27/12/08

VERSO L'ASSEMBLEA NAZIONALE DEL TAVOLO 4 DEL 24 GENNAIO

Per rilanciare l'autonomia e il protagonismo organizzativo delle donne nelle lotte.
“Chissà quanto è pesata la paura del futuro e dell’ignoto nelle scelte estreme di B.B. […] e di F. P. una sua collega genovese. Entrambe si sono suicidate nel giro di una decina di giorni. Nessuno osa collegare direttamente i loro gesti con la crisi della compagnia, ma …”
Questo è scritto su repubblica del 12 dicembre 2008, a proposito del “suicidio” delle 2 lavoratrici dell’Alitalia. Un fatto gravissimo, immediatamente silenziato con accuse ai loro colleghi di strumentalizzazione, “antipatriottismo”, disfattismo: “erano psicologicamente istabili, avevano problemi personali” si è detto…

I vostri sporchi affari, le vostre banche, le vostre ristrutturazioni e speculazioni banditesche le hanno uccise! E l’isolamento.

E lo diciamo con convinzione scientifica, perché il personale non è avulso dal politico e vivere è la tendenza naturale di ogni essere vivente. Ciò che spinge una donna o un uomo a togliersi la vita è la percezione di non avere vie di uscita, dell’impossibilità di vivere nel rispetto della propria personalità, senza sogni, senza desideri, senza libertà, senza speranza. Il suicidio in sé non esiste, esiste solo l’omicidio.
“La ragione per cui nella società ci sono persone che vogliono suicidarsi, è che la società si impadronisce delle loro speranze e le distrugge totalmente, con il risultato che esse vengono lasciate completamente senza speranza” (Mao Tse-tung)
  • Questo è quanto è successo all’Alitalia: migliaia di donne e uomini che governo, opposizione e sindacati hanno lasciati soli nella giusta battaglia per il lavoro e per la vita, additandoli come “terroristi “ e “privilegiati”, isolandoli dagli altri lavoratori con ipocriti appelli al “senso di responsabilità” e al “patriottismo”, umiliandoli alla stregua di delinquenti alla consegna delle lettere di cassa integrazione e tutto per favorire un’avventura banditesco – speculativa con la svendita definitiva della ex compagnia di bandiera. Donne e uomini a cui è stato tolto tutto, esseri umani a cui questa società ha distrutto la dignità e di fatto la speranza di vivere, in un contesto in cui l’intero paese è piombato nella crisi economico-finanziaria globale, che si traduce con il caro-vita, con la perdita di valore di acquisto dei salari e con licenziamenti e contratti sempre più precari.
  • Questo è quanto si apprestano a fare governo, opposizione, confindustria e sindacati nel nuovo, pesantissimo attacco alle donne, aumentando l’età pensionabile a 65 anni con il pretesto di applicare una sentenza della Corte di Giustizia Europea riguardante la parità di trattamento tra lavoratori di sesso diverso. Nessuno però si è mai pronunciato su una precedente sentenza della stessa Corte riguardante il riconoscimento dell’anzianità di servizio per le lavoratrici precarie! Questa volta lor signori e signore fanno appello alla “parità” e si beffano spudoratamente della nostra intelligenza. Chissà cosa ne pensano di questa bella trovata le loro “tate” o le loro colf, costrette a lavorare a vita presso questi signori in attesa di riscattarsi con una misera pensione per poter pagare una rata del proprio funerale, o magari di quello di un proprio congiunto che hanno assistito per tutta una vita! Anche qui il ricatto morale (salvare lo Stato sulla pelle delle donne) e la desolidarizzazione per obbligare le lavoratrici a mandar giù il veleno senza troppo obbiettare: la ministra ombra delle pari opportunità Vittoria Franco, propone un’astratta legge di scambio per il lavoro femminile. Quale lavoro potrà mai trovarci la Vittoria Franco aumentando l’età pensionabile delle donne a 65 anni? Forse quello delle becchine nei confronti delle compagne che, come noi, non arriveranno mai all’età pensionabile perché precarie a vita o per il doppio lavoro? Oggi le donne, o per lavori precari o perché vengono per prime licenziate non arrivano neanche ai 60 anni, figurasi ai 65!
  • Questo è quanto sta avvenendo ovunque, nel mondo della scuola e dell’università, della sanità, dei servizi sociali e previdenziali: smantellamento del welfare, privatizzazione dei servizi e dei profitti e socializzazione delle perdite. La funzione di ammortizzatore sociale si abbatte sulla maggioranza delle donne e in maniera ancor più drammatica sulle donne migranti e se ci fosse bisogno di un capro espiatorio da mettere alla gogna per la crisi provocata dai padroni, saranno proprio loro, le donne e le lavoratrici immigrate a pagare per prime e il prezzo più alto. Poco importa sapere che il 50% delle ricchezze in questo paese è controllato dal 10% degli italiani, che la condizione femminile in Italia è la peggiore d’Europa per disoccupazione, salario, iter di carriera, anni di lavoro, pensioni ecc. Si sciacquano la bocca di “parità”, dicono di voler eliminare le “discriminazioni”, ma si guardano bene dall’eliminare la fonte di tutte le discriminazioni, il lavoro domestico, il peso tutto sulle donne della famiglia, del lavoro riproduttivo, dei servizi sociali. Si nasconde miseramente che le donne da sempre lavorano di più, arrivando a fare come minimo 60/65 ore settimanali tra attività sui posti di lavoro e lavoro di cura non pagato.
  • Questo è quanto suggerisce la chiesa e l’intero sistema sociale oscurantista e patriarcale che essa benedice e fomenta, fagocitando le nostre speranze di un futuro migliore, di libertà ed autodeterminazione in una vita terrena, sostituendole con quelle di un paradiso inaccessibile se non a costo della schiavitù. Questo il ricatto e l’ipocrisia dell’appello di questi padroni (anch’essi come gli altri, secolari e temporali) che rimanda al “rispetto per la vita”, che ci vuole “angeli del focolare” al servizio della famiglia tradizionale funzionale al capitale. Una famiglia che ci uccide a tutti i livelli: col doppio lavoro, col suicidio, con il femminicidio in senso stretto.
Basta, siamo stufe dei danni e delle beffe!

Siamo stufe degli imbonitori e di tutti quelli che vorrebbero rappresentarci, senza avere, tra l’altro, alcun titolo per farlo:
siamo sempre più irrapresentabili e insindacalizzabili!

Nel basso ci avete relegate e dal basso ci riorganizziamo: ci difenderemo con la lotta e l’autorganizzazione!

Non ci accontenteremo di 2 carote, vogliamo tutto: questa società è marcia e non può essere riformata, va rovesciata.

A tutti questi signori che vorrebbero mandarci in paradiso e costringerci all’obbedienza con il ricatto e l’ipocrisia rispondiamo che unite vinceremo l’isolamento, venderemo cara la nostra pelle e saranno loro a doversi suicidare, perché noi moriremo in battaglia. Se le bambine buone vanno in paradiso noi saremo cattivissime e andremo dappertutto. Combatteremo su tutti i fronti la nostra doppia rivoluzione, perché la nostra rivoluzione è la marcia di tutti i liberi del mondo!


Invitiamo tutte le donne lavoratrici, precarie, disoccupate, studentesse, migranti, pensionate, casalinghe, all’assemblea nazionale del 24 gennaio 2009 sul Tavolo "Lavoro/precarietà/reddito" della Rete "sommosse", per rilanciare l’autonomia e il protagonismo organizzativo delle donne nelle lotte concrete che già le vedono impegnate a 360° e dare a queste lotte la forza e il vigore della solidarietà di genere e di classe!

Luigia - Perugia sommosprol@gmail.com

Verso il 24 gennaio

Proponiamo che la proposta contenuta in questo appello da parte di delegate dei sindacati di base sia discussa nella assemblea nazionale del 24 gennaio del Tavolo 4 Lavoro-precarietà-reddito, tenendo conto:
  • che l'attacco che parte ora essenzialmente contro le lavoratrici del Pubblico Impiego si estenderebbe a tutte le lavoratrici;
  • che gli attacchi alle condizioni, diritti delle donne negli altri posti di lavoro, nelle fabbriche da parte di padroni, governo, il più delle volte con accordi delle direzioni dei sindacati confederali sono già in atto ed sono pesantissimi, ma in più vengono tenuti nascosti e non hanno neanche la visibilità della stampa;
  • che la risposta da costruire non è solo rivendicativa, ma vogliamo che sia parte della battaglia generale che portiamo avanti: "tutta la vita deve cambiare", e quindi pone la necessità della lotta a 360° gradi e che ogni singola lotta rafforzi la battaglia femminista proletaria rivoluzionaria, su tutta la nostra vita.
Questa lotta vede oggi chiaramente nelle lavoratrici, nelle operaie, nelle ragazze non solo le donne più colpite, ma nello stesso tempo le donne che già in questi mesi stanno scendendo in tantissime in piazza - questo da un lato conferma la necessità dell'assemblea del 24 gennaio del Tavolo, dall'altro richiede che il Tavolo 'lavoro-precarietà-reddito' si riferisca e si leghi a questa realtà della maggioranza delle donne.
Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario

LICENZIAMENTO POLITICO ALLA LIDL

Mobilitazione dello Slai Cobas per il sindacato di classe contro il licenziamento della delegata da parte della direzione aziendale della LIDL di Ravenna

Lo Slai Cobas di Ravenna esprime solidarietà alla delegata Filcams, licenziata in questi giorni dai padroni della LIDL di Ravenna per rappresaglia dopo lo sciopero del 15 novembre contro l’accordo separato sul CCNL del commercio.

