contro gli sbarchi di immigrati, riportiamo stralci di un articolo di Repubblica - integrale sul blog proletaricomunisti.

DA REPUBBLICA 17-3-2011

VITA DA IMMIGRATO

Un bracciante albanese si da fuoco e risvela l'oscuro mercato del "caporalato"
E' accaduto in una piazza a Vittoria, nel Ragusano. Soccorso da passanti, l'uomo che ha 33 anni, rischia di morire. Un nuovo caso, dopo l'ambulante marocchino suicida a Palermo e il tunisino che si è cosparso di benzina per scongiurare la sua espulsione. Lo sfruttameno degli stranieri in agricoltura

VITTORIA (Ragusa) - Lotta tra la vita e la morte, attaccato a un respiratore, Georg Semir, un albanese di 33 anni che si è dato fuoco ieri sera in piazza del Popolo a Vittoria, un grosso centro agricolo in provincia di Ragusa. Ha riportato ustioni sul 50 per cento del corpo, soprattutto al viso, al torace e alle braccia. E' ricoverato nel reparto di prima rianimazione all'ospedale civico di Palermo, dove è stato trasportato con l'elisoccorso. Tra una settimana si potrà capire se il giovane sopravviverà. Nessuno conosce Georg, nessuno sa con certezza cosa l'abbia spinto a cospargersi di benzina e darsi fuoco con un accendino, intorno alle 20, nella piazza principale del paese, davanti a passanti e negozianti.
...il consigliere comunale Giuseppe Cannella di professione psichiatra, ritiene che il giovane straniero abbia voluto commettere "un suicidio sociale, un'azione clamorosa per una presunta ingiustizia subita". .. il gesto disperato sia l'esito dello sfruttamento subìto da molti immigrati nelle campagne della zona.

... Sfruttati per produrre il ciliegino. A Vittoria la produzione di melanzane, peperoni e pomodorini, fra cui il famoso ciliegino, è intensiva, industrializzata. Le campagne sono costellate di serre che sfornano ortaggi tutto l'anno e in cui si lavora per più di 12 ore al giorno, con una temperatura che dal mese di maggio supera i sessanta gradi, per un paga misera di 25, 30 euro a giornata....

...Abusi sessuali nelle campagne. La Cgil di Vittoria sta contribuendo anche a scoperchiare uno scenario inquietante: "casi di sfruttamento sessuale ai danni di donne straniere" da parte dei datori di lavoro.... Storie di abusi emerse con inchieste giudiziarie e raccontate dal libro "Voi li chiamate clandestini", di Laura Galesi e Antonello Mangano. Le donne dell'Est Europa sono costrette a prostituirsi nelle campagne del ragusano per 10 euro a prestazione sessuale, dopo aver passato la giornata nei campi per la solita paga di 20 euro. Raccoglitrici di pomodorini, soprattutto rumene, che in seguito agli abusi subiti restano incinta e abortiscono".
E molti aborti. A Vittoria, fino a giugno 2010, sono state registrate 15 interruzioni volontarie di gravidanza. Una crescita esponenziale degli aborti denunciata come preoccupante dai medici del presidio ospedaliero Guizzardi, perché a fare richiesta di aborto è stato un unico gruppo, quello delle lavoratrici dell'Est impegnate nei campi. Nella cittadina, su oltre 60 mila abitanti, i migranti sono 12 mila di cui 8 mila impegnati come lavoratori agricoli. Di questi, 2.500 sono le donne rumene.

