16/08/09

Una lettera al tavolo 4

Sulle uccisioni delle donne.

Al di là degli scoup giornalistici di estate, è indubbio che vi è un aumento delle uccisioni delle donne (una ogni 10 giorni; "30% in più di delitti rispetto al 2007 e 68% in più per quanto riguarda le vittime" - secondo fonti Eures), assassini nella maggior parte dei casi fatti da mariti, ex, fidanzati. Ma due sono le cose che vogliamo mettere in evidenza che mostrano il salto di qualità di questa guerra contro le donne, la sua caratteristica attuale, il fatto che essa è strutturale, non legata a episodi contingenti e singoli.
1. Guardiamo a una delle ultime efferate uccisioni. La strage di famiglia avvenuta il 7 agosto a Gornate Olona (Varese) in cui un uomo ha ucciso nella notte prima la moglie poi i due figli, e quindi si è suicidato. Il contesto in cui è avvenuto è emblematico: un piccolo borgo, una realtà chiusa non solo come luogo e abitazione ma come concezione del "padrone" della casa e della famiglia; al cancello della villa aveva messo un grande cartello con su scritto "attenti al cane al padrone e a tutta la famiglia" con tanto di disegno di fucile, pistola e coltello. Una concezione da padrone della vita della moglie e dei figli, che ha portato "naturalmente" a decidere che non dovevano vivere senza di lui.
2. L'Eures ha analizzato che la maggiorparte degli assassini di donne da parte degli uomini, dei mariti avviene al Nord (soprattutto Lombardia): ben 59,3% rispetto al 21,9% del centro e al 18,8% del Sud. Si tratta di dati importanti, in un certo senso inaspettati rispetto al rapporto Nord/centro/sud e, quindi, illuminanti. La denuncia più diffusa che vede nel "patriarcalismo" la causa principale degli omicidi di donne, avrebbe dato questo risultato quantomeno rovesciato: concezione e costumi patriarcali sicuramente sono più presenti nel sud che nel nord. E invece è nel nord che c'è il dato più allarmante.
Allora, il "patriarcalismo classico" non è e non può essere una spiegazione sufficiente e principale. Tornando all'omicidio in provincia di Varese. Certo c'è anche la classica gelosia verso una moglie delusa che se ne vuole andare, insieme alla frustrazione da scalata sociale non realizzata scaricata in famiglia. Ma soprattutto c'è una concezione fascista, moderno integralista, una concezione che fa scrivere il cartello per avvisare che è tutto suo e ognuno che rompe questa "proprietà privata" (dalla casa alla famiglia) è da tenere fuori o da uccidere se propria moglie; la concezione reazionaria-chiusa per cui in famiglia tutto si può fare e chiunque osa intromettersi, sia il ladro, sia l'immigrato, sia chi rompe "l'unità della famiglia", è l'estraneo. Una concezione pienamente frutto e in sintonia con l'ideologia leghista, moderno clericofascista, razzista oggi sempre più presente e agente, soprattutto in realtà del Nord, portata avanti organicamente dagli esponenti principali del governo, della Chiesa, dai loro mass media, ma diffusa in settori delle masse, in particolare della piccola borghesia o strato superiore dei lavoratori, ma non solo. Vogliamo dire che è in atto insieme ad un aumento dell'oppressione verso le donne che investe ugualmente dal nord al sud, un incancrenimento, imbarbarimento ideologico che si unisce, in alcune fasce sociali e in alcune realtà del paese, ad uno stile di vita corrispondente - chiuso e pieno di valori reazionari, conservatori che danno alimento al maschilismo, patriarcalismo, comunque presente.
Di questa ideologia e modo di vita le prime a subirne gli effetti mortali sono le donne. Ma questo spesso è difficile che venga capito dalle stesse donne, che a volte in queste realtà hanno uguali valori, uguali concezioni dei loro oppressori, quei valori di cui poi sono le principali vittime (la donna uccisa in provincia di Varese accusava il marito di aver deluso il proprio padre padrone che si era fatto da solo e aveva dato loro lavoro, casa ma considerandole sempre come cose sue). Occorre quindi sviluppare una lotta/campagna non solo pratica, ma anche ideologica, con le donne, verso le donne prima di tutto; altrimenti assisteremo a un continuo inevitabile incremento delle uccisioni delle donne. Non c'è Telefono Rosa, centri antiviolenza che tengano. Se questi valori generali da moderno medioevo vanno avanti, non trovano dighe adeguate e altrettanto forti anche nella risposta di lotta, non faremo che scrivere decine e decine di comunicati indignati ma purtroppo impotenti.

