31/12/11

giù le mani dalle delegate slai cobas s.c. in lotta

10 e 11 gennaio procedura d’urgenza in tribunale


Giù le mani dalla delegata del cobas policlinico di Palermo, Domenica Sciortino: domani il tribunale di Palermo con provvedimento d’urgenza dovrà decidere sul ricorso presentato dall’avvocato Rosario Imbergamo contro il Policlinico di Palermo, e il suo direttore generale ing. La Rocca.


Il primo ricorso è contro il provvedimento disciplinare che recita "irrogare la sanzione della sospensione dal servizio senza retribuzione per mesi uno", di fatto un tentativo di intimidazione nei confronti non solo della delegata ma anche, tramite essa, nei confronti di tutti quei lavoratori e quelle lavoratrici che hanno avuto il coraggio dopo anni di silenzio di iniziare una vertenza per mantenere i diritti conquistati da anni e in particolare gli arretrati che La Rocca vorrebbe cancellare.


Il secondo ricorso riguarda la trattenuta di 1500 euro sulla busta paga di dicembre, nonostante l’impugnativa della sanzione messa in atto sia dal nostro sindacato che dallo studio legale!


L’ing. La Rocca ha messo in atto una operazione odiosa e indegna che prova, dall’“alto” della sua poltrona, a colpire chi con lo stipendio non arriva già alla fine del mese.

Forse questo “egregio signore”, pensa che colpire e cercare di zittire una lavoratrice, una donna, sia ancora più facile, dimenticando, però, che la forza e la lotta delle donne che prendono coscienza di classe è inarrestabile.


Il nostro sindacato ha dato il via ad una campagna specifica di denuncia pubblica contro l’ing. La Rocca e la sua “gestione” del Policlinico con affissione di locandine, volantinaggi e manifestazioni pubbliche.

Questa campagna che ha lo stile della “lunga durata” andrà avanti fino a quando i diritti dei lavoratori non saranno ristabiliti.



S. L. A. I. COBAS per il sindacato di classe

cobas_slai_palermo@libero.it

30/12/11

OMSA, CONTRO I LICENZIAMENTI SERVE UN BILANCIO E UNA NUOVA LOTTA

"Le segreterie regionali delle tre sigle sindacali (Cgil, Cisl e Uil) sostengono che quello della Golden Lady «è un comportamento provocatorio e arrogante»

Il comunicato congiunto parla di «colpo di mano» dell'azienda, che avrebbe deciso in fretta di andare in Serbia, «mettendo in ginocchio l'intero territorio faentino»...

Non nasconde un po' di fastidio nemmeno la Regione. Che parla - per bocca dell'assessore regionale alle Attività produttive, Gian Carlo Muzzarelli - di «forzatura» rispetto agli «incontri già programmati» e alle idee sulla «reindustrializzazione» dell'area."

E' assurdo sentire parlare i sindacati cgil, cisl, uil, uniti, di "colpo di mano dell'azienda che avrebbe deciso in fretta di andare in Serbia...", o la Regione di "forzatura". E' dal 2010 che l'azienda ha detto chiaro i suoi piani di chiusura della fabbrica, e ha fatto altrettanto chiaramente tutti i suoi passi "alla luce del sole", per andare a fare più profitti lì dove, in Serbia, può tagliare il costo del lavoro. Di cosa, allora fanno finta di meravigliarsi i sindacati confederali e la Regione?

Alcune lavoratrici tempo fa, restituendo la tessera alla cgil, hanno detto: "È avvilente, le abbiamo provate tutte! Prima abbiamo chiesto, poi gridato poi anche minacciato e raccolto firme. Abbiamo protestato con la Cgil provinciale, con quella regionale e addirittura con la nazionale, ma anche

la signora Camusso che sbandiera tanto i diritti delle donne non ha voluto aiutarci".

La realtà è che contro i piani dell'Omsa nessuno ha voluto fare una vera lotta. Ad essa si è sostituita più l'immagine, la ricerca di visibilità mediatica, e l'appello al boicottaggio dei prodotti. I sindacati, in primis la Cgil, non hanno voluto fare di questa realtà di centinaia di lavoratrici, di questa lotta anche una battaglia esemplare di unità delle donne lavoratrici, attaccate come classe e come donne.

Oggi, si dimostra che senza una lotta che colpisca in primis l'azienda e i suoi interessi, senza una battaglia contro le istituzioni, non è vero che a più visibilità corrisponde più risultati.

Oggi la partita non può essere chiusa. Ma occorre che prima di tutto le operaie dell'Omsa rimaste coraggiosamente a combattere facciano un rapido bilancio e traggano da esso le lezioni per fare una nuova lotta.

Da parte nostra, nell'esprimere tutta la nostra solidarietà alle operaie dell'Omsa, diamo la nostra massima disponibilità a contribuire alla vostra lotta.

Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario

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........la cisl e' ancora per aspettare,come ha detto nell'ultima assemblea di venerdi 23 dicembre,cioe' la settimana scorsa? cosa sta' facendo per i suoi iscritti? facile non fare niente vero? facile dire alle donne di stare a casa ,che e' tutto inutile! vediamo questa finzione di unita' sindacale,quanto puo' durare? e' ora di giocare a carte SCOPERTE!!!!!!!!

grazie della solidarietà, e anche per voi

Clara operaia Omsa

Solidarietà alle operaie OMSA, RESISTETE!!!

E' necessario costruire una lotta che ci veda tutte protagoniste contro gli
attacchi che padronI e governo vogliono farci subire alle nostre condizioni di
lavoro e di vita, è necessario costruire uno sciopero delle donne operaie,
lavoratrici, precarie, che lottano per averlo un lavoro... guardiamo al nuovo
anno in questa ottica

Forti saluti di lotta

lavoratrici, precarie, disoccupate Slai Cobas per il sindacato di classe

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Dalla stampa:
FAENZA (Ravenna), 30 dicembre 2011 - Sembra davvero finita per l’Omsa di Faenza, storico calzificio che il gruppo Golden Lady ha deciso da tempo di chiudere, per trasferire la produzione in Serbia. L’azienda ha comunicato ai sindacati che al termine del secondo anno di cassa integrazione speciale, il prossimo 14 marzo, scatterà il licenziamento collettivo per i dipendenti rimasti (quasi tutte donne). L’annuncio arriva pochi giorni dopo l’ultimo incontro al ministero dello Sviluppo economico, concluso con scarse novità sul progetto di riconversione dello stabilimento da parte di un possibile acquirente, rimasto nell’ombra.

UN BRUTTO colpo di fine anno per le operaie, che si trovano protagoniste della fine di un’epoca (lo stabilimento fu fondato dalla famiglia forlivese Orsi Mangelli nei primi anni Quaranta). Erano 346, ora ne restano oltre 200, dopo che, in 80, hanno accettato l’incentivo di 23 mila euro per la mobilità, a febbraio....
Una parte delle lavoratrici ha cercato di tenere alta l’attenzione su quello che stava succedendo allo stabilimento da luglio 2010, quando la Golden Lady decise di chiudere la sede di Faenza e aprirne uno in Serbia. Ci hanno provato pure con le «brigate teatrali dell’Omsa» e con un documentario («Licenziata»)...

Roberta, Fulvia, Angela, Emanuela, Marina, Cristina e Antonella, invece, hanno scelto di restare ‘in prima linea’. Guardano i cancelli della fabbrica, che negli ultimi mesi hanno varcato solo per turni di quattro ore, 15 giorni al mese. «All’inizio eravamo in tante a protestare — commentano, amare —. Ora siamo sempre le stesse dieci o quindici: dicono che siamo estremiste, in realtà vogliamo solo lavorare».
Non si sono mai fatte prendere dalla rassegnazione. Ma la rabbia, quella sì, è tanta. Contro le istituzioni che «non hanno fatto abbastanza», contro una parte del mondo sindacale (accusata di aver accettato con troppo accondiscendenza la chiusura, stabilita due anni fa). Anche contro parte delle colleghe, che hanno smesso di lottare. «Augurarsi un buon 2012 è difficile — dice Marina Francesconi —. Trascorreremo l’ultimo dell’anno pensando a quello che succederà a marzo. Più che al futuro, mi viene da pensare a tutto quello che abbiamo passato in questi anni. Cose che una volta potevamo permetterci ora sono un miraggio. E la serenità non c’è mai, neanche a casa».