... Già tre stranieri che si danno fuoco. Il tentato suicidio di Georg Semir solleva il velo sulle condizioni terribili in cui vivono molti immigrati. Sono già stati almeno tre i casi di emuli di Mohamed Bouazizi, il venditore ambulante che si è dato fuoco in Tunisia facendo scoppiare la rivoluzione dei gelsomini. Sempre in Sicilia, a Palermo, il 10 febbraio si è ucciso in questo modo Noureddine Adnane, un ambulante marocchino di 27 anni provvisto di licenza dopo un controllo dei vigili. Una settimana dopo, a Palazzo San Gervasio, in provincia di Potenza, è stato un tunisino senza permesso di soggiorno a tentare di darsi fuoco per protesta contro gli agenti che lo stavano arrestando.... La testimonianza. "Prendevo 3 euro a cassone (il cassone sono tre quintali e mezzo), il padrone pagava 12 euro a cassone, il resto va al caporale". Dice che i caporali sono sia italiani che stranieri e che nel 2005 lo hanno picchiato perché aveva parlato con i giornalisti...".

SOSTENIAMO LA DENUNCIA E LE PROTESTE!
UNITA' DI CLASSE E DI GENERE CON LE IMMIGRATE!
COMINCIAMO INSIEME AD ACCENDERE I "FUOCHI" CONTRO GLI SFRUTTATORI E I VIOLENTATORI.

MFPR

19/03/11

Esprimiamo solidarietà con la donna arrestata ieri e con le donne che protestano per la casa a Taranto.

Quanto accaduto è la conseguenza inevitabile dell'atteggiamento sempre arrogante, provocatorio, offensivo dei vigili che fanno servizio al Comune di Taranto che esasperano le persone, quelle più bisognose, che vanno a Palazzo di città per chiedere risposte ai loro più elementari diritti, casa, in questo caso, altre volte lavoro
Anche ieri un gruppo di donne era andato a Palazzo di città per avere chiarimenti circa le assegnazioni delle case popolari, i criteri delle graduatorie
Ma, come più volte sta accadendo negli ultimi tempi invece che comprensione e risposte si sono trovate davanti un atteggiamento di vigili e vigilesse da "sceriffi"
La realtà è che i vigili a Taranto abusano della loro "autorità", creando essi un clima di tensione acceso
Alcuni vigili, in particolare, come pare la vigilessa aggredita, sono noti per il loro atteggiamento provocatorio
Questo lo diciamo non per partito preso ma perché lo abbiamo sperimentato più volte sulla nostra pelle anche nei giorni scorsi: disoccupate organizzate che chiedono lavoro e che il Comune si assuma le sue responsabilità sull'emergenza lavoro/raccolta differenziata, si sono trovate ad essere cacciate in malo modo da vigili che con atteggiamento arrogante sono arrivati a dire che il Comune è "casa loro"; disoccupati, lavoratori, responsabili dello slai cobas per il sindacato di classe che vengono offesi e provocati con vigili che li fotografavano durante normali presidi autorizzati, fino al fatto che la coordinatrice dello slai cobas e due disoccupati il 4 aprile sono processati su denuncia di un vigile a cui era stato detto solo di mettere fine all'atteggiamento provocatorio verso i disoccupati in lotta
I vigili poi nel maggio dello scorso hanno sgomberato violentemente la "Tenda per i Lavoro" che non dava fastidio a nessuno un punto di riferimento, di unità e speranza per tutti i senza lavoro
Purtroppo dobbiamo dire che il Sindaco di sinistra Stefano sta sempre più assumendo lo stesso atteggiamento dell'ex sindaco fascista Cito: con un Comune illegalmente sbarrato (non accade in nessuna città o paese che il portone di un Comune sia chiuso permanentemente come a Taranto) e di fatto considerato proprietà privata; con vigili usati a soli fini repressivi (e per fare in questo modo "cassa") anche verso ambulanti (anche l'8 marzo hanno fatto mega multe a ragazzi, donne disoccupate che cercavano di recuperare un po' di soldi con la vendita delle mimose), automobilisti, ecc; o vigili sguinzagliati a strappare manifesti di lotta e multare; o un uso spropositato dei vigili durante normali incontri sindacali al solo scopo di intimidire
Lì dove dovrebbero fare ben altro
Stefano, come Cito, sta unendo una politica repressiva verso coloro che reclamano diritti, a una politica di spicciolo assistenzialismo verso singole persone, oggettivamente clientelare
Entrambe comunque assolutamente controproducenti a risolvere i problemi reali della gente
Anche ora, quale risposta annuncia il Comune a fronte delle necessità e esasperazione della gente? Solo e soltanto più vigili
Questo è la causa di fondo degli episodi come quello avvenuto il 15 marzo
E' questo atteggiamento arrogante e provocatorio dei vigili che deve finire
Il 4 aprile giorno del processo, presenteremo noi un esposto alla Procura contro i Vigili e di denuncia dell'uso privato del Comune che fa il Sindaco Stefano