Quest'ennesimo licenziamento politico non deve passare sotto silenzio. E' inaccettabile per i lavoratori subire i diktat padronali fatti di salari e stipendi da fame e tanta flessibilità, cioè mettere la nostra vita alla totale disposizione dell' azienda per uno stipendio che non basta neanche per sopravvivere.

Il nostro sindacato in questi giorni farà dei volantinaggi nei punti vendita della LIDL per denunciare quest'attacco al diritto di sciopero e all'organizzazione sindacale e per schierarsi concretamente al fianco della lavoratrice.

Ma non basta la sola denuncia, bisogna ribellarsi e scioperare perchè la delegata licenziata venga riassunta!

SLAI Cobas per il sindacato di classe
Sede provinciale: Ravenna v. G. Di Vittorio,32. Tel: 339/8911853
e mail: cobasravenna@libero.it

25/12/08

Lettera aperta al Ministro Renato Brunetta

E p.c. ai capigruppo di Camera e Senato

Egregio Ministro Brunetta,
con questa lettera vogliamo esprimerle la nostra critica per la proposta da lei avanzata di portare a 65 anni l’età pensionabile per le donne. E’una proposta, la sua, che rivela, oltre a un approccio superficiale e disinvolto al problema, il retaggio di una cultura profondamente misogina, incapace di misurarsi con la differenza femminile e con la necessità di fare i conti concretamente con la vita di donne e di uomini, con la condizione materiale delle lavoratrici e dei lavoratori e in particolare delle e dei giovani, che, in un momento di crisi così profonda, troverebbero ulteriori porte sbarrate alle loro possibilità di occupazione.
Egregio Ministro, lei finge di dimenticare - oppure non sa ma sarebbe davvero una ignoranza disdicevole per un ministro – che:
  1. non è pari la quantità di lavoro tra le donne e gli uomini. Le donne lavorano di più: in Italia particolarmente di più, rispetto ad altri Paesi europei. Dormono di meno degli uomini, non hanno giorni di festa, si occupano di tutto quello che riguarda la vita di figli, mariti, parenti anziani e altro ancora. Consulti i dati Istat, egregio Ministro Brunetta. Lo chiamano doppio lavoro perché le donne non lavorano soltanto in ufficio, in fabbrica, nei call center ma anche in casa ed è un lavoro che oggi non soltanto integra ma supplisce in maniera crescente il Welfare State, ahinoi in declino. Un lavoro che produce benessere e ricchezza – come staremmo se non ci fosse? Se lo chieda Ministro - che dovrebbe uscire dalla dimensione domestica ed essere riconosciuto in maniera molto più consistente di quanto avvenga col diritto delle donne ad andare prima in pensione;
  2. già adesso le donne, se vogliono, possono optare per il lavoro fino a 65 anni e spesso sono costrette a farlo se vogliono mettere insieme una pensione decente per sopravvivere negli anni che restano. Infatti, egregio Ministro, non solo non è pari la quantità di lavoro tra donne e uomini ma non è pari la quantità di retribuzione che percepiscono le une rispetto agli altri. Anche questa è cosa nota, si informi Ministro, cerchi ci capire perché e magari, se proprio ci tiene alla parità, escogiti qualche meccanismo per ridurre lo svantaggio retributivo delle donne e arrivare all’equiparazione di salari, stipendi, carriere;
  3. non è accettabile nessun mercanteggiamento su questo tema, come quello che incautamente la ministra ombra dell’opposizione, senatrice Vittoria Franco, ha avanzato: occupazione femminile e conciliazione tra lavoro, maternità e carriera in cambio di innalzamento dell’età pensionabile. Sarebbe uno scambio in pura perdita per chi lo subisce, la conferma di quanti guasti possa produrre la politica della parità che non si misuri con la disuguaglianza delle condizioni di partenza. Per le donne è un imbroglio, una vera e propria trappola.
  4. l’Europa vuole la parità tra donne e uomini in materia di età pensionabile? L’Europa vuole molte cose, alcune vanno benissimo o bene, altre meno bene, altre ancora non vanno bene per niente. Questa è una di quelle, non tiene conto dell’arretratezza del welfare italiano ed inoltre – dovrebbe essere più preciso, Ministro - riguarda solo l’ambito del pubblico impiego. Non si nasconda dietro l’usbergo dell’Europa, egregio Ministro, per colpire le donne. Non sarebbe degno della carica che lei riveste. E poi ricorrere all’Europa quando fa comodo a lei o a qualcun altro del suo governo e invece ignorarne le direttive quando non le condividete? Sia serio, egregio Ministro e lasci perdere i suoi furori paritari. Non è proprio il caso. In ogni caso noi le confermiamo la nostra critica più netta e le chiediamo di tornare sui suoi passi.

Assemblea delle donne di Roma per la Sinistra

Roma, 19 dicembre 2008

24/12/08

Possono privarmi di tutto ma non della mia dignità

Da Espresso/Repubblica, cronache locali

di
Loretta Montenero

Povera e molto malata chiede l’eutanasia
Vive con 250 euro al mese e le hanno negato l’assegno di accompagnamento
L’appello arriva come un tuono «Possono privarmi di tutto ma non della mia dignità»

CASTEL DI SANGRO. Irrompe nell’atmosfera natalizia come un tuono l’appello della signora A.S.: «Se devo continuare a vivere in questo modo, meglio l’eutanasia». La donna di 58 anni che vive in stato d’indigenza non ha sopportato l’ultimo “no” della burocrazia che le ha bocciato l’istanza di accompagnamento presentata a fine settembre. Presentata perché ha bisogno di essere accompagnata a Pescara per sottoporsi alla chemioterapia a causa di un tumore. «Ho cresciuto da sola una figlia facendo lavori umili e mai stabili», racconta. All’ufficio per l’impiego si possono riscontrare tutte le domande presentate. «Comprese quelle alla collocazione obbligatoria della Provincia. Niente e nessuna di queste è stata mai accolta», prosegue. A.S. vive sola, la figlia cresciuta con sacrificio studia farmacia con una borsa di studio. Il suo reddito consiste in 250 euro mensili di pensione, con revisione annuale, che le è stata riconosciuta nel 2006. Amareggiata racconta delle file e delle lunghe attese negli uffici e negli ospedali. Racconta dell’amata figlia che «pur tra tante difficoltà è riuscita a portare avanti gli studi e mi dice che ritorna solo perché qui ci sono ancora io». Racconta i disagi che affronta quotidianamente. «Ho chiesto alla Commissione medica di esaminare con un’istanza d’urgenza la pratica per l’indennità d’accompagnamento. Devo affrontare 250 chilometri e devo pagare una persona che mi accompagna a Pescara e mi riporta a casa». In autunno l’istanza d’accompagnamento viene respinta. «Ho chiesto spiegazioni ad un medico legale membro della commissione. La spiegazione che ottenni è che oggi, per avere l’accompagno, bisogna stare in carrozzella». Effetti collaterali della chemioterapia, dolori che spesso le impediscono di muoversi e un reddito mensile di 250 euro non sono stati sufficienti. La donna è stanca, nella vita ha rinunciato a tutto, ma non alla sua dignità: «Se devo continuare a vivere in queste condizioni, se per me non c’è alternativa, mi si dia la possibilità di avere una morte dignitosa, con eutanasia per esempio», dice. «Se per l’Italia questo non è possibile, chiedo allo Stato di farmelo fare dove è legale. Meglio che morire di umiliazioni e di inedia. Sola». (24 dicembre 2008)

22/12/08

Appello delle delegate CUB, COBAS, SDL intercategoriale

APPELLO PER LA COSTRUZIONE DI UNA MOBILITAZIONE NAZIONALE CONTRO IL DILAGANTE ATTACCO AI DIRITTI DELLE DONNE

E' di questi giorni un nuovo pesantissimo attacco contro le donne, in particolare alle lavoratrici del pubblico impiego, da parte di questo governo ben rappresentato dal ministro Brunetta. Con il pretesto di dare corso ad una sentenza della Corte di Giustizia Europea riguardante la parità di trattamento economico tra lavoratori di sesso diverso, il Governo intende aumentare di nuovo l'età pensionabile portandola a 65 anni per le lavoratrici della Pubblica Amministrazione con il coinvolgimento immediato delle lavoratrici di tutto il mondo del lavoro;
Né questo né i Governi precedenti , si sono preoccupati di applicare un'altra sentenza della Corte riguardante i riconoscimento dell'anzianità di servizio per le lavoratrici precarie.
Tutto è utilizzato per tentare di cancellare i diritti, cominciando da uno dei settori più deboli di questa società: le lavoratrici che ormai suppliscono completamente alle funzioni di uno stato sociale cancellato dalle forze politiche di ambedue gli schieramenti, divenute, di volta in volta, maggioranze di Governo.
Sono infatti le donne che pagano il prezzo più alto in termini di salario, di disoccupazione, di precariato e di qualità della vita, fra tagli di servizi indispensabili (scuola e sanità), aumenti di carichi di lavoro dentro e fuori le mura domestiche ed il dilagare della violenza sul proprio corpo, scelte e libertà.
E' tempo che le lavoratrici riprendano nelle proprie mani l'iniziativa contro questo nuovo e gravissimo attacco alle condizioni di lavoro e di vita delle donne, per una battaglia che metta al centro la riconquista di tutti i diritti e non permetta di barattare, con l'aumento dell'età pensionabile di altre donne, la mancanza di servizi sociali (vedi l'aberrante proposta dei radicali).
NOI DELEGATE, ELETTE RSU E MILITANTI DELLE ORGANIZZAZIONI SINDACALI DI BASE,FACCIAMO APPELLO A TUTTE LE DONNE, AI COLLETTIVI FEMMINISTI, AI MOVIMENTI, PERCHÈ SI AVVII LA COSTRUZIONE DI UNA MOBILITAZIONE NAZIONALE CONTRO QUESTO ULTERIORE ATTACCO CHE IMPORRÀ ALLE DONNE DI PAGARE PER PRIME IL PREZZO PIÙ ALTO DELLA CRISI ECONOMICA CHE INVESTE TUTTO IL MONDO DEL LAVORO E LA SOCIETÀ NELLA SUA COMPLESSITÀ.
Le donne delle organizzazioni di base: Paola Palmieri - CUB,Anna Grazia Stammati - COBAS, Elena Casagrande - SDL intercategoriale