"Le segreterie regionali delle tre sigle sindacali (Cgil, Cisl e Uil) sostengono che quello della Golden Lady «è un comportamento provocatorio e arrogante»
Il comunicato congiunto parla di «colpo di mano» dell’azienda, che avrebbe deciso in fretta di andare in Serbia, «mettendo in ginocchio l’intero territorio faentino»...
Non nasconde un po’ di fastidio nemmeno la Regione. Che parla – per bocca dell’assessore regionale alle Attività produttive, Gian Carlo Muzzarelli – di «forzatura» rispetto agli «incontri già programmati» e alle idee sulla «reindustrializzazione» dell’area."


Sosteniamo l'appello delle donne Fiom contro il "contratto vergogna Fiat" ma...

Giriamo questo appello delle delegate metalmeccaniche a firmare per "l'abrogazione del contratto vergogna del gruppo Fiat" che proprio l'altro ieri si è esteso a tutte le fabbriche del settore auto.

Noi lavoratrici dello Slai cobas per il sindacato di classe diamo il nostro sostegno.

Ma sappiamo che purtroppo non basteranno le firme, nè referendum a fermare il fascismo padronale targato Fiat, che per le operaie unisce agli attacchi generali, forme odiose di attacco ai diritti come donne, discriminazione oggettiva oltre che soggettiva, maggiore oppressione generale.

E' necessario anche costruire una lotta che veda protagoniste le operaie che subiscono questo doppio attacco.
Alla Fiat molte operaie sono state in prima fila a dire no al piano Marchionne - scontrandosi con azienda e capi, ma anche spesso respingendo pressioni di mariti e famiglia affinchè non si esponessero - perchè anche questa, come hanno detto alcune operaie, è una lotta per la dignità!
Questa lotta, che si può concretizzare in uno sciopero delle donne lavoratrici, parte dalla Fiat ma interessa tutte le lavoratrici che subiscono l'intreccio dell'azione dei padroni e dell'azione del governo (vedi pensioni, estensione della precarizzazione, ecc.).

Il nuovo anno, per cui facciamo gli auguri a tutte le operaie, a tutte le lavoratrici, sarebbe importante e giusto se si aprisse con lo sciopero delle donne.

Forti saluti

Le lavoratrici, disoccupate dello Slai cobas per il sindacato di classe

24.12.11
cobasta@libero.it - mfpr@libero.it

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Appello delegate metalmeccaniche Fiom

Care donne,
firmate per l’abrogazione del contratto vergogna del gruppo Fiat PERCHE' toglie diritti e dignità a tutte e a tutti, cancella la libertà di opinione e sindacale, impedisce il diritto di sciopero, discrimina le donne, riduce lavoratrici e lavoratori a pura merce. In fabbrica e sulle linee di
produzione molte operaie già oggi denunciano condizioni di lavoro al limite della tollerabilità.

Intensificare i ritmi, spostare la mensa a fine turno, tagliare le pause, imporre 120 ore di straordinario obbligatorio, penalizzare le assenze per malattia, significa imporre un modello lavoro in cui tutte e tutti saremo destinati ad ammalarci di più, pagando con la nostra salute la produttività che Marchionne rincorre sui mercati. Studi scientifici dimostrano che le donne accusano più degli uomini danni da esposizione a ritmi e posizioni disagiate, a turni avvicendati a sovraccarico da stress.

L’accordo, invece di prestare particolare attenzione alla salute delle lavoratrici, al contrario è
vergognosamente discriminatorio nei confronti delle donne perché le esclude dal premio straordinario 2012 (i famosi 600 euro che saranno distribuiti a giugno 2012) se sono assenti per maternità, allattamento, congedi parentali, malattia figli e legge 104. Altro che parità! è un ritorno indietro di quarant’anni a prima della legge 903: lavoro con diritti ,scelta della maternità e di una vita familiare, non possono essere colpevolizzati e puniti in una logica in cui il tempo di lavoro mangia il resto della vita e la produttività a qualunque costo viene legittimata come bandiera di progresso.

La «modernità» della lotta delle donne per conquistare spazio e dignità nel lavoro e nella società è fortemente segnata dall’affermazione della libertà di scelta, ma nelle fabbriche del gruppo Fiat non sarà più possibile scegliere liberamente il sindacato: quelle di noi che scelgono la Fiom, si vedranno negato il diritto ad avere una propria rappresentante nei comitati aziendali per le pari opportunità, così come non potranno essere assistite dal proprio rappresentante sindacale nella contrattazione delle clausole flessibili nel part-time o nella difesa individuale in caso di contestazioni disciplinari.

Nè avremo più la possibilità di candidarci e di eleggere liberamente le Rappresentanze sindacali in azienda, perché l’accordo, firmato da sindacati complici, cancella le Rsu e legittima le nomine dall’alto da parte solo dei sindacati che hanno firmato l’accordo stesso.

Il diritto di eleggere i/le rappresentanti sindacali ha consentito anche in Fiat l’emergere di tante delegate capaci e forti anche di un’identità collettiva di genere nel lavoro, che dagli anni 70 ha permesso di superare il sindacato a sesso unico, con le donne fiore all’occhiello per politiche fatte dagli uomini.

Quale libertà per le donne se non potremo scegliere chi ci rappresenta.
Quale democrazia in fabbrica se le diversità di opinioni e il dissenso non hanno pari dignità e diritto di cittadinanza l contratto nazionale, la libertà di scioperare, di iscriversi al sindacato, il diritto di esprimersi senza ricatti sugli accordi sindacali e anche di rigettarli sono conquiste di civiltà e dignità che nessuno ha diritto di cancellare e di toglierci.

Per questo vogliamo abrogare l’accordo vergogna del 13 dicembre 2011 e chiediamo a tutte le donne in Fiat di contribuire con la propria firma a cancellarlo

- Rosa CARLINO,Giovanna DE LUCA, Maria EPIFANIA, Caterina GURZI', Nina LEONE di CARROZZERIE Mirafiori
- Caterina LUONGO, Fiorella MONTECALVO di POWERTRAIN Mirafiori
- Elisa MURGIA di PRESSE MIRAFIORI
- Emanuela SANMARTINO di FIAT RICAMBI Volvera
- Luana DALLA FRANCA di AUTOMOTIVE LIGHT Venaria
- Giuseppina COCOZZELLA, Simonetta DEL VESCO, Severina GARAVANA, Margherita MASTROMARINO di FIAT
SERVICES Torino
- Fernanda OLMO, Rita Loredana RUVA di FIAT FGA (Enti Centrali Mirafiori)
- Barbara TIBALDI della Fiom V^ LEGA Mirafiori
- Ivana CERIANI della MAGNETI MARELLI di Corbetta
- Grazia Di GIORGIO di FIAT di Cassino
- Carmela ABBAZIA di FIAT GROUP AUTOMOBILES Pomigliano
- Italia D'ACIERNO di FMA Avellino
- Serena BIONDI, Stefania FANTAUZZI di FIAT POWERTRAIN di Termoli
- Gidia Di SANTO, Silvia MARCHESANI, Manuela TUMINI della SEVEL di Atessa
- Pina IMBRENDA, Iolanda PICCIARIELLO della SATA di Melfi

FEMMINICIDIO DI CATANIA - "UCCISIONI DELLE DONNE, OGGI"

Torniamo sul tragico femminicidio di Stefania a Catania, riportando uno stralcio dall'opuscolo del MFPR "Uccisioni delle donne, oggi"

"...Spesso si tende a motivare il femminicidio come vicenda privata, frutto della gelosia, o di un raptus di follia. Ma anche esaminando specifici episodi, vediamo che le singole persone che uccidono trovano l’humus adatto, favorevole, che in un certo senso li fa sentire legittimate, niente affatto in colpa, anzi, quasi autorizzate. Questo humus è il moderno fascismo e questo rende differente oggi la questione della violenza sulle donne ed in particolare le uccisioni.
Certo le uccisioni, le violenze ci sono state anche negli anni passati, il problema è perché oggi. Noi dobbiamo denunciare e lottare contro le caratteristiche attuali delle uccisioni, delle violenze sessuali, interne a: clima politico – humus sessista-razzista – reazione, a volte preventiva, alle donne che si vogliono ribellare, che vogliono rompere legami oppressivi - ruolo della famiglia.
Oggi dobbiamo affrontare questa guerra, che ha questi terreni di combattimento.