Disoccupate Slai cobas per il sindacato di classe cobasta @libero.it
16- 3-2011

LA BORSA E LA VITA - LE MANI SUI CONSULTORI

Oggi pomeriggio a Milano si terrà un'assemblea organizzata dalle compagne della Consultoria autogestita di via dei Transiti. Il Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario aderisce a questa iniziativa.
Segue intervento del MFPR di Milano.

Dalla locandina dell'assemblea: LA BORSA E LA VITA - LE MANI SUI CONSULTORI

"Veterani della gestione catto-mafiosa della sanità regionale come Formigoni e parvenu della genuflessione come Cota con obiettivi in comune: sottrarre alle donne strumenti di consapevolezza e autodeterminazione sulle scelte che riguardano salute e sessualità, stornare fondi pubblici nelle casse delle "associazioni amiche" e dei consultori privati.
Questa la realta che minaccia i consultori pubblici di Lombardia, Piemonte, Lazio tra il disinteresse delle donne, il depotenziamento dei servizi primari e le infiltrazioni dei movimenti per la vita...".

INTERVENTO DEL MFPR

L'attacco al diritto d'aborto, in questo paese, non si è mai del tutto fermato. Da un po' di anni, però, dopo gli attacchi frontali, rozzi a cui le donne hanno risposto con grandi manifestazioni, abbiamo assistito ad un salto di qualità: esso è avvenuto a macchia di leopardo con intervento degli enti locali o "nascosto" in articoli di leggi che, apparentemente, nulla hanno a che fare con la 194.

Il risultato è che provvedimenti legislativi, prese di posizione hanno fatto scuola e, oggi, le risposte che a livello locale le donne quotidianamente danno richiedono, anch'esse, un salto di qualità.
Solo per citare gli attacchi più recenti al diritto d'aborto, ricordiamo: in Piemonte, il "Protocollo per il miglioramento del percorso assistenziale perla donna che richiede l'interruzione volontaria di gravidanza" proposto dall'assessore Caterina Ferrero era stato approvato il 15 dicembre 2010 dal Consiglio Regionale del Piemonte. Questa delibera è l'attuazione pratica di una parte del "Patto per la vita e la famiglia" firmato in febbraio da Cota durante la campagna elettorale con la parte più integralista del Movimento per la Vita. La finalità ultima del protocollo sta nell'obbligo da parte dei consultori pubblici di stringere collaborazioni con il Movimento per la Vita i cui volontari potranno entrare in contatto con le donne che richiedono l'IVG fin dal primo colloquio.
Un tentativo di legittimare l'ingresso dei movimenti pro-life nei consultori e lo smantellamento dei consultori pubblici a favore di strutture private e confessionali o di quelli che altrove si tenta di istituzionalizzare e che si chiamano centri di mediazione familiare che intervengono in fase di separazione e eventuale affido dei figli. Già prima Cota era intervenuto pesantemente sull'introduzione dell'RU486, dichiarando che si sarebbe opposto alla sua introduzione negli ospedali piemontesi; in Lazio nella Proposta di Legge della Regione sul riordino dei Consultori si parla dei Consultori come luoghi per il consolidamento della famiglia e dei valori etici di cui essa è portatrice. Contemporaneamente abbiamo assistito ad una campagna ideologica e mass mediatica di attacco alla contraccezione e per l'ampliamento di obiezione di coscienza anche ai farmacisti-vedi la pillola del giorno dopo che in maniera strumentale si cerca di far passare come pillola abortiva.