21/12/08

SU ALITALIA


DAL MANIFESTO, SABATO 20 12 2008

ALITALIA: Trattativa dura ma avanzata. Con Air France

Il prossimo padrone di quel che resta di Alitalia si è presentato ieri a Milano, nello studio legale Bonelli Erede Pappalardo, per definire con Cai i dettagli finali dell'ingresso nella società, a partire dal piano industriale vero e proprio. E lo ha fatto presentandosi con una squadra «pesante». Una decina di dirigenti di alto livello ha infatti accompagnato Pierre-Henry Gourgeon, numero due operativo di Air France-Klm e - dal 1 gennaio - nuovo amministratore delegato della compagnia transalpina. Il «grande capo», Jean-Cyril Spinetta, è rimasto in Francia «per problemi di agenda», ma resterà al posto di comando, come presidente.
La riunione è stata molto lunga, circa sei ore. E le delegazioni, uscendo, non hanno rilasciato dichiarazioni. Fonti definite comunque «vicine alla trattativa» hanno spiegato che «l'incontro non è stato risolutivo», rinviando a un nuovo testa a testa «tra Natale e Capodanno» la soluzione dei problemi ancora sul tavolo. La discussione sarebbe avvenuta esclusivamente sull'impianto industriale dell'alleanza, mettendo al centro il tema della redditività delle rotte che dovrebbero esser mantenute anche da Cai, e quindi quello della flotta (quali aerei sono più funzionali a garantire un certo ritorno economico sulle singole rotte?). Problema non secondario è anche la ripartizione degli utili derivanti dall'interconnessione operativa.
Una riunione così lunga ha fatto pensare a difficoltà più importanti del previsto. E certo è ipotizzabile che Roberto Colaninno e Rocco Sabelli - presidente e a.d. di Cai - stiano giocando su più tavoli (sono attese risposte, nei prossimi giorni, anche da Lufthansa e British Airways), nell'intento di alzare il prezzo di ingresso, come socio, del «partner straniero». Ma è anche certo che Air France si è guadagnata la fama di negoziatore parecchio più ostico dei sindacati «complici» (definizione del ministro del welfare, Maurizio Sacconi) che fin qui avevano spianato la strada alla «cordata italiana».
Da parte francese si è voluto far notare che questo negoziato è «quello prioritario», perché «in una fase più avanzata» rispetto a quelli con tedeschi e inglesi. I primi, in effetti, volevano da subito una quota azionaria di assoluto controllo (che sarebbe suonata però una smentita secca della «mantenuta italianità» della compagnia, come promesso da Berlusconi). I secondi si son sempre dichiarati disponibili soltanto ad una alleanza commerciale, non a un ingresso nel capitale.
Sul fronte sindacale, invece, la giornata di ieri fa registrare un nulla di fatto. Sdl, Anpac e Up sono stati ricevuti da un «vice» del commissario straordinario, Augusto Fantozzi. E non hanno ricevuto nessuna risposta degna di nota. Filt-Cgil, Cisl, Uil, Ugl, Anpav e Avia hanno invece incontrato il neoassunto direttore del personale di Cai, Giovanni Di Stefano. Si doveva discutere di «presunti scostamenti» tra i criteri di assunzione pattuiti in novembre dai quattro sindacati «primi firmatari» e le pratiche in atto questi giorni nella gestione del reclutamento del personale. Hanno ottenuto «rassicurazioni» che «non ci sono discriminazioni» verso i portatori di handicap, le donne in gravidanza e le persone con pesanti problemi familiari (per decenza, forse, non è stata smentita la selezione negativa rispetto ai quadri sindacali «sgraditi»).
La realtà che emerge all'uscita della palazzina dove vengono notificate le proposte di assunzione è molto diversa. Donne sole con figli a carico si son viste destinare a Torino, Milano, Napoli. Ci sono coppie in cui non è stato assunto nessuno dei due. E per quanto riguarda le donne in gravidanza, siamo alle «promesse verbali». Ma non una riga nero su bianco. Fr. Pi.

20/12/08

Alitalia: Pioggia di lettere che annunciano la cassa integrazione

ECONOMIA INCHIESTA/ Pioggia di lettere che annunciano la cassa
integrazione. Scelte senza logica

Il timore e il disagio dei lavoratori di fronte un'azienda in piena autodistruzione

Tra caos, sofferenza e paura gli ultimi giorni tristi di Alitalia. In una settimana, due hostess si sono suicidate: non si può collegare i loro gesti alla situazione, ma il clima, di certo è seriamente deteriorato

di MASSIMO RAZZI

ROMA - Le lettere dell'Alitalia che annunciano la cassa integrazione arrivano a pioggia, senza senso e senza una spiegazione. Le ricevono l'assistente di volo vicino alla pensione, ma anche la coppia sulla quarantina o il pilota giovane appena passato comandante: "Sembra che lo facciano apposta, sembra che oltre a toglierci il lavoro debbano anche umiliarci - dice A. U., hostess con una ventina d'anni di anzianità - Io non l'ho ricevuta, ma altri che hanno la mia stessa età e anzianità, sì. E allora, le voci girano, tutti fanno congetture, si fanno domande, si chiedono il significato...".

"Il significato non c'è - spiega Paolo Marras, della segreteria nazionale Sdl, uno dei sindacati degli assistenti di volo che non hanno firmato l'accordo con Cai - Anche noi stentiamo a trovare una logica in tutto questo. E' l'intera procedura sulla cassa integrazione che è sbagliata.
D'altra parte, è figlia dell'assoluta genericità dell'accordo di novembre che dice: 'l'azienda, progressivamente, collocherà in cassa integrazione il personale utilizzando, ove possibile, il criterio di rotazione...". Le lettere, dunque, arrivano da martedì 9 dicembre e quasi nessuno riesce a capire se saranno le ultime: se significano il preludio del licenziamento, o se servono solo a far fronte alla riduzione dell'operatività (il taglio dei voli) che la compagnia sta attraversando in questi giorni. "Ci voleva poco - aggiunge Marras - a spiegare, nelle stesse missive o in un comunicato a parte, il senso di questo modo di agire". Ieri, un centinaio di dipendenti dell'Alitalia ha occupato gli uffici del personale per avere delle risposte
dirette. "Hanno detto che le lettere riguardano solo l'operatività e non hanno altro significato. Ma vallo a spiegare alla gente...".
Effettivamente, le buste che sono arrivate a diverse centinaia di lavoratori contengono brevi testi che si limitano a comunicare: "a partire da... lei è in cassa integrazione. Distinti saluti, il commissario Augusto Fantozzi". Le altre lettere, quelle delle eventuali assunzioni alla Cai, non sono ancora partite. Si lavora, dunque (o si sta a casa), in un limbo, come sospesi.

Lettere appena un po' più articolate, con qualche riferimento all'attività svolta e ai diritti maturati e un augurio "per il prosieguo della sua attività professionale" sono arrivate da un giorno all'altro, a 45 manager dell'azienda. E da un minuto all'altro questi dirigenti hanno avuto il "pass" aziendale disattivato e sono stati accompagnati alla porta da un uomo della sicurezza.

"La gente - spiega A. U. - vive da mesi in uno stato di tensione continua.
Prima ci hanno detto che eravamo la rovina della nazione. Non è così: abbiamo lavorato tanto e fatto sacrifici per questa azienda... Ma nessuno ci crede. Poi, a poco a poco, siamo precipitati nel baratro: le promesse elettorali, gli errori del sindacato... Tutto pagato solo da noi, sulla nostra pelle".

Pelle che, adesso, brucia. Si vive con la paura, il clima è pesante. In volo e nei trasferimenti, non si parla d'altro. Le regole, intanto, sono già cambiate. Non c'è ancora un nuovo accordo contrattuale, ma Alitalia (ormai eterodiretta da Cai) applica criteri molto più pesanti: "Utilizzano gli standard minimi europei - spiega A. U. - , quelli al di sotto dei quali non possono volare senza perdere le licenze. Sugli MD80 e sugli Airbus 320 si vola anche con due o tre persone in cabina. Prima eravamo in quattro. Sono livelli da compagnia 'low cost', non da compagnia di bandiera...".