Se prima le donne sopportavano in silenzio una violenza anche continua, oggi gli uomini non possono come prima contare su questo silenzio. Oggi le donne sopportano meno, rompono i rapporti, si ribellano, cacciano i fidanzati, i mariti ecc. “Tu devi essere mia, o sei mia o non sei”, questo è quanto ha detto un uomo prima di uccidere la sua ex fidanzata; è la rottura di questo concetto di possesso, di proprietà, che c’era anche prima ma che oggi, da parte delle donne viene messo in discussione, non viene accettato.
Queste uccisioni e violenze come reazione degli uomini alle donne che vogliono rompere i precedenti legami, la precedente vita sono delitti fascisti, perchè mossi da una concezione fascista di attacco ad ogni spinta di ribellione. Come fascista è spesso il clima generato di complicità diffusa pre e post uccisioni, in cui gli uomini vengono considerati perbene, e chi sa non parla e copre non solo perchè ha una concezione individualista, ma perchè ha la stessa concezione maschilista, fascista verso le donne.

L’altra questione che rende “nuovo” il femminicidio è il ruolo oggi della famiglia. La famiglia è stata sempre terreno di oppressione per la donna, di tomba dell’amore, di ghetto. Noi diciamo “in morte della famiglia” perché la maggior parte delle uccisioni avvengono nell’ambito familiare o di rapporti familiari. Che cos’è la famiglia? Perché la famiglia è morte? In termini sociali è la cellula della società, che esprime in sintesi processi, contraddizioni che avvengono poi nell’intera società. Il problema è che ora la famiglia, da un lato effettivamente è in crisi, non riesce più a conservare, ad essere un elemento di conservazione, nello stesso tempo viene iper-esaltata dalla Chiesa, dal governo, dallo Stato. Anche questo aspetto rende in un certo senso diversa, moderna la questione delle uccisioni delle donne..."

Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario

Stefania uccisa dal suo ex... contro la violenza sulle donne la nostra ribellione e lotta

Le donne devono ribellarsi contro la loro doppia oppressione! Non abbiamo niente da perdere se non le nostre catene! Ribellarsi è giusto

Sabi Palermo

studentessa aderente mfpr - 28/12/2011


e quante altre donne vengono spinte a uccidersi da chi le opprime, da chi le "tutela" , da chi "per il loro bene"hanno fatto di tutto!!!!!quante sono le donne che ancora subiscono soprusi e violenze in silenzio?
troppe,anche solo una e' troppo, anche solo una...!!!perche' anche solo una potrebbe rappresentare un'altra Stefania, un'altra tra le tante...che non ce l'ha piu' fatta a resistere da sola!
in una ripetuta epoca in cui il MASCHIO e' portatore di verita' assoluta (famiglia-societa'-sindacato-lavoro-politica-......) (ed e' tristemente ironica questa mia considerazione ) e dove la FEMMINA regna e prolifica per ESSO ,guardiamoci un po' intorno amiche , credo fermamente che dobbiamo essere, essere tante, essere unite, essere determinate ad essere , essere
Donne

per Stefania e per tutte le Donne: non fermiamoci,non stanchiamoci mai di lottare per il rispetto della nostra identita e della nostra grande forza interiore!

adele

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A Catania il sessismo uccide ancora - da http://www.infoaut.org

Ogni giorno che passa è un giorno in cui aggiornare il triste bollettino che vede le donne vittime della violenza di padri, mariti, fidanzati, zii e fratelli. I dati d’altronde parlano chiaro: in Italia sono 136 le donne uccise dall’inizio del 2011 e circa nell’ottanta per cento dei casi di violenza quotidiana (ma alcuni dati parlano addirittura del novantaquattro per cento) l’aggressore aveva le chiavi di casa. Non lo straniero, l’immigrato violentatore che arriva nel nostro paese per fare razzie e violenze, come i razzisti (sessisti) vogliono far passare ma il maschio italiano che vive sotto lo stesso tetto delle proprie vittime. Una vera e propria guerra a bassa intensità fatta di silenzi, di cronaca nera e di ordinario sessismo perpetrato ai danni di donne ree soltanto di essere persone, di rifiutare quel ruolo imposto dalla società e dalla famiglia, che le relega ad essere semplici corpi di proprietà dell’uomo di turno, che si tratti del padre o del fidanzato, e di voler autodeterminarsi vivendo la propria vita decidendo per sé stesse in base a ciò che è meglio per loro. La storia di Stefania, una ragazza della provincia di Catania, in questo senso non fa eccezione: Stefania era una studentessa di Lettere e Filosofia che qualche giorno fa è stata massacrata a coltellate dal fidanzato. Fidanzato che non ha risparmiato nemmeno i nonni, i quali, nel tentativo disperato di difenderla, sono stati massacrati insieme alla nipote. Stefania aveva appena 24 anni era una compagna, una che aveva partecipato intensamente al movimento dell’Onda rendendosi protagonista delle lotte studentesche con l’ostinata testardaggine che contraddistingue coloro che non accettano di subire il destino di sfruttamento e precarietà imposto dai potenti. Una che nel triste panorama della provincia di Catania, in quel minuscolo paesino di Licodia Eubea dove abitava, rappresentava l’anomalia che in qualche modo doveva essere normalizzata per essere ricondotta al triste ruolo di fidanzata perfetta domata e domabile. Nessun movente passionale o raptus di un folle, come tentano di far passare i media ufficiali in un’ottica giustificazionista, ma lucido progetto di un uomo, il fidanzato, incapace di accettare il rifiuto di chi ha deciso di vivere la propria vita per sé stessa, lasciandosi il passato alle spalle. Rifiuto, quello di Stefania, pagato a prezzo della vita stessa, sublimato in quell’omicidio carico di tutta la brutalità e la violenza indirizzata contro chi merita di essere punita per la propria insubordinazione. Gesto di un fidanzato ancora legittimato da una società che vuole le donne investite di stereotipi che le relegano ai ruoli (solo apparentemente dicotomici) o di arriviste disposte a tutto pur di scalare la vetta o di angeli del focolare disposte a qualunque sacrificio pur di salvare la morale e la famiglia. Rappresentazioni queste del tutto fuorvianti che in comune hanno il fatto di dipingere la donna sempre come oggetto e mai come soggetto delle proprie azioni e della propria vita e che fungono da cornice al sessismo dominante e al femminicidio (perché di questo si tratta) che avviene ogni giorno nel Bel Paese.

Fermare questa guerra è possibile e necessario e Stefania in qualche modo ne aveva tracciato l’esempio: bisogna rifiutare con forza ogni logica vittimista e di delega che vuol le donne sempre in secondo piano, riappropriarci di quel protagonismo nella vita come nelle lotte, avendo presente che l’unica emancipazione possibile sta nella rivolta e nell’abbattimento dello stato di cose presente.

28 dicembre 2011

28/12/11

Egitto: dichiarato illegale il test della verginità imposto dai militari alle donne in lotta!

Egitto: dichiarato illegale il test della verginità!

27 dicembre 2011

«La corte ordina che la pratica dei test di verginità sulle ragazze all’interno delle carceri militari sia fermata»: raramente riporto parole di un giudice, ma questa volta quelle di Ali Fekry hanno lasciato un segno importantissimo, grazie a Samira Ibrahim.