L'elenco potrebbe continuare, ci preme, ancora una volta, ribadire che gli attacchi al diritto d'aborto sono funzionali a un ritorno al moderno medioevo in cui vogliono ricacciare le donne. Dalla Chiesa alle Istituzioni,ad esponenti politici non si perde occasione per criminalizzare le donne che abortiscono e, dall'altro, esaltare la centralità della famiglia e il ruolo in essa di moglie e madre delle donne.
E' una crociata particolarmente accanita che unisce tutti - ricordiamo che fu il governo di centrosinistra a "inaugurare" il ministero per la famiglia - perché l'aborto sancisce il diritto all'autodeterminazione delle donne in materia di sessualità e maternità, rappresenta emblematicamente, la conquista delle donne di poter decidere sulla e della propria vita.
Noi crediamo che sia necessaria una ripresa a tutto campo delle lotte delle donne a livello nazionale per contrastare sul piano ideologico e pratico l'offensiva contro il diritto d'aborto, che unifichi e connetta le lotte che a livello locale collettivi femministi, donne fanno contro l'attacco al diritto d'aborto, che permetta loro di acquisire visibilità e forza con una piattaforma che comprenda, ad esempio, il miglioramento della 194, eliminando soprattutto l'obiezione di coscienza; non solo l'introduzione della RU486 in tutti gli ospedali, ma la possibilità di accedervi per le donne che desiderano utilizzarla e senza il ricatto di degenza ospedaliera; l'abolizione della L.40 e il suo articolo oscurantista sul riconoscimento giuridico dell'embrione, l'ampliamento dei consultori pubblici e senza presenza di movimenti per la vita nelle strutture sanitarie pubbliche, la cancellazione dell'articolo, in Lombardia, sulla sepoltura dei feti e la lotta contro le moderne ruote degli esposti, accesso alla pillola del giorno dopo.

movimento femminista proletario rivoluzionario - Milano
mfprmi@libero.it

Contributo alla piattaforma dello sciopero delle donne

contro

  • La clitoride mutilata e la vagina cucita
  • i nostri corpi affamati dall'anoressia o ingrassati dal cibo spazzatura
  • la privazione di istruzione, libertà, autonomia
  • la chisura nelle case
  • i matrimoni precoci, i rapporti sessuali imposti
  • le gravidanze non volute, le sterilizzazioni forzate
  • la poligamia imposta
  • lo sfruttamento economico, la schiavitù domestica, il doppio lavoro
  • il femminicidio
  • le botte, la ridicolizzazione,
  • gli stupri singoli o collettivi
  • la pornografia e la prostituzione imposta
  • la tratta e riduzione in schiavitù
  • le deportazioni forzate
  • l’ assoluzione degli stupratori
  • i licenziamenti delle operaie
  • i turni massacranti nelle fabbriche e nei posti di lavoro
  • i delitti d'onore
  • le bambine uccise o a cui impediscono di nascere: 100.000.000 di donne “mancanti” al mondo...
  • il controllo che maschi-padri -padroni esercitano e continuano ad esercitare sulle nostre vite
  • il furto della nostra vita e della nostra fantasia
  • il soffocamento della nostra intelligenza
  • i rapporti di potere e con ruoli predefiniti
  • l’ inibizione e negazione della sessualità e del desiderio lesbico
  • le pubblicità umilianti
  • il familismo obbligatorio

…lista in continuo aggiornamento… costruiamola insieme!!!

layla

Le donne fiom si muovono, occorre lo sciopero delle donne

ALLEGHIAMO, PER UTILE CONOSCENZA, UNA LETTERA CRITICA VERSO LA SEGR. CGIL DELLE RESPONSABILI DELLA FIOM NAZIONALE SULLA FIRMA ALL'INTESA "AZIONI A SOSTEGNO DELLE POLITICHE DI CONCILIAZIONE TRA FAMIGLIA E LAVORO" E IL TESTO DI INDIZIONE DELL'ASSEMBLEA NAZIONALE DONNE FIOM.