Chissà quanto è pesata la paura del futuro e dell'ignoto nelle scelte estreme di B.B. una hostess romana di 39 anni e di F. P. una sua collega genovese. Entrambe si sono suicidate nel giro di una decina di giorni (il secondo caso è dell'altro ieri). Nessuno osa collegare direttamente i loro gesti con la crisi della compagnia, ma tutti, parlandone a bassa voce tra un volo e l'altro, fanno ragionamenti tanto ovvi quanto agghiaccianti: "Ne discutevamo ieri con dei colleghi - racconta A. U. - Ci guardavamo, cercavamo di capire. E' vero, nessuno può dir nulla di quello che succede nella testa e nel cuore di una persona... di quello che ti porta a una scelta così. Ma tutti eravamo d'accordo che se uno ha dentro una grossa fragilità, una sofferenza, un dolore personale; se uno sta male, tutto questo che sta accadendo a noi e intorno a noi può diventare una spinta importante, se non determinante a un gesto così grave e terribile". Oltre, nessuno si sente di andare, ma qualcuno dovrà cominciare a pensare se due suicidi in dieci giorni in una categoria di poche migliaia di persone unite da un destino drammatico, sono ascrivibili alla normalità.

La normalità, all'Alitalia, se n'è andata da tempo. Con i turni di dicembre, ad esempio: uguali per tutti; tutti di "riserva". Il programma dei voli di dicembre, dunque, non esiste. La compagnia non è stata in grado di assegnare un solo lavoratore a una tratta: "Di giorno in giorno ti chiamano e ti dicono cosa farai domani - spiega A. U. - se volerai, dove andrai, se sarai di riposo. Impossibile programmare alcunché nella propria vita. Se hai dei bambini, non sai nemmeno se domani potrai accompagnarli a scuola". E pensare che in altre compagnie europee, il dipendente può collegarsi da casa al sistema aziendale, verificare i suoi voli, proporsi, se gli conviene per tratte e orari che preferisce. In Alitalia non è mai stato così: "Hanno sempre voluto gestire turni e orari come una riserva di potere senza che i dipendenti potessero avere voce in capitolo in modo trasparente. Così anche questo è diventato oggetto di favori, di scambi, di clientele". E favori, scambi, clientele sono sicuramente fra le cause della morte della compagnia.

Ai lavoratori tutto questo suona come una punizione inutile: "Perché - spiega ancora A. U. - una persona può fare i conti con la perdita del posto di lavoro, può elaborarla come si fa con un lutto. Ma se a tutto questo si aggiungono fatti incomprensibili, caos, disorganizzazione e umiliazioni e se tutto continua ormai da mesi, allora uno non capisce più niente e comincia a perdere anche autostima, a chiedersi cosa ha fatto di male per meritarsi una punzione così".

"Vede - conclude Marras - questa non è una ristrutturazione industriale...E' un disastro, un disastro aereo è l'esplosione di un'azienda. Noi cerchiamo di informare la gente, diciamo a tutti di non attribuire alcun valore definitivo alle lettere di cassa integrazione, di restare uniti, per quanto possono.... E speriamo, perché Cai, alla fine, si accorgerà che i 12.689 assunti non basteranno per la piena operatività e dovranno cominciare ad prendere gente dai cassaintegrati e dai precari".

(12 dicembre 2008)

24 GENNAIO: ASSEMBLEA DEL TAVOLO "LAVORO/PRECARIETA'/REDDITO"


Alle delegate, lavoratrici della Fiom


Care compagne, ci siamo viste ultimamente a Roma alla manifestazione del 22
novembre e già allora accennai che il 24 gennaio avremmo tenuto una nuova assemblea del Tavolo "Lavoro/precarietà/reddito" della Rete "sommosse", a cui sarebbe importante una vostra partecipazione.

Abbiamo letto e apprezzato il lavoro fatto dalla Fiom di inchiesta tra le operaie - anche noi a Taranto, Melfi, Palermo, e altri collettivi, in particolare a Roma, abbiamo realizzato delle inchieste locali sulla condizione delle operaie Fiat, delle ditte di pulizie, dei servizi, delle lavoratrici precarie.

Noi vorremmo proporre e discutere con voi il 24 gennaio la possibilità di realizzare un convegno pubblico in cui prendendo a base la vostra inchiesta, venga con chiarezza e forza posta la vera condizione delle lavoratrici che tocca le condizioni di lavoro ma anche l'intera vita delle donne; a partire da questo potremo discutere, decidere forme di mobilitazione specifica.
Pensiamo ad un convegno costruito dal basso, in ogni città e posto di lavoro in cui siamo o possiamo arrivare, in cui protagoniste nella sua preparazione e realizzazione, siano prima di tutto le lavoratrici, le delegate, le ragazze future precarie.
Pensiamo che questa iniziativa sia anche una giusta risposta ai piani di peggioramento in corso da parte del governo, come l'ultima grave uscita di Brunetta sull'aumento delle pensioni alle donne, che nasconde il doppio sfruttamento delle donne, con tutto quello che comporta anche in termini di salute, invecchiamento.

L'assemblea del 24 gennaio dovrebbe durare dal mattino ore 9,30 fino alla 17 massimo 18, per il luogo presto ve lo comunicheremo, se Napoli (come era stato deciso a settembre) o Roma - se è meglio per le realtà delle partecipanti.

Aspettando una vostra risposta al più presto, vi mandiamo un caloroso saluto

Margherita Calderazzi Taranto
per il Tavolo 4 "lavoro/precarietà/reddito"

per contattarci: mfpr@fastwebnet.it - sommosprol@gmail.com

Atesia: molta flessibilità…poco salario!!!

Dopo circa un decennio di utilizzazione delle differenti forme atipiche di lavoro Atesia, con la complicità di Cgil Cisl e Uil, sta per applicare al proprio personale dipendente una sorta di lavoro a chiamata che i tecnici della negoziazione chiamano Multiperiodale. Senza tante articolazioni significa la totale disponibilità dei lavoratori alle esigenze produttive dell'azienda e senza neanche avere un aumento salariale dignitoso.

Si lavorerà maggiormente nei periodi con alti volumi di traffico telefonico (quindi durante i periodi estivi e festivi e quando le mamme avranno più problemi perché le scuole sono chiuse), le ferie saranno subordinate ai flussi telefonici e addirittura gli unici istituti fruibili da contratto i Rol e le ex festività saranno in parte gestite dall'azienda sempre in base alle curve di traffico; come ciliegina sulla torta sarà consentito il controllo a distanza con la registrazione delle chiamate. Tutto questo con l’assenso delle Rsu Cgil-Cisl-Uil che i dipendenti recentemente hanno eletto.

Dopo anni di precarietà contrattuale ai lavoratori, grazie ai Sindacati Confederali, che oramai hanno fatto proprie le logiche aziendali di ipersfruttamento, verrà confermata una condizione di precarietà esistenziale perché oltre ai salari da fame non potranno più neanche pianificare in maniera soddisfacente la propria vita privata. Dopo aver beneficiato di una sanatoria dal passato governo di centro sinistra amico dei sindacati (13 ex sindacalisti facevano parte del governo Prodi) e costretto migliaia di lavoratori a rinunciare a buona parte del pregresso, quest’ azienda con il pretesto della recessione e fiancheggiata dai sindacalisti confederali, torna ad essere lider nello sfruttamento, calpestando la dignità dei propri dipendenti che ora saranno i soli a pagare la crisi.

Dopo Piani ferie forzati, spostamenti “selvaggi” da un servizio all’altro, ancora una volta l’azienda scarica il rischio di impresa sui lavoratori: ieri con i contratti Lap, oggi gestendo unilateralmente ferie, Rol ed ex Festività !!! Dopo avere escluso dalle trattative coloro che subiranno in prima persona le conseguenze di questo accordo I Sindacati Cgil-Cisl e Uil regalano all’azienda ancora più flessibilità !!! In cambio i lavoratori riceveranno controllo a distanza e monitoraggio continuo! Tutto ciò si tradurrà in aumento dei carichi di lavoro e più stress per tutti noi!!!

UN ALTRO MODO DI FARE SINDACATO È POSSIBILE !!!

AUTORGANIZZATI NEI COBAS !!! COBAS ATESIA-ALMAVIVA CONTACT

Clicca qui per scaricare l'ipotesi di Accordo Cgil-Cisl-Uil/Almaviva Contact del 1 Dicembre 2008

www.cobasalmaviva.org
info@cobasalmaviva.org

18/12/08

LAVORATRICI MS

MS di Romanore (MN): ancora una volta operaie senza stipendio da mesi e stavolta è più vergogna di sempre!