Non sarà più possibile per i militari egiziani, eseguire il test di verginità a chi viene fermato, quindi alle attiviste o alle lavoratrici fermate durante manifestazioni e scioperi: questo schifoso abuso, normalmente perpetrato sui corpi delle egiziane è ora dichiarato ufficialmente ILLEGALE.
Fuori legge.
Nessuno più potrà chiedere ad una donna se è vergine o no, nessuno più potrà eseguire test per accertare o no la veridicità di quanto dichiarato: Samira è una donna di 25 anni, di cui vedete il volto in questa foto, che si sta battendo contro la tortura in Egitto, cercando di inserire la pratica del “virginity test” tra quelle da combattere e debellare: lei è stata arrestata il 9 marzo insieme ad altre 16 donne, ed è rimasta in stato di fermo per quattro giorni durante i quali è stata ripetutamente picchiata per poi esser sottoposta al test, davanti a diversi soldati.
Un abuso sessuale che l’ha cambiata irrimediabilmente: a giugno ha infatti poi sporto denuncia contro l’esercito, ed è riuscita a far aprire il processo, conclusosi oggi. L’ha fatto quasi completamente sola, o almeno senza l’aiuto di alcun esponente islamico, malgrado la sua condizione di donna non sposata e di musulmana osservante.
E’ andata!
Una vittoria incredibile per tutte le donne d’Egitto: una percorso coraggioso portato avanti da una piccola donna, fino alla vittoria.
Il verdetto si è trasformato in un grande boato festoso delle centinaia di donne ed attivisti che attendevano fuori. E il pensiero non può che andare a Maikel Nabil, che è in condizioni sempre peggiori, detenuto in un carcere militare, condannato a 3 anni di prigionia per aver scritto contro l’esercito e per essersi soprattutto mobilitato a fianco delle donne di Tahrir, contro il test della verginità.

FREE MAIKEL, FREE ALL PRISONERS, FREE EGYPT

http://baruda.net/2011/12/27/egitto-dichiarato-illegale-il-test-della-verginita/

23/12/11

Se toccano una toccano tutte! Al fianco di Mimma e delle lavoratrici policlinico in lotta a PA



SE TOCCANO UNA TOCCANO TUTTE!!!

La repressione sul lavoro non spegne ma alimenta la nostra doppia ribellione, scendiamo questa mattina in protesta al fianco di Mimma, delegata dello Slai Cobas per il sindacato di classe, e di tutte le lavoratrici in lotta al Policlinico di Palermo La lotta che intreccia la questione di classe alla questione di genere non può essere delegata ma deve essere combattuta in prima linea contro tutta l'arroganza e il maschilismo che dirigenti, istituzioni, padroni... cercano di mettere in campo ogni giorno contro noi donne

precarie Coop Sociali e lavoratrici della scuola
organizzate nello Slai Cobas per il sindacato di classe

*****

‎...E FIOM KELLER PALERMO ...IN LOTTA ...CONDIVIDE...

operai Keller

*****

Anche nei giorni pre-festivi del natale, sempre più di crisi e sempre più "precario", si sta a fianco di chi lotta e subisce una repressione che va al di là di quello che si mette in conto preventivamente, quando si avviano percorsi di autorganizzazione, di lotta, fuori dal solito coro di sindacati (e sindacalisti-e) complici o ex concertativi (che magari vorrebbero tornare ad esserlo...). La nostravicinanza e sostegno anche a distanza, a Mimma e alle sue colleghe, che come le combattive lavoratrici di coop sociali e della scuola, non intendono cedere a ricatti, pressioni, ingiustizie. Se irapporti di forza saranno favorevoli, oltre all'impegno, la resistenza un minuto più dei padroni,pubblici o privati e dei loro cani da guardia, le cose cambiano e non sempre in peggio...

Saluti a tutte-i

Unione Sindacale Italiana - segreteria nazionale confederale

________________________

Comunicato stampa Palermo, 22 dicembre 2011


Continua la campagna di denuncia e lotta contro il Policlinico e di difesa della nostra delegata cui è stata applicata la sanzione disciplinare sottraendole 1.500 euro dallo stipendio, nonostante ci sia in corso la vertenza legale.

Il Dirigente La Rocca dovrà pagare anche questo!

È stato già fatto un volantinaggio massiccio e sono state affisse le locandine, che sono stati accolti positivamente dalle lavoratrici e dai lavoratori

***

VENERDI’ 23 DICEMBRE, ORE 10.00SIT-IN e ASSEMBLEA ALL’APERTO Davanti la
direzione generale

Giù le mani dall’indennità di amministrazione!
Basta al massacro dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori!
Basta a contratti spazzatura!
Basta l “comitato d’affari”, all’arroganza e strapotere di Azienda e
sindacati, che decidono sulla nostra pelle!
Basta ai privilegi e al continuo arricchimento della KASTA!
Basta al clientelismo sindacale!
Basta alla violazione della legge sulla “salute e sicurezza”e alla lesione
della salute dei lavoratori!
Basta allamortificazione della dignità professionale egli infermieri,
spremuti
etrattati come tappabuchi!
Basta all’indecente qualità dell’assistenza ai malati!
Basta alla grave carenza igienico-sanitaria!
Basta ai ricatti,alle ritorsioni, alle discriminazioni, ai trasferimenti punitivi, almobbing!
Giù le mani dalla dirigente del COBAS, colpita perchédifende i diritti deilavoratori e dei malati!
Contro i diritti negati e la politica dei sacrifici, sempree solo per i più deboli;
Contro ladittatura del manager e il moderno fascismo che avanza anche al Policlinico,grazie alla connivenza dei sindacati di regime, non basta lamentarsi, è necessariala RIBELLIONE,l’UNITA’ e la RESISTENZA di lavoratrici e lavoratori.
L’immobilismo e la rassegnazione portano solo alla sconfitta perenne e alla morte dei diritti e ella dignità!

COBAS Policlinico Pa,22.12.11

Slai Cobas per il sindacato di classe

Siamo tutte con Marinella: mobilitazione a milano

“Si è divertita pure lei”...”..E' colpa sua”

Così, in una trasmissione di canale 5, gli abitanti di Montalto di Castro si sono espressi sulla ragazza, allora quindicenne, che il 31 marzo 2007 è stata violentata da otto giovani di Montalto dopo una festa di compleanno.

Un paese schierato, tranne alcune coraggiose donne, dalla parte dei violentatori e contro la giovane accusata di essersela cercata e, in questo, un ruolo attivo ha avuto il sindaco del paese, zio di uno degli stupratori, che, all'indomani dello stupro, mise a disposizione dei “bravi ragazzi” quarantamila euro per la loro difesa col risultato che il giudice decise, nonostante l'ammissione delle violenze, di sospendere il processo ed affidare i violentatori ai servizi sociali.

Una vicenda che fa tornare a 30 anni fa le donne, in cui le concezioni sessiste con la colpevolizzazione delle donne espressa pubblicamente sono inequivocabili, in cui si intrecciano maschilismo, humus reazionario, uso “privato” delle istituzioni e dei ruoli istituzionali a difesa della propria “famiglia” e dei suoi rampolli, quella famiglia in cui sempre più aumentano le violenze sulle donne fino all'uccisione.

Così scrivevamo all'indomani della trasmissione, nel 2009. Nella settimana simbolo della lotta contro la violenza sulle donne una manifestazione determinata e combattiva di femministe e lesbiche si tenne a Montalto di Castro che ebbe il merito di contrastare sul campo pratiche e idee fasciste, maschiliste, sessiste, in sostegno e solidarietà con le poche, coraggiose donne di Montalto che si erano espresse contro i violentatori, per essere al fianco di Marinella.

Il 22 dicembre 2011, finalmente, dopo la decisione della Cassazione che ha respinto il ricorso degli imputati si tiene il processo contro gli otto “bravi ragazzi”.