NEI PROSSIMI GIORNI ENTREREMO NEL MERITO DELL'INTESA GOVERNO/PARTI SOCIALI, DI CUI COMUNQUE DIAMO UN GIUDIZIO NEGATIVO. RITENIAMO CHE LE DONNE FIOM DEBBANO CHIEDERE SUBITO IL RITIRO DELLA FIRMA DELLA CGIL.

IN MERITO ALL'ASSEMBLEA NAZ. DELLE DONNE FIOM PENSIAMO CHE ESSA DEBBA DISCUTERE, APPROVARE E CONCLUDERSI CON UNA PIATTAFORMA CHE RACCOLGA TUTTE LE DENUNCE, ESIGENZE, BISOGNI SULLA CONDIZIONE DI LAVORO E DI VITA DELLE DONNE E SOPRATTUTTO CON UNA DECISIONE DI MOBILITAZIONE/SCIOPERO TOTALE DELLE DONNE, INTERNA MA OLTRE LA MOBILITAZIONE GENERALE, CHE PORTI CON FORZA, NETTA E CHIARA LA NECESSARIA LOTTA, DOPPIA LOTTA, AUTORGANIZZATA DELLE DONNE, DELLE LAVORATRICI, PRECARIE, DISOCCUPATE, ECC., DAI POSTI DI LAVORO, ALLE SCUOLE, AI QUARTIERI.

Le lavoratrici, disoccupate, precarie
Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario - mfpr@libero.it

Qui trovate il testo di convocazione della
Assemblea nazionale delle donne Fiom
giovedì 7 aprile – ore 9,30/17,00
ROMA -Via Buonarroti n. 12 ( vicino a Piazza Vittorio), presso la sede della CGIL di Roma e del Lazio

17/03/11

Solidarietà alle lavoratrici dei nidi

Grave attacco alle donne, alle lavoratrici della commissaria del comune di Bologna

Grave, doppio attacco alle donne a Bologna, dove la commissaria cancellieri sta procedendo a tamburo battente ad “una operazione di erosione dei servizi pubblici alla persona, servizi agli anziani non autosufficienti, consultori familiari, servizi sociali per le fasce più deboli della popolazione ed ora, in particolare, l’attacco è rivolto ai servizi educativi all’infanzia.”, in seguito alle mancate entrate statali.

Doppio attacco alle donne in quanto si tratta di peggiorare drasticamente i servizi pubblici, in particolare i nidi, con aumenti significativi dei costi ma tutti, in generale, rendendo più difficile la vita delle donne che si vedono scaricare su di loro gli effetti della “razionalizzazione”, con ulteriori aumenti insostenibili dei carichi di lavoro, fino a respingerle nuovamente a casa; ma, ancora più odioso il peggioramento delle condizioni di lavoro delle lavoratrici e il ricorso alla gestione privata dei servizi, dove le lavoratrici hanno condizioni contrattuali e di lavoro di gran lunga peggiore “Un ulteriore risparmio sarebbe ottenuto dalla contrazione del personale comunale e dalla soppressione di alcune indennità economiche contrattuali, attualmente riconosciute al personale.”

Simbolicamente questo attacco assume un significato particolarmente esemplare perchè è stata la città che ha anticipato l'istituzione dei nidi in Italia, frutto di lotte delle lavoratrici.