Questa mattina quando il compagno della CGIL a cui avevamo telefonato per invitarlo allo scambio di auguri di fine anno in Provincia, ci ha detto che alla MS era in corso un picchetto delle operaie in servizio presso il magazzino di Romanore (MN), mi sono chiesta se avevo capito bene.
Avevo capito giusto: dopo la vicenda dello scorso maggio che aveva visto il licenziamento di 16 operaie (socie lavoratrici di una cooperativa di somministrazione di manodopera) rimpiazzate nel giro di 12 ore da altrettanti operaie cinesi pagate la metà (3.20 all'ora compreso il ricarico per i "caporoali"), ancora una volta Spaggiari, il padrone di fatto della ditta che vanta una rete di negozi in tutta Italia, quantificabile in oltre 70 punti vendita, ha colpito ancora: non paga le lavoratrici da 5 mesi, gli rifiuta la tredicesima e toltoil superminimo contrattuale.
C'è di più: l'ennesima cooperativa di somministrazione di manodopera, stavolta non è un soggetto radicato nella cooperazione specializzata nel tutto fare del "facchinaggio" a poco prezzo, come era avvenuto in maggio con una coop che aveva in gestione, ad esempio, gli appalti dell'areoporto di Montichiari (BS), ma una coop di recentissima costituzione presieduta da un' ex operaia rumena con una segretaria, pure lei ex operaia. La coop sarebbe costituita dalle lavoratrici del magazzino, tutte rumene, in servizio alla MS anche da 5, 6 anni, che giurano di non aver firmato nulla e soprattutto di non aver mai partecipato ad assemblee sociali. Eppure c'è un verbale della assemblea dei soci della Chipper (dal nome della presidente che ha pure sede a casa della stessa persona) di pochi giorni fa, dove alla presenza del "consistente" numero di due partecipanti (presidente e segretaria), tutte le socie accettano di ridursi lo stipendio, rinunciare al supermino contrattuale, congelare la tredicesima e aspettare gli stipendi arretrati.
La Chipper non paga le operaie da 5 mesi e da luglio i contributi INPS, è in rosso, eppure il committente Spaggiari ha chiesto alle operaie di lavorare un'ora in più al giorno: non perchè ha più commesse in occasione del Natale, dice, ma perchè le operaie non hanno voglia di lavorare, sono delle lavative e non terminano in tempo le consegne. Dejà vù. A cui aggiunge che se lavorano un'ora in più gratis per un anno, forse, le paga!
Chissà perchè poi ci metta almeno due anni, ma nche 5 o 6, per accorgersi di avere assunto delle lavative che vorrebbe anche far lavorare gratis.
Spaggiari si affanna a fare proposte ma poi ricorda che lui non ha dipendenti e nemmeno strutture: le operaie sono socie - lavoratrici e quindi è la loro ex collega preisdente a doverle pagare e, in caso contrario, a finire nei guai, lalegge parla chiaro. Ed è vero.
Lui giura di averle dato 50.000 €, lei risponde solo 10.000 con cui non è riuscita nemmeno a pagare l'INPS, di avergli detto dopo un mese che si metteva male ma lui rispondeva di non preoccuparsi e di continuare a lavorare.
Le buste paga riportano la cifra completa di 1000 € menisili mentre, a parte un acconto di 400 euro a luglio, non si è visto un soldo: parlano chiaro i bonifici bancari che non ci sono.
Dunque è sciopero, con picchetto davanti alla fabbrica e il solito Spaggiari, padrone del nulla, nemmeno delle tre Mercedes fiammanti che sfoggia, che fa la spola fra i magazzini della zona artigianale di Romanore: i muri sono di un certo Bacchi, la manodopera dipende dalla coop della ex operaia rumena ora sul lastrico con due bambini piccoli a carico, la residenza del padrone è in Croazia e la sede del committente (sempre lui) in Lussemburgo......
Devo cercare parole per commentare? Meglio di no, educazione e linguaggio della politica non troverebbero sinonimi adatti.
Eppure va avanti così da anni: la storia è ritrita e ci ha portato, su iniziativa delle operaie licenziate a magggio e del collettivo femminista Colpo di Streghe, a lanciare la campagna di boicottaggio dei prodotti MS, venduti in tutta Italia.
Insieme alla compagna Scilla Alberini ho denunciato Spaggiari all'Ufficio del lavoro e all'ASL per il mancato rispetto delle più elementari norme di tutela del lavoro e la irregolarità dei pagamenti.
Eppure niente si è mosso e la faccia tosta del padrone è oggi ancora più odiosa.
Fa una proposta che solo per il coraggio di formularla meriterebbe un TSO immediato, anche se non è il padrone, come ricorda alla nausea a noi, alla CGIL e alla FIOM (gli unici a portare solidarietà al picchetto delle operaie) ed imputa alla presidente della Coop (che si è dimessa) di essere una buona a nulla, di avere intascato i soldi che le ha dato!
Non c'è ritegno.
Spaggiari ormai non ha più operaie che non siano cinesi: le ragazze del picchetto ci dicono tristemente: "loro si accontentano, sai come sono!"
Intanto ribadiamo la necessità di non andare a comprare vestiti e oggetti alla MS, di mantenere il boicottaggio di questo impudente padrone medievale per cui la legge 30 ha rappresentato la vincita alla lotteria, poi, come gruppo consiliare provinciale dei Comunisti Italiani invieremo un esposto in procura, raccontando questa storia di inammissibile ed indegno sfruttamento per cui nemmeno le tutela della legge più iniqua che l'Italia abbia mai avuto a danno degli operai, può rappresentare impunità e ciò qualora la stessa giunta provinciale non acetti di farlo come istituzione.
Vogliamo che le operaie abbiano i loro stipendi completi, il rispetto dei diritti e saremo al loro fianco fino a quando il padrone non rispetterà gli accordi ed avranno trovato un lavoro decente.

monica perugini
proletari@ - comunicazione militante

16/12/08

LA TRAGEDIA DELLE LAVORATRICI DELL'ALITALIA

Alitalia: fioccano le prime lettere di cassa integrazione e due lavoratrici si suicidano.

Alitalia manda le lettere di cassa integrazione a tutti i dipendenti. Dipendenti, operai o impiegati, mentre stanno svolgendo il proprio lavoro, vengono improvvisamente chiamati dal proprio responsabile che a sua volta consegna loro questa lettera. Il dipendente viene poi imeediatamente accompagnato/scortato dalla sicurezza come un delinquente a prendere le sue cose nella scrivania o armadietto e accompagnato fuori dal varco doganale.

Intanto domenica 14/12/2008, arriva la notizia del suicidio di due donne -assistenti di volo di Alitalia, confermata da compagni della Cub Alitalia alla trasmissione radiofonica su Radio Onda Rossa. E' questo il prezzo che le lavoratrici pagano per una ristrutturazione-furto con cui il governo Berlusconi spalleggiato dal "poveraccio" Veltroni e dai sindacati
CGIL, CISL, UIL e UGL, fanno pagare ai lavoratori della nostra ex compagnia di bandiera. Migliaia di donne e uomini lasciati da soli in questa battaglia , addittati dai vari fantocci di regime come "terroristi " e "privilegiati" , insomma esseri umani a cui gente che ora parla di "questione morale" ha distrutto la dignità e di fatto la speranza di vivere. Donne e uomini a cui è stato levato tutto, per favorire un avventura banditesco -speculativa che non porterà nulla al paese , se non il definitivo smantellamento della nostra ex compagnia di bandiera e la sua ,questa volta si , svendita ad Air France e Lufthansa. Questi signori sono coloro che dovrebbero difendere il nostro paese e le nostre famiglie dallo tsunami della più grande crisi che il capitalismo abbia prodotto dal 1929!!! Per loro un solo epitaffio ( anche se pensiamo che tale epitaffio possa essere capito da uomini con una moralità e voi non la avete di certo):

Vergognatevi!

15/12/08

12 DICEMBRE A PERUGIA


L'ONDA GENERALIZZA LO SCIOPERO

Con Alexandròs nel cuore, l'onda perugina ha invaso le strade del centro, manifestando autonomamente rispetto alla CGIL. Alcune centinaia di student*, insegnant*, precar* e altre individualità e soggettività, si sono mosse da Piazza Grimana verso il centro storico attraversando Piazza IV novembre, al grido di NOI LA CRISI NON LA PAGHIAMO e DALLA SCUOLA AL LAVORO, PRECARI DA MORIRE, Giunt* all'ingresso di via Oberdan, i manifestant*, spontaneamente, si stavano dirigendo verso il consolato greco, per esprimere con forza tutta la rabbia per i fatti di Atene, dove, alcuni giorni fa, uno studente di 15 anni è stato barbaramente ucciso dai soliti killer in divisa. La risposta della polizia è stata quella di sbarrare il passo al corteo, chiudendo, ancora una volta, ogni spazio alla libera circolazione dei soggetti, in una città soffocata dalla morsa securitaria. L'indignazione è stata più forte della loro ridicola ottusità: l'onda non si è fermata, ha travolto via Oberdan e ha raggiunto la porte del consolato greco per ribadire che Alexis è uno di noi e continuerà a lottare al nostro fianco in tutte le piazze e le strade del mondo. Il corteo si è poi mosso verso corso Vannucci dove si è intrecciato con i lavorator*. Da lì, si è diretto verso le banche, abbellendole con adesivi, stelle filanti e monetine, in quanto veri responsabili della crisi economica.
Questo è stato il nostro modo per dare senso a uno sciopero generale che ci stà stretto nelle sue forme e nei suoi contenuti.

L'ONDA È SEMPRE PIÙ IRRAPPRESENTABILE E INSINDACALIZZABILE. TRASFORMEREMO OGNI GIORNO DI MOVIMENTO IN SCIOPERO GENERALIZZATO.