Anche oggi, in concomitanza con l'inizio del processo, siamo a fianco di Marinella, perchè vinca fino in fondo la sua battaglia. Battaglia che è di tutte le giovani, le donne di questo paese, contro oppressione, contro violenza sessuale

GIOVEDì 22 DICEMBRE A MILANO VOLANTINAGGIO ITINERANTE

per ogni donna stuprata e offesa siamo tutte parte lesa

sono bravi ragazzi e di famiglia buona, chi stupra le donna non si perdona

movimento femminista proletario rivoluzionario- Milano

mfprmi@gmail.com

Violenza sessuale: maresciallo a giudizio, 15 le vittime

(ANSA) - MILANO, 21 DIC - Salgono a 15 le donne che avrebbero subito abusi sessuali da parte dell'ex comandante dei carabinieri della stazione di Parabiago (Milano) Massimo Gatto, arrestato a giugno per violenza sessuale su 7 donne. E' quanto emerge dal decreto firmato dal gip Enrico Manzi che ha disposto il processo per il militare (iniziera' il 15 febbraio prossimo).

Nella lista dei testimoni compariranno anche altre 5 donne, che secondo le indagini condotte dal pm Cristiana Roveda avrebbero subito abusi, ma per cui i fatti si sono prescritti. (ANSA).

10.000 donne egiziane marciano contro la violenza e il governo militare



10.000 donne egiziane marciano contro la violenza e il governo militare

di Salma Shukrallah, Jadaliyya

20 dicembre 2011- Le donne organizzano una manifestazione di massa contro la brutalità militare seguente all'ondata di atti di violenza contro le manifestanti donne che hanno sconvolto milioni di persone; i manifestanti chiedono la fine del governare dell'esercito.

Spinte dall'immagine di tre soldati che strappano i vestiti ad una manifestante lascandola nuda e aggredendola con violenza, migliaia di donne hanno marciato martedì da Piazza Tahrir del Cairo al vicino Sindacato della stampa gridando slogan: "Le donne egiziane sono una linea rossa" e "Abbasso il governo militare."

Donne di ogni età e provenienza si sono radunate sul complesso amministrativo Mogamma in piazza Tahrir dopo l'appello uscito su Facebook per la marcia di protesta delle donne per esprimere la condanna delle immagini - attualmente in circolazione nei media online e sui giornali - di giovani donne molestate, picchiate e denudate da personale militare.

Alcune manifestanti indossavano il velo, altre no, altre ancora indossavano il niqab, o velo islamico che copre tutto il viso. Alcune donne copto-cristiane che anche loro hanno partecipato al corteo hanno portato le immagini di Mina Danial, attivista copta uccisa durante un attacco sui manifestanti copti dai militari nel mese di ottobre. Altre manifestanti portavano bandiere egiziane con il simbolo della croce-e-mezzaluna.

Anche le donne anziane sono state anche tra le manifestanti, sfidando la lunga marcia da Tahrir al Sindacato della stampa, nonostante la salute debole e il disagio evidente per gli eventi recenti. Molte madri hanno preso partecipato con le loro figlie.

"Sono venuta perché mi oppongo alla violenza contro le donne, perché mi oppongo alla violenza contro ogni egiziano", ha detto la contestatrice Noha El-Khouly, che ha saputo della marcia da sua figlia.

"Le donne sono state prese di mira da quando ci sono stati gli scontri a Mahmoud Mohamed il mese scorso, quando gli uomini sono stati mandato per molestare sistematicamente le attiviste donne", ha detto la manifestante Somaia Ahmed, di 17 anni, membro della campagna 'No ai processi militari'. "Negli ultimi sit-in, le donne sono state l'obiettivo primario dei militari. Questi attacchi non sono una coincidenza. "

Anche se Ahmed crede che la marcia di martedì sia stata più di carattere umanitario che politico - con la maggior parte donne che sono venute semplicemente per mostrare la loro opposizione alla violenza - molti dei canti che si sono sentiti durante l'evento portavano profondamente connotazioni politiche. Molti condannavano il governo militare, mentre altre chiedevano un rapido passaggio dal potere esecutivo ad un'autorità civile eletta.

"Non abbiamo paura, lo diciamo ad alta voce, il consiglio se ne deve andare", hanno cantato, insieme all'altro: "Vogliamo uno stato civile, abbasso il governo militare."

Le manifestanti hanno inoltre richiamato parallelismi tra il consiglio militare al potere in Egitto e il passato regime del deposto presidente Hosni Mubarak. "Il consiglio ha trasformato l'esercito facendolo diventare come la polizia," alcuni hanno gridato.

Nel 2005, alcune manifestanti sono state allo stesso modo denudate e aggredite da assalitori /teppisti legati alla polizia, nel tentativo di terrorizzare le donne e tenerle lontane dalla partecipazione politica.

Le donne durante il corteo di martedì hanno portato cartelli raffiguranti un volto di donna e la mano di un soldato con la scritta: "La tua mano dovrebbe essere tagliata".

Mentre le donne sfilavano da piazza Tahrir a Talaat Harb Street nel centro del Cairo, decine di sostenitori hanno espresso solidarietà dai balconi circostanti. Le manifestanti hanno invitato coloro che guardavano dalle loro case e dagli uffici a scendere e unirsi alla marcia.
Anche numerosi passanti si fermavano per esprimere la loro simpatia per la causa delle manifestanti. Un certo numero di uomini, desiderosi di aiutare, hanno circondato le donne, come scudi umani contro qualsiasi potenziale attacco.

Il numero delle manifestanti è aumentato gradualmente fino a quando il corteo ha raggiunto il Sindacato della Stampa, dove era in corso un'altra manifestazione organizzata dai parlamentari per una simile protesta contro la violenza militare.

Nel momento in cui il corteo delle donne ha raggiunto il sindacato, il numero di manifestanti ha superato le 10.000 persone, dopo di che si è fatto ritorno a Tahrir Square.

http://revolutionaryfrontlines.wordpress.com/2011/12/20/10000-egyptian-women-march-against-military-violence-and-rule/

Una lettera dalla migrante Adama

da www.migranda.it

Pubblichiamo la lettera inviata da Adama alle donne e agli uomini, migranti e italiani, che oggi stanno manifestando a Milano in occasione della giornata di mobilitazione globale per i diritti dei migranti, alla quale è stata invitata a partecipare con la sua voce dalle donne che hanno condiviso e sostenuto la sua lotta, e il percorso di Migranda.

Care donne, cari uomini a Milano,

sono uscita dal CIE la notte del 30 novembre, dopo tre mesi. Uscire è stata una gioia. Nel CIE, chiusa in una stanza vuota, da sola perché ero l?unica senegalese, ero malata sempre. Non riuscivo a mangiare, non potevo dormire. Pensavo ai miei figli, avevo paura che non potessero andare più a scuola perché dipendevano del tutto da me. Sono stata portata nel CIE perché non avevo documenti.

Il giorno che mi hanno portata lì, il 26 agosto, nessuno mi ha chiesto che cosa mi era successo. Ho sempre lavorato in Italia, anche senza documenti. Nel CIE però c’erano tante donne e tanti uomini che avevano avuto i documenti, ma li hanno persi perché non c’era più lavoro.

Nel CIE c’erano quaranta donne. Una di loro aveva i suoi figli qui in Italia, portati via dai servizi sociali. Per due volte hanno cercato di rimandarla nel suo paese, la Nigeria, separandola dai suoi figli per sempre. Nei CIE non importa qual è la tua storia.

Immaginate che cosa vuol dire stare diciotto mesi, un anno e sei mesi, senza fare niente. I CIE devono essere chiusi. La legge Bossi-Fini deve essere cambiata.

Quando ero nel CIE non potevo immaginare che tanta gente si unisse per chiedere la mia liberazione. Leggere tante firme sotto l’appello è stato importante. Ringrazio tutte e tutti, anche coloro che oggi stanno manifestando contro il razzismo che ha ucciso i ragazzi di Firenze. E spero che questa partecipazione vada avanti, finché i CIE non saranno chiusi e tutti i migranti liberati dalla legge Bossi-Fini.

Adama

14/12/11

la lotta delle donne in Tunisia... intervista ad Amina dell'Associazione tunisina donne democratiche (ATFD)

3 septembre 2011, au local de l'Association tunisienne des femmes démocrates (ATFD), à Sousse.

- Nous nous trouvons au local de l'ATFD , peux-tu nous dire, Amina, quand cette organisation de femmes a-t-elle été créée ?