Siamo al fianco, in primis, delle lavoratrici dei nidi di Bologna e della loro lotta per la difesa delle condizioni di lavoro, ma non possiamo non denunciare come si stia mettendo in atto un ulteriore attacco a tutte le donne che a livello nazionale e locale è complessivo e su diversi fronti sia nel pubblico che nel privato: tagli di posti di lavoro, peggioramento delle condizioni di lavoro, salariali, peggioramento dei servizi, per questo diciamo che la risposta delle lavoratrici delle donne deve essere complessiva contro l'arroganza delle amministrazioni, il supersfruttamento, il peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro, che portano all'imbarbarimento generale, in cui ad essere colpite, a subirlo sono principalmente le donne occorre una lotta delle lavoratrici, delle giovani, delle donne prolungata, ma occorre una rete delle operaie, lavoratrici in lotta, occorre costruire uno sciopero totale delle donne perchè governi, comuni, padroni cancellano in un attimo conquiste frutto di dure lotte, perchè tutta la vita deve cambiare!


Mi.17.3.2011
movimento femminista proletario rivoluzionario
mfprmi@gmail.com

http://femminismoproletario.noblogs.org/files/2011/03/LETTERA-ALLA-CANCELLIERI-DEFINITIVA.doc


DECINE DI DONNE DI BOLOGNA HANNO CHIESTO UN INCONTRO ALLA COMMISSARIA CANCELLIERI SULLA SITUAZIONE DEGLI ASILI NIDO.


Questa mattina è stata consegnata alla Commissaria Cancellieri la lettera contenente una richiesta di incontro sulla situazione degli asili nido a Bologna prima che vengano adottate scelte decisive, quanto dannose, sui servizi alla persona e sui servizi educativi per l’infanzia di Bologna.

La lettera è sottoscritta dalle seguenti Associazioni e gruppi di donne :

Educatrici dei nidi autoconvocate, Donne in Nero, Orlando, Altracittà- lista civica di donne, Armonie, Mujeres Libres, Ida, Udi, Sos Donna, Tavola delle donne, a cui seguono le firme in calce alla lettera di 450 donne singole che hanno lottato per la realizzazione di questi servizi, donne che ne usufruiscono, lavoratrici dei nidi, giovani donne che ne hanno compreso il grande valore.

Tutte insieme, stanno dando vita una grande mobilitazione in difesa di un patrimonio che sentono innanzitutto come proprio, ma che è di tutta la collettività bolognese.

Nella lettera si contesta severamente il presunto progetto di riorganizzazione dei nidi, come viene talvolta definito, perché un progetto per definirsi tale, dovrebbe perseguire l’obiettivo prioritario di curare le necessità della propria comunità, a partire dal riconoscimento del diritto dei bambini e delle bambine a disporre per la propria crescita e formazione di un servizio di qualità; a partire dalla necessità delle donne di conciliare maternità, tempo di vita e di lavoro usufruendo di servizi di sostegno alle loro scelte; a partire dalla sacrosanta richiesta delle operatrici di vedere riconosciuti i loro diritti di lavoratrici e la loro professionalità, contro l’ulteriore precarizzazione del lavoro educativo.


La ricerca semplicistica di “far quadrare i conti”, che in questo momento prevede tra l’altro il passaggio di alcuni nidi comunali alla gestione dei privati, un consistente adeguamento tariffario e un ulteriore costo a carico delle famiglie per il servizio dopo le 16,30, il cui effetto immediato sarà la concetrazione nei nidi ad orario piu' lungo delle situazioni sociali piu' complesse e, in prospettiva, come conseguenza inevitabile, un impoverimento dell’intera rete del servizio dei nidi di Bologna, rete che ha costruito in anni non lontani un punto di eccellenza e persino di innovazione nella cultura dell’infanzia.


Nei prossimi giorni proseguirà la raccolta di firme fra le cittadine e i cittadini di Bologna, che già ora in numero consistente stanno sostenendo con la loro adesione le ragioni della mobilitazione a difesa del servizio degli asili nido e della rete dei servizi, indignate e indignati per essere soli a dover pagare i prezzi di una pesante crisi economica e di contrazione delle risorse pubbliche.