Movimento studentesco perugia

Qui sotto il volantino del collettivo femminista per lo sciopero del 12:



14/12/08


La notte dell'11 dicembre un altro lavoratore è morto all'Ilva di Taranto. Il terzo dall'inizio dell'anno, il 45° durante la gestione Riva.

Si chiamava Jan Zygmuntjan Paurowicz ed era al suo ultimo giorno di lavoro...
...al suo ultimo giorno dentro l'inferno dell'Ilva,
il più grande impianto siderurgico d’Europa. Nella sua storia si contano 180 morti sul lavoro, 8 mila invalidi e circa 20 mila morti di cancro e leucemia.

Questi morti noi vogliamo ricordare con un testo di Franca Caliolo, una delle promotrici della rete nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro. In questo testo Franca racconta la storia di suo marito, un altro operaio che lavorava all'Ilva, un altro operaio morto sul posto di lavoro, da solo. Francesca scrive immedesimandosi nel marito, facendo come se lei fosse lui. Racconta, in poche pagine struggenti, la sua ultima giornata «da vivo». Da qualche tempo Francesca gira l'Italia per raccontare la storia di suo marito, il dolore e l'ingiustizia per lei e per i suoi figli di quella assenza. Perché non ci sia più assuefazione, fatalismo, silenzio.

Il giorno in cui misi piede per la prima volta come operaio nel cantiere Ilva di Taranto, fui preso dallo sconforto, come mai mi era accaduto nella mia lunga esperienza lavorativa. Difficile arrivare alla fine di quella giornata. Trovare quel lavoro non era stato facile: dopo mesi di mobilità e decine di domande inoltrate a ditte del settore, un contratto a due mesi mi aveva dato respiro. Conoscevo già il cantiere per averci lavorato in trasferta qualche anno prima. Quella sensazione che avevo ora però, era di definitiva appartenenza a quel luogo e questo mi infondeva pessimismo per il futuro. Dovevo avere un´espressione molto avvilita se, tornato a casa, mia moglie mi abbracciò forte, dicendosi sicura che presto avrei trovato qualcosa di meglio. Invece restai in quella ditta per due anni, passai in un´altra come caposquadra per altri due, per poi tornare alla prima, divenendo vice-capocantiere circa tre anni dopo.
Questo scatto di livello mi gratificò, gravandomi al tempo stesso di una grande responsabilità, a causa di lavori molto impegnativi che eravamo chiamati a fare. Ciò che restava immutato era il paesaggio.
Contro un cielo velato dai fumi, si stagliavano bizzarre architetture: come cattedrali futuriste consacrate alla grande economia, svettavano numerose ciminiere, attorniate da condutture metalliche che percorrevano in lungo e in largo la città-cantiere, trasportando enormi quantità di gas, per arrivare ai potenti altoforni capaci di ridurre i metalli in lava incandescente.
A fumi e vapori si aggiungeva il `polverino´, come lo chiamavano qui, che si sollevava dalle nere colline di carbone dei parchi minerali, in una sorta di moderna rivisitazione dell´Inferno dantesco. Di tanto in tanto, paradossalmente, il tutto era avvolto dalle note dell´"Inno alla gioia" di Beethoven, diffuse dagli altoparlanti per sottolineare il momento culmine della "colata". A questo scenario pian piano non ci feci più caso, se non per il fatto che gradualmente contribuiva ad aggravare la mia allergia. La prima estate che affrontai in Ilva fu una delle più calde in assoluto. Toccò i 40° e a noi toccò ristrutturare un altoforno ancora caldo, situato vicino a un altro in funzione, a 1.800°. In seguito bisognò revisionare dei silos contenenti residui oleosi che impregnavano le nostre tute rendendole inutilizzabili: condutture buie e fuligginose che ci rendevano irriconoscibili come minatori a fine turno.
Strutture poste ad altezze irraggiungibili da chi non avesse una qualche capacità funambolica. Difficile raccontare questo stato di cose a chi non conosceva quell'ambiente. E infatti non lo raccontavo. Non lo raccontavo ai conoscenti, non lo raccontavo ai parenti.
Non lo raccontavo agli storici amici, insieme ai quali avevo condiviso battaglie sociali. Col tempo le nostre vite erano cambiate; dal punto di vista del lavoro però, la mia vita era cambiata più delle loro. Lavoratori per lo più "di concetto", li ritenevo teorici idealisti, lontani anni luce dal mondo cui accennavo loro con battute ironiche. Mia moglie era l'unica a conoscere nei dettagli la mia realtà lavorativa. Quasi ogni mattina, mi chiamava per un rapido saluto che mi rincuorava e poi, una volta a casa, mi martellava di domande per conoscere tutto della mia giornata.
Benché restìo a raccontare aspetti poco rassicuranti per lei, mi ritrovavo poi a farle un resoconto completo anche di dettagli tecnici.
Questo suo modo di essermi vicina, era parte integrante di una condivisione totale della nostra vita e aveva in effetti il potere di alleviare tante giornate difficili. Così come mi aiutava il bellissimo, profondo legame con i nostri figli. Ma anche al lavoro mi aiutavano i contatti umani. Ci tenevo a stabilire rapporti di amicizia prima che professionali; una risata, una battuta, qualche aneddoto ci faceva superare le giornate più pesanti. Avevo buoni rapporti con tutti o quasi e avevo rispetto per i superiori come per l´ultimo arrivato.
In passato avevo subito troppe vessazioni solo per essermi opposto a delle ingiustizie, da parte di capi tesi ad affermare il proprio ruolo, per non nutrire rispetto per chi avevo di fronte. Oltretutto lavoravo quasi sempre al fianco dei miei operai per condividere rischi e fatica. Era nel periodo delle "fermate", vale a dire il blocco produttivo di un settore del cantiere, che permetteva a noi di intervenire, che divenivo duro ed esigente, preoccupato che tutto andasse per il meglio.
Ad ogni modo, odiavo quel lavoro.
Non lo lasciavo perché volevo mettere un po' di risparmi da parte per avviare una attività indipendente, magari nella ristorazione. Cosa non facile con una famiglia monoreddito e due figli in crescita. D´altro canto, per quanto ancora avrei potuto svolgere un lavoro così usurante con due vertebre schiacciate, un menisco lesionato e una tendinite al braccio destro? E comunque sognavo un lavoro che mi lasciasse più tempo per vivere insieme alla mia famiglia e programmare finalmente delle ferie in estate, seguire il calcio, la politica, fare passeggiate senza sentirmi stanco e stressato. E se la stanchezza era dovuta alla manualità del lavoro, lo stress derivava dal carico di responsabilità, per l'esecuzione tecnica secondo precisi parametri e tempi sempre troppo limitati, dettati da gare al ribasso, che ci imponevano turni impossibili, arrivando a volte a lavorare per 16 e addirittura 24 ore di seguito! Nel contempo bisognava fare attenzione che nessuno si facesse male e, a dire il vero, la frequenza degli incidenti in tutta l´Ilva non lasciava ben sperare.
A fine giornata pareva un bollettino di guerra, con incidenti di tutti i tipi: ustioni, intossicazioni, fratture e, qualche volta, si moriva anche. Le morti ci lasciavano attoniti, a pensare all´esagerato tributo da pagare in cambio di un lavoro di per sé duro e alienante.
Eroi, martiri del lavoro? Nessuna medaglia, non funerali di stato.
E credo che nessuno di quegli uomini avesse voglia di immolarsi a un dio che chiedeva sacrifici in nome di interessi economici, e non si prodigava ad attuare migliori misure di sicurezza, definendo "morti fisiologiche" quelle 2-3 che in media si verificavano per anno in un cantiere dove operavano circa 20.000 persone. Ci sentivamo impotenti, rassegnate formiche al cospetto di un colosso. Protestavamo e poi, dovendo continuare a lavorare, cercavamo di scongiurare la morte cercando di non pensarci. D'altronde nella nostra ditta non era mai morto nessuno. Sono passati ormai quasi nove anni dal mio ingresso in Ilva e sono ancora qui, alle prese con un´ennesima "fermata" che si presenta particolarmente complicata e che mi ha caricato di tensione già da qualche settimana.
Neppure questa pausa pasquale è servita a ricaricarmi; neppure la giornata di ieri passata in campagna respirando aria pura, cosa non comune per me.
Ho avuto da ridire con mia moglie anche prima di andare a dormire, col pretesto che non aveva sistemato bene la piega del lenzuolo.
Lei ci è rimasta male perché era stanca, ma io ero nervoso e intrattabile e non ci siamo neppure dati la buonanotte.
Più tardi appena avrò un po´ di tempo la chiamerò per scusarmi, tanto ormai lo sa che se non termina la fermata non torno sereno.
E questo lavoro ci dà già delle noie, un´operazione che non va per il verso giusto, ci tocca smontare e rimontare.
Siamo a venti metri da terra per sostituire delle valvole di un enorme tubo che è stato svuotato, così ci hanno assicurato, del gas che trasportava. Indossiamo maschere collegate a bombole d´aria perché potrebbero esserci residui di gas, non è la prima volta che torno a casa con nausea e mal di testa da scoppiare. E infatti verso le dieci ho soccorso un ragazzo che si è sentito male. Questo gas è inodore e insapore, perciò più insidioso; un paio di noi hanno il rilevatore ma ormai è certo che da qualche parte c'è una perdita, comincio ad avere mal di testa.
Comunque noi siamo abituati ad operare così, né la ditta né l'Ilva si possono permettere di bloccare i lavori ogni volta che qualcosa non va, non gli conviene. A noi scegliere poi se ci conviene rischiare o non lavorare più. Meno male almeno che i turni ora sono regolari, in fondo non è la prima volta che respiro questo maledetto gas. Mi dà nausea, vertigini, mal di testa, ma una volta a casa mi riprendo, devo resistere fino ad allora.
Intanto il cellulare continua a squillare, sono quelli dell'altra squadra ed io per rispondere e richiamarli devo togliere la maschera. Non posso ogni volta scavalcare questo tubo che ha 3m di diametro per raggiungere la postazione di sicurezza, perderei troppo tempo. Anche la scala di accesso è dall´altra parte, così mi allontano del massimo che mi è consentito.
Stiamo lavorando come forsennati, vorrei che Gabriele fosse qui e ci vedesse, capirebbe perché insisto tanto sul fatto che studi.
Ultimamente sono stato anche un po´duro con lui, ma non vorrei mai che si trovasse costretto un giorno a fare questo.
Ora non ce la faccio proprio più, mi sento mancare le forze. Mi allontano verso l´ufficio, vorrei chiamare Franca ma si accorgerebbe che qualcosa non va, non voglio preoccuparla.
Nella mente mi scorrono delle immagini. Mi rivedo ragazzino a bottega dal fabbro, durante le vacanze estive, mentre i miei amici giocano nel cortile dell´oratorio vicino. Ma io ho perso mio padre a nove mesi e son dovuto crescere in fretta.
Mia madre, contadina, ha dovuto tirare su cinque figli da sola.
Con un diploma professionale, non ho trovato di meglio da fare che il muratore, stringendo i denti per la fatica eccessiva per un fisico esile come il mio. Qualche anno dopo sono diventato un bravo venditore di macchinari per falegnameria, con i cui proventi ho potuto costruire la mia casa.
Dopo nove anni il mercato ristagna, torno così alla condizione di operaio stavolta metalmeccanico, nel Petrolchimico di Brindisi. Dopo altri nove anni la ditta ci impone la condizione di trasfertisti; non ce la faccio ad allontanarmi dalla mia famiglia e rifiuto, ritrovandomi così in mobilità. Fino ad oggi ho trascorso quasi nove anni qui in Ilva e chissà, forse la mia vita avrà una nuova svolta.
Non cerco di dare un senso a questa mia vita di fatica e sacrifici. Il senso è gia tutto negli affetti.
D´altronde la felicità non è una condizione continua, se non nelle fiabe.
Noi dobbiamo accontentarci delle piccole cose e vivere intensamente i momenti di felicità che ci capitano, come dice mia moglie, che sa restituirmi la gioia di vivere. Ora devo tornare al lavoro, non mi sento ancora bene.
Qualcuno mi sconsiglia di risalire, non ho un bell'aspetto, dice. Non posso, siamo una squadra ed io ne sono anche responsabile.
Infatti i problemi non sono ancora risolti; insistiamo, ricominciano le telefonate. Cambia il turno, mi sollecitano a lasciare ad altri il completamento del lavoro. Non posso, ci sono quasi riuscito, è un lavoro pericoloso, meglio completarlo.
Stasera a casa voglio abbracciare Franca, Gabriele e Roberta.
Dire loro quanto li amo, proporgli di fare una crociera, è tanto che ci penso e poi voglio cambiare lavoro, non ce la faccio più, sono stanco, stanco, così stanco che all'improvviso ho voglia di dormire, mi si chiudono gli occhi, squilla il cellulare, dormo.
* * *
Amore mio, è passato un anno da quando non ci sei più.
Quante volte mi sono chiesta se non sentivi lo squillo della mia chiamata, se proprio in quel momento cadevi, se pensavi a noi.
Di quel giorno posso ricordare tutto, posso anche rivivere lo straziante dolore di una realtà dura da accettare, così dura da far crescere in un attimo i nostri ragazzi, proiettati improvvisamente davanti alla morte, quella del loro adorato papà.
Voglio credere che quel giorno il Signore ti abbia fatto cadere tra le sue braccia, per portarti a vivere una felicità mai provata prima.
Voglio credere che tu sia qui tra noi, che continui a proteggerci col tuo amore e la tua tenerezza.
Dev'essere così, altrimenti non saprei spiegarmi perché continuo ad amarti tanto e ad avere la forza di vivere senza di te.