En 1989. Et c'est la seule année où l'association a perçu des subventions, lors de sa création, car ensuite, comme elle a refusé tout compromis avec le RCD, elle n'a plus reçu de financement. Actuellement nous faisons un dossier pour récupérer des fonds, et au moins des locaux, car nous n'en avons qu'à Tunis et à Sousse.

Quel rôle jouez-vous en direction des femmes tunisiennes ?

Ici, nous avons ouvert un centre d'aide aux femmes victimes de violences, où nous travaillons selon trois axes : accueil, écoute, orientation. Nous ne pensons pas avoir la solution aux problèmes des femmes : il faut l'élaborer ensemble à partir de l'écoute qui débouchera sur une aide psychologique et/ou juridique, l'essentiel étant de créer la confiance. Le contact humain est essentiel, les enfants de ces femmes souffrent aussi, et lorsqu'ils sont témoins de violences, ils mettent toujours la mère en accusation en protégeant l'image du père. De victimes, beaucoup de ces femmes se ressentent coupables !

Et dans le contexte actuel, après le 14 janvier, quelles sont vos priorités ?

Les féministes alliées aux militants des partis progressistes viennent de gagner la bataille de la parité sur les listes électorales. L'enjeu également, c'est qu'il y ait une alternance Femme/ Homme pour les listes de gauche. Nous sommes fières d'avoir refusé tout compromis ou dédommagement financier pour non-mixité de liste : aucune liste non mixte n'a été validée,même les islamistes ont dû s'y plier !

Comment vous faites-vous connaître des femmes ?

Nous menons une « Caravane des femmes » » à travers le pays, en tenant des stands publics, ce qui nous assure de nombreux contacts. A Tunis cela s'est bien passé, mais à Kairouan, Ennahda est venu pour saboter nos interventions, déchirer les affiches, ayant même payé le voyage de certaines femmes voilées pour les soutenir dans leur opposition à « une réunion contre Dieu » ! Certaines se sont aperçues du piège.

- Les islamistes sont-ils un danger pour la Tunisie de demain ?

- Moins qu'on ne peut le croire, car la mixité est installée dans toute la vie des Tunisiens (école, travail, associations), et il y a des acquis sur lesquels il n'y aura pas de recul, la polygamie par exemple ! Par ailleurs, il faut souligner que chaque fois qu'on les interroge sur leur programme économique, ils n'ont rien à répondre. Bien sûr, ils ont de l'argent et des moyens, mais pas de vision pour l'avenir de la Tunisie.

- Et le divorce, comment cela se présente pour les femmes tunisiennes ?

- Sur le papier, sur le plan du droit, pas de problème, une femme peut en avoir l'initiative. Mais dans la réalité, les pensions versées par le père pour aider à l'éducation des enfants jusqu'à 16 ans ne suffisent pas. Beaucoup de femmes ne peuvent pas se permettre de divorcer par manque de ressources.

- Que pensez-vous du droit inégal des femmes à l'héritage ?

- C'est un des enjeux de la future Constitution. Actuellement les femmes, selon les situations, perçoivent un tiers ou un huitième d'héritage, ce qui parfois ne leur permet même pas de conserver leur domicile ! Nous revendiquons bien sûr l'égalité absolue .

- Et la garde des enfants ?

- La législation établit que, si dans une entreprise il y a 40% de femmes, le patron doit proposer une crèche d'entreprise, mais cela n'est pas appliqué. Nous devons nous battre pour faire appliquer le droit.

- Pensez-vous que les femmes prennent toutes les responsabilités qu'elles sont capables d'assumer dans la vie publique ?

- Loin de là. On peut donner l'exemple du secteur textile où les ouvrières représentent 70% des effectifs, mais les dirigeants de l'UGTT du secteur sont encore des hommes ! Pourtant, les ouvrières du textile sont des femmes courageuses : elles ont mené une lutte de résistance contre des licenciements à Djerba, lutte soutenue par l'ATFD qui a organisé des réunions clandestines (en 2008) et vendu des écharpes et sacs d'artisanat réalisés par les ouvrières.

- Dans quel autre secteur s'est-il passé des luttes de femmes ?

- Dans la région de Gafsa, où les mineurs ont fait des grèves en 2008, une quinzaine d'entre eux ont été arrêtés et emprisonnés. Des mères et sours de mineurs ont alors planté la tente devant l'entrée de la mine et y sont restées durant un mois et demi pour dénoncer la répression. Leurorganisation et leur courage ont préparé le terrain de la Révolution. Cela, on ne l'oublie pas !

- Comment allez-vous continuer à exercer votre vigilance pour assurer les droits des femmes ?

- Nous avons créé récemment une structure de « monitoring des médias » composée d'une trentaine de jeunes chargés de surveiller la parité dans le secteur de l'information : presse, radio, télé. Actuellement, seuls quelques hommes démocrates comprennent et soutiennent le combat des femmes. Pour beaucoup « ce n'est pas le moment », mais nous allons continuer à avancer !

Brigitte Clément

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Il 3 settembre 2011 presso la sede dell'Associazione tunisina delle donne democratiche (ATFD), a Suosse.

Noi ci troviamo presso la sede dell'ATFD, puoi dirci, Amina, quando questa organizzazione di donne è stata fondata?

Nel 1989. E questo è l'unico anno in cui l'associazione ha ricevuto sovvenzioni, fin dalla sua fondazione, perché dopo, dato che ha rifiutato ogni compromesso con il RCD, non ha più ricevuto finanziamenti. Attualmente facciamo un dossier per recuperare fondi, almeno a livello locale, perché siamo presenti a Tunisi e a Sousse.

Che ruolo avete nella direzione delle donne tunisine?

Qui, noi abbiamo aperto un centro di accoglienza per le donne vittime di violenza dove lavoriamo sulla base di tre aspetti: accoglienza, ascolto, orientamento. Noi non pensiamo di avere la soluzione ai problemi delle donne: occorre sviluppare insieme a partire dall'ascolto in un ambito psicologico e/o giuridico, importante è creare un clima confidenziale. Il contatto umano è fondamentale, i figli di queste donne soffrono anch'essi, e fino a quando sono testimoni di violenze, mettono spesso la madre sotto accusa proteggendo l'immagine del padre. Da vittime molte di queste donne si sentono colpevoli.

E nel contesto attuale, dopo il 14 gennaio, quali sono le vostre priorità?

Le femministe insieme alle militanti dei partiti progressisti hanno conquistato la battaglia sulla parità delle liste elettorali. L'obiettivo allo stesso modo è quello di avere un'alternanza uomo/donna per le liste di sinistra. Noi siamo fiere di avere rifiutato ogni compromesso o risarcimento finanziario per liste non miste: nessuna lista non mista è stata validata, gli stessi islamici si sono dovuti piegare.

Come vi fate conoscere dalle donne?

Noi conduciamo una "Carovana di donne" attraverso il paese, tenendo assemblee pubbliche, che ci permettono di prendere numerosi contatti. A Tunisi è andata bene, ma a Kairouan, Ennahda è venuto per sabotare i nostri interventi, a strappare i manifesti, pagando il viaggio ad alcune donne velate per sostenerli nell'opposizione a "una riunione contro Dio"! Alcune hanno scoperto la trappola.

Gli islamici sono un pericolo per la Tunisia di domani?

Meno di quanto si possa credere, perché la mescolanza è di routine in tutta la vita dei tunisini (scuola, lavoro, associazioni), e ci sono delle cose acquisite sulle quali non si può tornare indietro, la poligamia per esempio! Inoltre,occorre sottolineare che ogni volta che abbiamo chiesto loro il programma economico, non hanno nulla da rispondere. Certamente hanno i soldi e i mezzi, ma nessuna visione per il futuro della Tunisia.

E il divorzio, come si presenta per le donne tunisine?

Sulla carta, sul piano del diritto. Nessun problema, una donna può prendere l'iniziativa. Ma nella realtà, gli assegni versati dal padre per provvedere all'educazione dei figli fino a 16 anni non sono sufficienti. Molte donne non possono permettersi di divorziare per mancanza di soldi.

Che cosa pensate del diritto ineguale delle donne all'eredità?