Promossa dalle Associazioni delle donne firmatarie della lettera alla Cancellieri, sarà convocata per la fine di marzo, a proseguimento della mobilitazione, una grande assemblea pubblica per discutere di quello che sta accadendo di assai preoccupante nel sistema dei servizi sociali ed educativi di Bologna e per dire una parola chiara e determinata sugli asili nido come bene comune indisponibile. Sarebbe auspicabile per quella data poter dare conto dell’incontro con la Commissaria.


Firmano:


Educatrici dei nidi autoconvocate, Donne in Nero,Associazione Orlando, Altracittà- lista civica di donne, Armonie, Mujeres Libres, Ida, Udi, Sos Donna, Tavola delle donne.


Per chi vuole firmare l’indirizzo e-mail è il seguente:

salviamoinidi@gmail.com


Riferimenti nominativi

Corinna Rinaldi 3494562961

Katia Zanotti 3356081217

Patricia Tough 3496763341

Licenza di stupro ai militari del quadraro

Pur riconoscendo lo stupro niente carcere. il quadro si fa sempre più odioso e schifoso

da Repubblica di Roma

STUPRO IN CASERMA

I pm: "Prima l'alcol poi gli abusi "
Il gip, niente carcere per gli indagati
La procura: prima l'hanno ubriacata e poi violentata. Per i tre carabinieri e il vigile urbano, l'accusa è di violenza sessuale di gruppo aggravata. I magistrati chiederanno incidente probatorio su accertamenti del Dna. Lunedì i nuovi interrogatori

di MARIA ELENA VINCENZI

I pm: "Prima l'alcol poi gli abusi " Il gip, niente carcere per gli indagati

ROMA - Le hanno offerto alcol per farla ubriacare e poi hanno abusato di lei. In gruppo. E per sei volte. Proprio loro, gli uomini in divisa che avrebbero dovuto proteggerla. Dopo quasi un mese di indagini, per di più secretate, si inizia a capire qualcosa dello stupro avvenuto nella stazione dei carabinieri Quadraro, alla periferia di Roma. La vittima è una donna di 32 anni, originaria di Crema, che, dopo essere stata arrestata il 23 febbraio per aver rubato in un grande magazzino alcuni capi di abbigliamento, il giorno dopo ha denunciato di essere stata stuprata la notte precedente mentre era detenuta in camera di sicurezza in attesa di processo per direttissima. Accuse che un solo militare ha ammesso, pur definendo il rapporto "consensuale e amichevole", ma che gli altri hanno sempre negato. Hanno detto di sapere che qualcosa era successo, ma di non aver partecipato direttamente.

Accertamenti ancora in corso, ma intanto la procura di Roma contesta i reati agli indagati: violenza sessuale di gruppo aggravata dall'abuso dei poteri e dei doveri inerenti a una funzione pubblica e dall'uso di sostanze alcoliche. Per di più compiuta "su persona comunque sottoposta a limitazioni della libertà personale". Perché la ragazza madre di 32 anni che ha denunciato di essere stata violentata nella notte tra il 23 e il 24 febbraio nella stazione dei carabinieri Quadraro, alla periferia di Roma, era detenuta. Questo è un fatto. Grave, per i magistrati.
Il capo di imputazione contenuto nell'invito a comparire che ieri è stato notificato ai quattro parla chiaro. E ricostruisce quella notte. Due dei tre carabinieri e il vigile urbano sono accusati di aver spinto la donna a subire atti sessuali abusando della sua condizione di inferiorità fisica e psichica dovuta sia all'arresto, sia all'assunzione di alcol che le è stato offerto da uno dei militari, Alessio Lo Bartolo. Lo stesso che, secondo la versione del procuratore aggiunto Maria Monteleone e del sostituto Eleonora Fini, avrebbe avuto diversi rapporti con la vittima mentre il vigile urbano, Pierfrancesco Carrara, la teneva stretta per la testa. Così anche per il secondo militare, Cosimo Vincenzo Stano, che, mentre l'agente della municipale la palpeggiava, avrebbe abusato di lei. Mentre al terzo carabiniere, Leonardo Pizzarelli, quello di turno al piantone (che non avrebbe partecipato direttamente alla violenza), i pm contestano l'aggravante di non aver impedito l'evento e di non aver evitato che le fossero date sostanze alcoliche.