Margherita del MFPR

16.8.09

15/08/09

Cie di Milano e Torino: le immigrate e gli immigrati si ribellano

Un gruppo di donne nigeriane, recluse nel settore femminile del Cie di Milano ha dato vita ieri sera ad una forte e accesa protesta alla quale si sono uniti anche gruppi di migranti del settore maschile contro il provvedimento di notifica a 15 di loro del prolungamento del trattenimento nel Cie sulla base della nuove norme liberticide e razziste contenute nel cosiddetto pacchetto sicurezza varato dal governo moderno fascista Berlusconi ed entrato in vigore l’8 agosto scorso.
La polizia ha arrestato 14 stranieri quattro donne nigeriane, una cittadina del Gambia, quattro marocchini, tre algerini, un ivoriano e un tunisino
Proteste solidali ci sono state anche nel Cie di Torino, dove già da un paio di giorni diversi migranti hanno dato vita a uno sciopero della fame, il pacchetto sicurezza anche alla luce delle notizie giunte sulla rivolta al Cie di Milano.

Forte solidarietà alle lotte delle immigrate e degli immigrati costretti a subire come dei veri propri criminali l’umiliazione della prigionia, del sopruso e dell’intimidazione, a Milano, a Torino così come in tutti i Cie/lager

Contro il pacchetto sicurezza
Libertà per tutte le immigrate e tutti gli immigrati

mfprpa

12/08/09

Debora Damiani è stata licenziata ingiustamente

DEBORA DAMIANI, dopo ben 14 anni di servizio per una società - Vodafone - che non si è fatta scrupoli a vendere la sua professionalità ma soprattutto la sua vita ad un'azienda - Comdata Care - creata appositamente per distruggere gradualmente tutte le certezze dei dipendenti che apparentemente ha acquistato insieme ad un presunto ramo d'azienda (che ancora oggi dimostra di non avere nessuna autonomia) E’ STATA LICENZIATA INGIUSTAMENTE.

PERCHÉ Debora è stata licenziata?

La sua password, A SUA INSAPUTA, è stata utilizzata per attivare delle promozioni.

Debora è stata quindi licenziata per non aver denunciato prima le inefficienze di Comdata Care in materia di sicurezza dei sistemi utilizzati per svolgere il proprio lavoro e per non averla obbligata a predisporre dei sistemi informatici più sicuri!

Quale colpa ha Debora se per avviare una qualsiasi macchina presente in azienda è stata predisposta una password uguale per tutti?

Quale colpa ha Debora se per avviare qualsiasi applicativo necessario a svolgere il suo lavoro deve collegarsi ad un server di Vodafone che è l'unica ad identificarla come utente abilitato a compiere tali operazioni?

Quale colpa ha Debora se solo oggi scopriamo che Roma è l'unica sede Comdata Care che usa Citrix, una specifica interfaccia per lavorare sui sistemi Vodafone?

Esiste un sistema di identificazione alle macchine di Comdata Care?

MA SOPRATTUTTO:

esiste un'analisi fatta da Comdata Care per dimostrare l'estraneità di Debora ai fatti segnalati da Vodafone?

Possibile sia sufficiente un resoconto di Vodafone per sbattere fuori una persona che solo pochi anni fa era stata premiata economicamente dalla stessa Vodafone per la sua diligenza?

Siamo o non siamo dipendenti Comdata Care?

E' sufficiente bloccare il computer quando ci allontaniamo dalla nostra postazione?

O è necessario chiudere tutte le applicazioni per salvaguardare la nostra password?

A Debora e a nessuno di noi è stato detto nulla in proposito!

PERCHE’?

O forse la verità è un'altra e le colpe di Debora sono di essersi resa disponibile a testimoniare per un altro collega che era stato ingiustamente licenziato, di aver scelto di partecipare attivamente alla nascita di un sindacato che per questa azienda non rientra negli schemi convenzionali, di essersi candidata nella lista Cobas per le elezioni della nuova Rsu?

Noi nutriamo molti dubbi sulla correttezza di Comdata Care, Comdata e soprattutto Vodafone, artefice principale del nostro destino, ma su Debora NO!

COSA STA SUCCEDENDO? COSA È SUCCESSO ESATTAMENTE 2 ANNI FA?

Molti di voi lo ricorderanno sicuramente - ma è bene ricordare all'opinione pubblica - quello che fin da subito 914 persone hanno temuto stesse per accadere e che oggi si sta concretizzando: CESSIONE DI RAMO PER MASCHERARE LICENZIAMENTI DI PERSONALE!

Non si è trattato di una cessione di ramo d'azienda: Vodafone non era in crisi, il ramo d'azienda non era preesistente, il personale addetto non aveva uno specifico know how e i sindacati confederali che hanno assistito allo scempio si sono arrogati il diritto di firmare un accordo di cessione fasullo e senza alcun mandato dei lavoratori.