E' una delle sfide della futura Costituzione. Attualmente le donne, secono la situazione, percepiscono un terzo o un ottavo dell'eredità, cosa che a volte non permette loro di mantenere la loro abitazione! Noi rivendichiamo sicuramente l'uguaglianza assoluta.

E la cura dei bambini?

La legge stabilisce che se in una impresa vi è il 40% di donne, il padrone deve proporre una asilo aziendale, ma ciò non è applicato. Noi dobbiamo batterci per fare applicare questo diritto.

Pensate che le donne ottengono tutte le responsabilità di cui sono capaci nella vita pubblica?

Per niente. Si può portare l'esempio del settore tessile dove le operaie sono il 70% effettivo, ma i dirigenti dell' UGTT del settore sono ancora uomini! Ancora, le operaie del tessile sono donne coraggiose: esse hanno fatto una lotta di resistenza contro i licenziamenti a Djerba, lotta sostenuta dall'ATFD che ha organizzato riunioni clandestine (nel 2008) e venduto sciarpe e borse artigianali fatte dalle operaie.

In quale altro settore ci sono state lotte di donne?

Nella regione di de Gafsa, dove i minatori hanno fatto scioperi nel 2008, una quindicina di loro sono stati arrestati e messi in carcere. Delle madri e sorelle di minatori hanno allora piantato la tenda davanti l'ingresso della miniera e sono rimaste un mese e mezzo per denunciare la repressione. La loro organizzazione e il loro coraggio hanno preparato il terreno della Rivoluzione. Questo non si deve dimenticare!

Come volete continuare a esercitare la vostra vigilanza per assicurare i diritti delle donne?

Abbiamo crato recentemente una struttura di "monitoraggio dei media" composta da una trentina di giovani incaricati di sorvegliare la partà nei settori dell'informazione: stampa, radio, televisione. Attualmente, solo alcuni uomini democratici comprendono e sostengono la lotta delle donne. Per molti "non è il momento", ma noi noi continueremo ad avanzare!

Brigitte Clément

*DA UNA SPONDA ALL'ALTRA: VITE CHE CONTANO * appello per i migranti tunisini dispersi

Sosteniamo l'appello

Forte solidarietà alle donne tunisine in lotta con le loro famiglie dalla
Tunisia al nosto paese...
Contro razzismo e moderno fascismo la lotta deve essere una

movimento femminista proletario rivoluzionario

Carissime,

in questi giorni circola un appello dei familiari dei migranti tunisini dispersi. Come sapete, subito dopo la rivoluzione molti giovani sono partiti verso l'Europa rivendicando la loro libertà di movimento. Di circa 500 di loro non ci sono più notizie.


Le famiglie dei migranti dispersi, dopo essere state ignorate dalle istituzioni tunisine, italiane ed europee, si sono organizzate attorno a questo appello per pretendere che le impronte, che servono per schedare le persone e ostacolarne la libertà di movimento, vengano utilizzate in questo caso per sapere se e dove siano arrivati i loro figli.

Come gruppo di donne, Le2511, abbiamo assunto questo appello perché pensiamo sia un atto politico fare più rumore possibile per far tacere il silenzio del mare denunciando la colpa delle politiche di governo delle migrazioni, e perché vogliamo rendere visibile che in Africa e in Europa ci
sono donne e uomini che reagiscono al dolore chiedendo con forza che nessuno possa scomparire così, in mare come nei centri di identificazione ed espulsione e nelle prigioni.

Mentre le famiglie in Tunisia si mobilitano affinché il Ministero degli Esteri tunisino chieda al Ministero degli Interni italiano una verifica sulle impronte, noi, insieme ad alcune donne tunisine, qui in Italia ci stiamo mobilitando affinché il Ministero degli Interni raccolga questa richiesta rendendo pubblica la procedura di verifica di cui vogliamo controllarne gli esiti.

A Parma a Milano a Tunisi lo striscione *Da una sponda all'altra: vite che contano* e (in arabo) *Dove sono i nostri figli?* verrà esposto *sabato 17 dicembre*, nell'anniversario della morte di Mohamed Bouazizi che ha dato inizio alla rivoluzione tunisina, e in occasione della Giornata di azione globale contro il razzismo e per i diritti dei migranti. Nel pomeriggio di sabato noi saremo a Milano all'arrivo della manifestazione alla stazione centrale, e raccoglieremo le firme per l'appello.

Per il prossimo gennaio ci sarà una giornata di informazione pubblica a Milano in preparazione dell'iniziativa che stiamo organizzando per il 14 gennaio 2012, anniversario della rivoluzione, insieme alle donne tunisine.

Vi chiediamo di firmare l'appello che trovate qui sotto e di contattarci se volete condividere questo percorso (venticinquenovembre@gmail.com)

Il desiderio dei familiari dei migranti tunisini dispersi per la vita dei loro figli è talmente radicale da superare confini e barriere e giungere sino a noi che non possiamo restarne indifferenti perché con sé porta il desiderio di libertà che quegli uomini e donne hanno agito nell'attraversamento dello spazio.

Le2511

*http://leventicinqueundici.noblogs.org/*

per contatti: venticinquenovembre@gmail.com

*Appello per i migranti tunisini dispersi*

*Prova a immaginare: tuo fratello o tuo figlio parte e non dà più notizie di sé dopo la sua partenza. Non è arrivato? Non lo sai, potrebbe essere stato arrestato nello stato di arrivo che non prevede che si possa arrivare semplicemente partendo e che per questo arresta quelli che arrivano mettendoli nei centri di detenzione o in prigione. Aspetti qualche giorno, guardi immagini alla televisione del luogo in cui potrebbe essere arrivato, per sperare di vederlo. Capisci anche che tuo figlio o tuo fratello non è l’unico a non aver telefonato dopo essere partito. Insieme alle altre famiglie chiedi allora alle autorità del tuo paese di informarsi, di capire se sono tutti in qualche carcere, speri che lo siano anche se temi che non vengano trattati bene. Ma le autorità non fanno nulla, non chiedono e non ti ascoltano, per mesi. Tu nel frattempo fai presidi, manifestazioni, parli con i rappresentanti di alcune associazioni, con i giornalisti, porti la foto di tuo figlio o di tuo fratello ovunque, ti affidi a ogni persona che viene dall’altro paese, le dai le foto, la data di nascita, le impronte digitali. Vuoi sapere. Ma non accade nulla e cominci a immaginare: potrebbe essere in una cella di isolamento, potrebbe essere stato arrestato come passeur, potrebbe essersi rivoltato nel centro di detenzione, potrebbe…. Potrebbe essere in Italia, ma forse a Malta, forse in Libia. *

*Immagini, tu? Per alcune e alcuni di noi non si tratta di immaginare perché è quello che ci è successo. Sono partiti dalla Tunisia con le barche e in molti non hanno più dato notizia di sé. Sono morti? Sono in carcere? Sono…? *

*Per saperlo chiediamo ora alle autorità italiane e tunisine di collaborare. Sarebbe molto semplice, perché in Tunisia le carte di identità sono con le impronte digitali e in Italia esistono i rilievi dattiloscopici dei migranti identificati o detenuti. Chiediamo, allora, che i parenti dei
dispersi possano fare una domanda al Ministero degli esteri tunisino affinché fornisca le impronte digitali al Ministero degli interni italiano e a questo chiediamo di rispondere. *

*Immagini, tu? Se riesci a immaginare ti chiediamo di sostenere con una firma questo appello. *

*Per firmare: **venticinquenovembre@gmail.com*

11/12/11

LE DONNE DEL CETO DI “SE NON ORA QUANDO” APPOGGIANO MONTI E VOGLIONO PER SE' META' POTERE

In queste settimane si sta confermando in pieno il carattere/la deriva, da noi denunciata in occasione del 13 febbraio, del ceto dirigente di "Se non ora quando", una deriva già riformista, elettoralista che ora si accompagna ad una ideologia oggettivamente di destra, e in cui non mancano neanche concezioni razziste e ad una richiesta esplicita di far parte di questo potere borghese.