SU TORINO


Il 6 dicembre a Torino 5000 persone hanno animato la bella, combattiva, toccante e coinvolgente manifestazione veramente nazionale e veramente rappresentativa, che unisce ricordo solidarietà, denuncia e lotta.
Una manifestazione di base e di classe, una manifestazione autorganizzata e nelle mani dei lavoratori e delle lavoratrici dall'inizio alla fine, una unità con gli studenti dell'onda e il movimento notav, un appello raccolto,una associazione legami di acciaio che raccoglie operai e familiari thyssenkrupp per continuare una lotta contro i padroni assassini e che ora lancia un appello per l'Ilva di Taranto.

Durante la manifestazione si è denunciato l'attacco alle condizioni di salute e di vita delle lavoratrici e il grave silenzio su di esso.
Alla Manifestazione è stata portata l'adesione delle compagne dell'MFPR, delle compagne di ACTION A, del sommovimento femminista di Perugia, di Geni Sardo di Trieste, Delle compagne/delegate della CUB di Bologna,ecc. E' stata una prima voce delle donne, ma è necessario che essa diventi ancora più forte.

Quello che segue è il comunicato della rete nazionale per la sicurezza sul lavoro


COMUNICATO DELLA RETE NAZIONALE PER LA SICUREZZA SUL LAVORO
Il corteo nazionale di sabato 6 dicembre a Torino è stato un grande successo politico. Ne avremmo fatto volentieri a meno, perché ciò avrebbe significato l'estirpazione della piaga delle morti da lavoro nel nostro Paese, ma purtroppo così non è, come stiamo denunciando da più di anno, quando si è costituita la Rete Nazionale per la Sicurezza sui posti di lavoro. E, invece, ci siamo ritrovati/e in 5000 a stringerci intorno alle famiglie dei 7 operai morti nel rogo della Thyssen di un anno fa e a rilanciare la mobilitazione per fermare questa vera e propria guerra, che fa 1400 morti l'anno e più di 1 milione di feriti. Tutt* abbiamo puntato il dito contro la vera causa di questa piaga sociale, il profitto, il guadagno di industriali e finanzieri diventato l'unico (dis)valore che va salvaguardato. E per far questo bisogna incrementare la flessibilità di orario, la precarietà lavorativa, tagliare i salari, sventrare territori e quartieri, abbattere la scuola e l'università pubbliche, avvelenare lavoratori e città, uccidendo molti dei suoi abitanti. Vogliamo ringraziare innanzitutto i lavoratori della Thyssen e i familiari delle vittime raccolti intorno all'Associazione "Legami d'acciaio", che con noi hanno costruito questa grande manifestazione, e che a partire dal 15 gennaio, inizieranno la parte più dura della battaglia giudiziaria, che vede imputati 6 dirigenti della multinazionale tedesca, uno dei quali per omicidio volontario. Vogliamo ringraziare inoltre lo SLAI COBAS per il sindacato di classe, il Comitato 5 Aprile di Roma, l'Assemblea dei Lavoratori Autoconvocati, tutti i compagni e tutte le compagne, le associazioni di familiari e di cittadini, arrivati a Torino a centinaia da tutto il Piemonte, ma anche da Milano, Vicenza, Marghera, Ravenna, Massa, Viareggio, Livorno, Terni, Roma, Napoli, Taranto, Palermo. Oltre alle centinaia di lavoratori, lavoratrici, medici, ispettori del lavoro e dell´INPS, tecnici della prevenzione delle ASL , dirigenti e aree politiche, PRC (presente con la federazione torinese) e PDCI, avvocati, giornalisti, studenti, personaggi dello spettacolo che hanno sottoscritto l´appello per la manifestazione, dando evidenza e visibilità al consenso e sostegno sociale di cui gode la battaglia contro le morti sul lavoro. Un caloroso ringraziamento va poi al Comitato "6 dicembre - Basta morti!" di Torino che si è sobbarcato tutto il peso tecnico-organizzativo della manifestazione sul territorio: il Patto di consultazione del sindacalismo di base (Cub-Confederazione Cobas-SdL), i tanti operai e compagni iscritti alla Fiom della Fiat Mirafiori e delle fabbriche del torinese (dalla Frigostamp di Collegno, alla Lear di Grugliasco, ecc.), i lavoratori e le lavoratrici dei call-center, della pubblica amministrazione, dei servizi bancari, delle cooperative, gli studenti e le studentesse dell'Assemblea No-Gelmini (Palazzo Nuovo) e No-Tremonti (Politecnico), i compagni e le compagne delle tante organizzazioni politiche cittadine come le Federazioni di Torino del PdCI e del PRC. Non sono ringraziamenti rituali: l'ampia trasversalità che ha caratterizzato la preparazione e lo svolgimento della manifestazione rappresenta anche il successo e la bontà di un metodo, basato sul coinvolgimento e la pari dignità di tutti i soggetti che si battono NEI FATTI, SENZA SE E SENZA MA, per la salute e la sicurezza nei posti di lavoro e nei territori, contro la logica del profitto e dello sfruttamento dell'uomo e della terra. Cominciando a lottare fianco a fianco indipendentemente se militanti o iscritti della CGIL, oppure del sindacalismo di base e di classe. Un metodo che non può che valorizzare tutti i tentativi di riconnettere idealità e ricomporre progetti politici e sindacali per ridare protagonismo ad un punto di vista di classe e della classe. Lo abbiamo fatto nonostante - ma soprattutto contro - il cinismo ipocrita della politica istituzionale e dei "palazzi", che non solo non ha rispettato le sue promesse "da marinaio" fatte all'indomani della strage di un anno fa, ma ha addirittura continuato a legiferare nel senso del peggioramento delle condizioni di sicurezza nelle aziende, con la detassazione degli straordinari, la legge 133, la direttiva del Ministero del Lavoro in materia di servizi ispettivi, il ddl 1441 in discussione alla Camera che lega le mani ai giudici del lavoro. Lo abbiamo fatto contro l'arroganza criminale di Confindustria, che non contenta di tutto ciò che le viene concesso (sgravi, detassazioni, finanziamenti ecc.), con la proposta di controriforma del modello contrattuale, intende stracciare uno degli ultimi strumenti a disposizione dei lavoratori per difendere salario e stabilità occupazionale (il CCNL) e piegarlo agli interessi di redditività e competitività delle aziende. Lo abbiamo fatto, infine, nonostante il balbettìo, quando non l'ostilità aperta, di quelle organizzazioni sindacali che, nel nome di una concertazione ormai morta e sepolta (dai padroni), o nel nome di una pretesa esclusività sindacale nel gestire questo problema (salvo poi fare molto poco nel concreto), hanno, palesemente o in forma occulta, boicottato la manifestazione ed invitato al boicottaggio, sperando in un suo fallimento. La battaglia è appena cominciata, altri morti e feriti continueranno a insanguinare la nostra società, altri cortei, altre lotte, altri scioperi (al più presto uno sciopero generale nazionale sulla sicurezza), altri processi si susseguiranno. La riuscita del corteo di sabato 6 dicembre ci dà sicuramente più entusiasmo nella possibilità di poterla affrontare meglio tutt* unit*. Per questo, per rafforzare ed estendere il percorso ed il lavoro della Rete Nazionale diamo appuntamento all'assemblea nazionale del 24 gennaio a Roma.