ECCO COSA E’ CAMBIATO:

dopo quell'accordo Comdata Spa è stata sindacalizzata e prima ancora di intervenire sulle garanzie dei lavoratori è stato firmato un accordo per garantire un monte di 4000 ORE DI PERMESSI SINDACALI per le segreterie nazionali di CGIL, CISL e UIL!

Dopo solo 18 mesi dall'operazione FIORENZO CODOGNOTTO, amministratore delegato della holding che controlla Comdata Care, guadagna una POLTRONCINA all'ASSTEL. Cosa sicuramente irrilevante se non fosse che nei 20 anni di attività che aveva alle spalle non era riuscito forse neanche ad entrare
all'ASSTEL…

VODAFONE... cara Vodafone... e tu cosa hai guadagnato in tutto questo?

Continui a vendere la tua immagine di società perfetta, a collezionare “bollini rosa” per il buon trattamento riservato alle tue donne, a fare profitti con il lavoro di quelle persone che hai affidato ad un altro padrone perché se ne liberasse senza coinvolgerti e senza che le tue manine si macchiassero.

PIETRO GUINDANI, all'epoca dei fatti amministratore delegato di Vodafone, dove sta?

Ha rassicurato i suoi dipendenti sull'affidabilità di questo partner commerciale e come carne da macello ci ha ceduto ad una società che, non riuscendo a sollevarsi, ci tratta come zavorre.

Siamo certi che in sede di giudizio questa storia si risolverà a favore della collega ma non siamo disposti a far finta che non sia successo niente e ci batteremo fino in fondo per ottenere il suo reintegro.

AIUTACI ANCHE TU A DENUNCIARE QUANTO E’ SUCCESSO A DEBORA E QUELLO CHE ALTRI
HANNO DECISO PER IL NOSTRO FUTURO!

Giovane marocchina si suicida perché clandestina

Giovane marocchina si suicida perché condannata alla "clandestinità"

Bergamo, 7 agosto 2009. Nel Bergamasco la condizione degli immigrati "irregolari" è assolutamente disperata. Attivisti del Gruppo EveryOne hanno avuto modo di incontrare, nei giorni scorsi, numerosi "clandestini" provenienti soprattutto dall'Africa, constatando una vera e propria tragedia umanitaria. Donne incinte che non si recano in ospedale e malati gravi che non accedono più alle cure sanitarie, per timore di essere denunciati e deportati. Genitori che nascondono i bambini, per timore di perderli, in quanto impossibilitati a registrarli e ad offrire loro condizioni di vita sufficienti a evitare che le autorità li sottraggano loro. Sospetti casi di Tbc e altre malattie contagiose, fra cui l'influenza A/H1N1: malattie che si diffondono fuori controllo, perché i migranti non si recano presso le strutture sanitarie. Sui bimbi, inoltre, non possono essere eseguite la vaccinazioni obbligatorie dell'età evolutiva: antidifterite, antitetanica, antipolio e antiepatite B né quelle raccomandate dalle Istituzioni sanitarie: antimorbillo, antirosolia, antiparotite e antipertosse. In questo clima di persecuzione, che vede tanti nuclei familiari vivere nascosti come la famiglia di Anna Frank durante l'Olocausto, si registrano già diverse vittime. Bambini nati in condizioni igieniche terribili. Malati gravi che si spengono fra atroci sofferenze, privati di ogni terapia. Persone fragili che scelgono di togliersi la vita, le cui morti sono spesso imputate a "incidenti" dagli inquirenti che non vogliono sentir parlare di persecuzione etnica.
La giovane marocchina F.A., 27 anni, si è uccisa ieri gettandosi nelle acque del fiume Brembo, a Ponte San Pietro (Bergamo). Si è suicidata perché era clandestina, non riusciva a regolarizzarsi ed era consapevole che con la legge n. 94/2009 sulla sicurezza, la sua presenza in italia sarebbe diventata un reato, che l'avrebbe condannata a vivere senza diritti, in attesa della deportazione. Il corpo della giovane è stato notato da alcuni passanti ieri sera, sotto il ponte del centro storico. Il fratello della ragazza, Mohammed, che ha un regolare permesso di soggiorno e vive a Ponte San Pietro, ha raccontato il dramma della sorella, dramma che l'ha condotta a una depressione senza uscita. "Era terrorizzata dalla scadenza di domani, giorno in cui la clandestinità diventa reato," ha detto fra le lacrime, incapace di accettare l'ennesima tragedia causata dal razzismo istituzionale.

Pensioni donne - non stiamo zitte!