Questo il quadro, almeno finora: le indagini sono ancora in corso. All'indomani della presentazione della denuncia da parte della vittima, la procura aveva chiesto due mesi di custodia cautelare in carcere per i quattro. Una misura temporanea necessaria, secondo gli inquirenti, a poter svolgere le indagini senza alcun pericolo di inquinamento delle prove. Ma il giudice per le indagini preliminari, Sandro Di Lorenzo, ha detto no. Perché gli accertamenti sono già stati fatti e l'indagine è a un buon punto, queste le motivazioni per la bocciatura.
Insomma, la ricostruzione di quella notte si fa via via più chiara. Ma i pm e i carabinieri del nucleo investigativo del comando provinciale di Roma sono ancora al lavoro e cercano un'ulteriore conferma. Ecco perché hanno convocato per lunedì prossimo i quattro indagati: verranno tutti risentiti, sempre a patto che non si avvalgano della facoltà di non rispondere. Opzione che le difese stanno considerando. Altri elementi utili potrebbero venire dalla comparazione dell'eventuale dna presenti sugli oggetti sequestrati con quello degli indagati: esame che verrà fatto in incidente probatorio.

(17 marzo 2011)

Storie di donna: video interviste a Mariella Siviglia

Storie di donna: video interviste a Mariella Siviglia.
Mariella è una donna, e ha una storia. Quello che ho fatto è stato raccoglierla e raccontarla per capitoli.
E' un centimetro fuori dal dramma, la storia di Mariella, ma anche un centimetro fuori dalla retorica e a un metro di distanza dall'insegnamento.
E però insegna, la sua storia, a porgerle l'orecchio e accostarci il cuore.
Buon ascolto.

Mariella Siviglia LO STUPRO - Parte I

Mariella Siviglia DROGA E AIDS - Parte II

Mariella Siviglia LA FAMIGLIA - Parte III

Saverio Tommasi




15/03/11

Il femminicidio attraversa ogni epoca, ogni cultura, ogni luogo

riceviamo e pubblichiamo:

“Femminicidio” è un neologismo per nominare ogni forma di discriminazione e violenza rivolta contro le donne “in quanto donne”. E’ il nome della violenza di genere in ogni sua forma. E’ il nome dell’esercizio di potere che gli uomini e la società patriarcale esercitano sulle donne, affinché rispondano alle loro aspettative. E’ la punizione quotidiana per ogni donna che non accetta di ricoprire il proprio ruolo sociale, è il principale ostacolo all’autodeterminazione e al godimento dei diritti fondamentali. Il dominio maschile sulle donne è la più antica e persistente forma di oppressione esistente e il femminicidio viola i diritti umani di metà della popolazione mondiale, spesso con la connivenza delle istituzioni.

Sono oltre 100 le donne che ogni anno, magari dopo anni di violenze e stalking, vengono assassinate per mano di un familiare, oppure mentre stanno affrontando la separazione: considerate come proprietà, non è accettabile che decidano di mettere fine ad una relazione e neppure che possano rifiutare attenzioni e avance.Come possiamo non dare peso, in tutto ciò, all’immaginario stereotipato e svilente che riguarda la soggettività femminile e che investe politica, media e pubblicità! Ci è sempre più chiaro, nonostante i vari tentativi di presa di distanza, che nella realtà che ci circonda viene veicolata una cultura che promuove e legittima l’esercizio di potere sull’altro. E’ di questo che vogliamo parlare, senza ricadere in un silenzio complice solamente perchè ci è difficile farne parola. Non sarà semplice raccontare delle donne usate e violentate, ma vorremmo avvicinarci un po’ per non lasciarle sole.

Inaugurazione mostra - venerdi 18 marzo ore 19.00 - Circolo pink Via Scrimiari 7 Verona.