La lettera/appello che ha indetto la mobilitazione di oggi, 11 dicembre, ne è una evidente dimostrazione. Si tratta infatti di un appello semplicemente vergognoso!

I termini che vengono usati per parlare delle donne: “italiane per nascita o per scelta”, “cittadine”, “sorelle compagne amiche, figlie e madri”, “siamo quelle che tengono insieme affetti e lavoro, cura e responsabilità, libertà e senso del dovere”, sono, senza tanto sforzo di memoria, concezioni, terminologie di fatto di destra.

Le donne a cui le “egregie signore” di Snoq si rivolgono devono avere il marchio doc di “italiane”, queste solo contano, non quindi le immigrate che stanno nel nostro paese - a meno che non rinuncino alla loro identità nazionale e “scelgano” di essere italiane (perchè così sono più civili?); lo stesso termine “cittadine” oltre che inaccettabile nel suo interclassismo (così tutte siamo cittadine dalla Marcegaglia alle operaie sfruttate nelle sue fabbriche) è fortemente discriminatorio.

Per Snoq torna, poi, l'etichettare le donne per i loro ruoli, e soprattutto per il loro ruolo nei rapporti familiari, in rapporto agli uomini: “sorelle, compagne, amiche, figlie e madri” che devono farsi il c. per tenere insieme “affetti e lavoro, cura e responsabilità, libertà e senso del dovere”.

Neanche la maggiorparte degli esponenti dei partiti parlamentari ha osato arrivare a queste esplicite affermazioni!

Queste “egregie signore” centrano poco con la maggioranza delle donne.

Le iniziative che fanno le rivolgono al loro ceto sociale, medio borghese, e strati superiori della piccola borghesia e al loro ceto politico di riferimento, partiti del centrosinistra, esponenti dei sindacati confederali; tutte interne, quindi, a questo sistema economico e politico borghese. Al convegno che volevano tenere il 10/11 dicembre a Bologna poi spostato a nuovo anno, non a caso dovevano fare da ospiti d’onore la Marcegaglia, la presidente delle Donne di Banca Italia, la Camusso.

Come è vero che non basta essere donne, né dirsi femministe. La classe non è acqua!

Con il governo Monti il vero sentire del ceto di snoq ha trovato il suo habitat di riferimento, per una politica del “per”: “ il quadro di governo nel quale ci muoviamo, e che noi vediamo favorevolmente nella drammatica situazione del nostro Paese”, “Il nuovo governo dice ciò che da tempo sosteniamo: non c’è crescita, né democrazia senza senza le donne, i loro interessi sono gli interessi del Paese. Ma sappiamo che è solo un inizio”.

Con Berlusconi la si poteva buttare sulla “dignità delle donne”, ora invece con Monti le donne dovrebbero rimboccarsi le maniche, ed essere più realiste del re:

“Non c’è da uscire solo da una crisi economica – spiegano nel loro appello per l’11 dicembre - ma da una crisi politica, una crisi istituzionale, una crisi morale, da una logica, un immaginario, un ordine. In questo passaggio difficile non possiamo tirarci indietro, perché non può tirarsi indietro chi regge questo paese sulle proprie spalle”.

Quindi, che siano prima di tutto le donne a fare i sacrifici? Ad addossarsi gli oneri della crisi? Neanche Monti e la Fornero sono arrivati a tanto – quest’ultima qualche lacrima l’ha spesa – mentre Snoq non ha dubbi, e continua:

“Le donne non possono mancare per ridare all’Italia la dignità che ha perso, per ridarle credibilità, nel mondo, in Europa. Perché vogliamo restare in Europa e lavorare per un suo reale governo politico...”.

Non c’è ritegno! Vogliono salvare questa Italia che è capitalista e imperialista, in cui il doppio sfruttamento, la doppia oppressione, la violenza che subiscono le donne ne sono parte organica e fondamentale. Vogliono un buon “governo politico” dell’Europa non mettendo minimamente in discussione la sua natura imperialista, causa della condizione di sofferenza, fame, miseria, guerre, morte, di milioni di donne, uomini, bambini nei paesi in cui l’Europa, compresa l’Italia, è presente con la sua politica di rapina e oppressione.

Queste di Snoq dimostrano un'odiosa estraneità rispetto alla vita reale delle donne, alle loro condizioni di vita, alle aspirazioni della maggioranza delle donne, che sono lavoratrici, sono precarie, sono ragazze con un presente che fa schifo e senza una prospettiva davanti...

Queste donne, quelle che dovranno continuare a lavorare, ad esaurirsi in fabbrica fino a 65 anni e oltre; quelle che non vedranno mai lavoro vero e pensione; quelle che dovranno caricarsi ancora di più del peso del carovita, dei tagli alle spese sociali, perchè mai dovrebbero ridare dignità e credibilità a questa Italia, quando questa credibilità vuol dire oggi per i padroni uscita dalla crisi e per le donne più doppio sfruttamento, più doppia oppressione, più uccisione del futuro, più discriminazione, più humus da moderno medioevo, ideale brodo di cultura anche per le violenze sessuali e le uccisioni delle donne? Perchè mai? Per far andare le “Egregie signore” in parlamento e nei posti di potere?

Snoq di Bologna aveva fatto appello a “una mobilitazione delle donne italiane… per riaffermare il diritto a una rappresentanza paritaria. Tema ancor più centrale dopo la definizione della squadra di governo del neo Presidente del Consiglio, Mario Monti”

“abbiamo tutte accolto con una certa soddisfazione la notizia delle tre donne a guidare dicasteri pesanti nel governo Monti… – rincalzano la dose quelle di Milano di Snoq - non più donne a prescindere, donne in grado di garantire a chi le propone una vicinanza “fisica” o un’appartenenza “politica”, ma donne qualificate a svolgere un ruolo pubblico, che non è solo competenza professionale indiscutibile, ma richiede una competenza politica e una volontà, oltre che un’attitudine, ad occuparsi della cosa pubblica… Crediamo quindi di poter partecipare attivamente a questo percorso di costruzione di un soggetto politico organizzato, che possa promuovere nuovi criteri per la scelta della futura classe dirigente di questo Paese”.

E mentre alla maggioranza delle donne si vuole togliere tutto, queste di Snoq (che ora, nella nuova fase del governo Monti e della loro battaglia per l'internità in esso, hanno cambiato slogan in: “Se non le donne, chi?”) vorrebbero invece “tutto”; ma dove il “tutto” sta, come scrivono, nelle “democratiche aziende, nelle banche, nelle istituzioni, nelle fondazioni, nelle università. Tutto”.

Pretendono che le donne scendano in piazza, ma per fare andare loro le “donne qualificate a svolgere un ruolo pubblico” e con “competenza politica” ed “attitudine ad occuparsi della cosa pubblica” al governo. Sono senza ritegno (avrebbe detto Veronica Lario).

Con una battuta potremmo dire, Lenin aveva fatto una rivoluzione per far andare “la cuoca al potere”, queste all’opposto vogliono strumentalizzare la condizione delle “cuoche”, delle lavoratrici, delle precarie, delle disoccupate, delle studentesse, per far andare il 50% di loro, che sono “qualificate e hanno attitudine (!?) ad occuparsi della cosa pubblica”, al potere! Non c’è puzza di razzismo e di discriminazione di classe?

Nessun vantaggio, possono certo ottenere la maggioranza delle donne ad avere più Fornero che le vuole far restare inchiodate sul posto di lavoro e perdere la salute per il doppio lavoro; o più Anne Marie Cancellieri che da commissario prefettizio di Bologna vuole cancellare l'8 marzo e l’anniversario del 2 agosto sulla strage alla stazione; o più Paole Severino Di Benedetto esperta in difesa dei ricchi.

Non si può parlare di “donne” senza parlare di “classi”. Anzi come le donne quando sono rivoluzionarie sono doppiamente rivoluzionarie, quando le donne sono reazionarie, lo sono altrettanto doppiamente – e di esempi ce ne sono a iosa a livello nazionale e internazionale.

Per tutto questo non solo non bisogna partecipare a questa mobilitazioni di Snoq , ma bisognerebbe apertamente smascherarle e boicottarle.

MFPR – 11.12.11