Non dobbiamo considerare ormai persa la partita (tra l'altro come lotte ancora non iniziata) - dopo la pubblicazione del decreto dobbiamo utilizzare i 90 giorni in cui il parlamento può convertirlo in legge o farlo decadere; e comunque la nostra vita, le nostre lotte non possono essere limitate dai tempi legislativi. Nello stesso tempo, non dobbiamo aspettare o delegare la mobilitazione ai sindacati di base ( che nell'assemblea nazionale dello scorso novembre sono arrivati a cassare dalla piattaforma finale la proposta di mobilitazione fatta dalle delegate e lavoratrici del Patto di base) o alla cgil (che al di là dei distinguo non ha finora dato prova di coerenza fino alla lotta, fino ad un effettiva rottura con "la politica (antilavoratori) di unità sindacale". Non possiamo delegare anche perchè per noi donne questa lotta non è solo sindacale, vogliamo anche ora unire la lotta come lavoratrici alla lotta come donne.

LANCIAMO NELLA SECONDA META' DI SETTEMBRE - PER VENERDI' 18 SETTEMBRE - UNA GIORNATA DI LOTTA, CON SCIOPERI (anche di poche ore), PRESIDI, MOBILITAZIONI. PORTIAMO SOTTO/DENTRO LE PREFETTURE GLI STRUMENTI CHE ALLUNGANO LE NOSTRE GIORNATE, ANNI DI LAVORO: PENTOLE, SCOPE, ECC.

MFPR - Taranto

NO ALL'AUMENTO DELL'ETA' PENSIONABILE DELLE DONNE! POSSIAMO ANCORA E DOBBIAMO IMPEDIRLO!

Con il decreto anticrisi il governo ha varato la controriforma per l'aumento dell'età pensionabile delle donne. Il pretesto è quello di dare corso ad una sentenza della Corte di Giustizia Europea riguardante la parità di trattamento economico tra lavoratori di sesso diverso, dal 2010 l'età per andare in pensione dele lavoratrici del Pubblico Impiego sarà elevata di 1 anno ogni 2 fino a portarla a 65 anni; ma, guarda caso, né questo né i Governi precedenti, hanno, invece, dato applicazione ad un’altra sentenza della Corte riguardante i riconoscimento dell’anzianità di servizio per le lavoratrici precarie, e si nasconde che la legislazione attuale non vieta affatto ad una donna di scegliere di andare in pensione a 65 anni. Questo provvedimento colpisce tutte le donne e tutti i lavoratori; dopo il Pubblico Impiego, come già annunciato dal governo, toccherà a tutti i settori privati. Dietro le ipocrite dichiarazioni sulla “parità”, c'è solo la realtà vera di un taglio rilevante alla spesa pensionistica sulle spalle delle donne, non solo in termini di allungamento degli anni per il pagamento delle pensioni, ma soprattutto, temiamo noi, di risparmio secco perchè se andasse avanti questa proposta la maggiorparte delle donne non arriverebbe mai alla pensione. Il governo, poi, non dice che oggi sempre più la maggioranza delle donne o per lavori precari o perchè vengono per prime licenziate non arriva neanche ai 60 anni, figurasi ai 65. La condizione femminile in Italia è la peggiore d’Europa per disoccupazione, salario, iter di carriera, anni di lavoro, pensioni, per non parlare delle donne immigrate che spesso dimentichiamo. Si sciacquano la bocca di “parità”, di eliminare le “discriminazioni”, ma si guardano bene di eliminare la fonte di tutte le discriminazioni, il lavoro domestico, il peso tutto sulle donne della famiglia, del lavoro riproduttivo, dei servizi sociali. Si nasconde miseramente che le donne da sempre lavorano di più, arrivando a fare come minimo 60/65 ore settimanali tra attività sui posti di lavoro e lavoro in casa non pagato. Il lavoro di cura e il lavoro domestico, il lavoro riproduttivo si somma a quello produttivo, e fa sì che il governo risparmia sui servizi sociali, sulla scuola e sanità, ect. La realtà è che in questa crisi provocata dai padroni le donne già stanno pagando per prime il prezzo più alto. Denunciamo anche che i sindacati confederali, a parte la cgil che però non ha indetto finora nessuna concreta mobilitazione, hanno appoggiato questo aumento dell'età pensionabile; i loro partiti di riferimento, di centrosinistra ne condividono appieno le ragioni.

NOI DIRETTAMENTE COME DONNE LAVORATRICI, PRECARIE, DOBBIAMO OPPORCI A QUESTO ATTACCO! IN TUTTE LE FORME, ANCHE CON CREATIVITÀ, DOBBIAMO IMPEDIRE CHE QUESTO DECRETO DIVENTI DEFINITIVO. LO DOBBIAMO FARE SUBITO, LO DOBBIAMO FARE SOPRATTUTTO QUEST'AUTUNNO NEL PERIODO IN CUI IL DECRETO DEVE PASSARE PER IL PARLAMENTO PER LA SUA TRASFORMAZIONE IN LEGGE.

LAVORATRICI ISPETTORATO DEL LAVORO - TARANTO SLAI COBAS PER IL SINDACATO DI CLASSE cobasta@fastwebnet.it Taranto – 1.8.09