rete nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro bastamortesullavoro@domeus.it
9 dicembre 2008

04/12/08

TORINO, 6 DICEMBRE 2008


MANIFESTAZIONE NAZIONALE CONTRO GLI OMICIDI BIANCHI

Il 6 dicembre 2008, due importanti manifestazioni nazionali autorganizzate attraverseranno Torino in difesa della salute pubblica, dei beni comuni: per la sicurezza nei luoghi di lavoro (ore 9,30), in occasione dell’anniversario della strage di 7 operai alla ThyssenKrupp e la difesa del territorio (ore 14), per l’anniversario di Venaus.

Qui sotto l’appello dell’associazione LEGAMI D’ACCIAIO e della RETE NAZIONALE PER LA SICUREZZA NEI LUOGHI DI LAVORO:

per adesioni 6dicembre@gmail.com

6 dicembre 2007: strage di 7 operai alla ThyssenKrupp di Torino

6 dicembre 2008: non dimentichiamo tutte le stragi e morti sul lavoro

Il 6 dicembre di un anno fa un rogo sprigionatosi all'interno dello stabilimento ThyssenKrupp di Torino faceva strage di 7 operai. Sette vite bruciate e sette famiglie lasciate nella disperazione.
Forte fu la commozione e l'eco in tutto il Paese. Le massime autorità dello Stato, a cominciare dal Presidente della Repubblica Napolitano, dichiararono che avrebbero fatto l'impossibile affinché stragi come quella di Torino non fossero più avvenute.
Spenti pian piano i riflettori dei mass-media, la questione della sicurezza sul lavoro è sparita dall'agenda politica di governi e parlamenti, sostituita da quella – montata ad arte - della "sicurezza" nelle città, della psicosi dell'immigrato stupratore, rapinatore, pirata della strada o altro, dimenticando che secondo studi della stessa UE, le città italiane sono le più "sicure" d'Europa…
Ma tant'è, si mandano forze di polizia e militari nelle città, ma non si fa un passo per garantire incolumità e sicurezza a chi vive di lavoro. La strage di Torino non è stata la prima e, purtroppo, non è stata l'ultima: i circa 4 morti al giorno nei luoghi di lavoro dovrebbero suonare come un sonoro schiaffo per qualsiasi società che abbia la presunzione di definirsi "civile". Ma in Italia no: qui non solo si continuano a varare provvedimenti assolutamente insufficienti, soprattutto dal punto di vista delle azioni di contrasto e di sanzione nei confronti delle aziende, come da quello dei poteri e delle agibilità degli RLS e degli ispettori INPS o INAIL (come il nuovo Testo Unico, Legge 81/2008), ma a questi si affiancano leggi e decreti come quello sulla detassazione degli straordinari (Legge 126/24 del luglio 2008), quello sulla deregolamentazione del mercato del lavoro (Legge 133 del 5 agosto 2008), la direttiva del Ministero del Lavoro che indebolisce i servizi ispettivi del ministero stesso e dell'INPS (settembre 2008), e, ultimo solo per tempo, il ddl 1441 quater, attualmente in discussione alla Camera, che vorrebbe sterilizzare i processi e legare le mani ai giudici del lavoro.
Il segnale è purtroppo molto chiaro: da un parte si continuano a garantire condizione di massima redditività delle aziende (cioè massimi profitti), dall'altra si aumenta la precarietà, si allunga l'orario di lavoro, si controllano di meno le violazioni in termini di sicurezza, diminuendo quindi la tutela della salute e dell'incolumità del lavoratore, così come di chi vive in città o quartieri vicini ad impianti industriali: ecco che, quindi, l'immigrato che lavora nel cantiere si trova nella stessa barca con l'operaio Fiat, con l'abitante di Taranto che respira le polveri tossiche dell'ILVA, o con il valsusino che rischia di morire di amianto se partiranno i lavori del TAV…
Siamo stanchi di restare a guardare, spettatori/vittime di una macabra rappresentazione che coinvolge, direttamente o indirettamente tutti noi.
Il 6 dicembre saremo a Torino e sfileremo dalla Thyssenkrupp al Palagiustizia non solo per ricordare i nostri 7 compagni di lavoro morti nel rogo di un anno fa, reclamando giustizia in un processo che sta per entrare nel vivo, ma per ricordare tutti i lavoratori e le lavoratrici che ogni giorno perdono la vita o subiscono gravi infermità perché qualcuno, per volersi arricchire sempre di più, li fa lavorare sempre di più, sempre più velocemente e in condizioni sempre più insicure.
Il processo Thyssen è giunto ad un grande risultato, senza precedenti nella storia della giurisprudenza italiana: i lavoratori vengono ammessi dal Gup come parte lesa e quindi riconosciuti come parte civile in un processo contro i sei dirigenti della multinazionale tedesca per il rischio che hanno occorso a lavorare in un'azienda (peraltro già chiusa), così come purtroppo ha colpito i nostri cari sette compagni in quella tragica notte. Ma sappiamo che questo non basta: siamo coscienti che sarà possibile invertire questo drammatico corso di sangue e di morte (una "guerra" che fa più vittime della guerra in Iraq o delle guerre di mafia) solo se riusciremo ad affermare un punto di vista, che è chiaramente, senza se e senza ma, quello di salvaguardare la salute, la sicurezza nei luoghi di lavoro e di fare sempre e comunque gli interessi delle lavoratrici/ori scegliendo fino in fondo e senza ambiguità da che parte stare, ossia dalla nostra parte, con orgoglio e dignità, quella di chi lavora.
Per questo facciamo appello a tutte le organizzazioni sindacali, alle associazioni dei familiari, ai medici e ai giuristi sinceramente democratici, agli ispettori del lavoro, dell'INPS e dell'INAIL, ai giornalisti coscienziosi, ai giovani e agli studenti che in queste settimane stanno difendendo il loro futuro, a partecipare e a sostenere questa manifestazione. Perché se non lo facciamo noi, non lo farà nessuno al nostro posto.

Torino il 6 dicembre 2008 - Manifestazione con concentramento di fronte allo stabilimento ThyssenKrupp, Corso Regina Margherita 400, ore 09.30

Associazione LEGAMI D'ACCIAIO (ex-operai ThyssenKrupp e familiari delle vittime)
RETE NAZIONALE PER LA SICUREZZA NEI LUOGHI DI LAVORO
bastamortesullavoro@domeus.it per comunicazioni rapide

Adesioni al 20 novembre:

Ciro ARGENTINO, RSU FIOM-CGIL Thyssenkrupp (Torino); Nazareno BALANI, Collettivo Lavoratori Comdata - FLMU-CUB (Torino); Riccardo DE ANGELIS, RSU FLMU-CUB Telecom (Roma); Riccardo DI PALMA, RSU RdB-CUB del Comune di Borgomanero (Novara); Gianfranco DI PUPPO, RdB-CUB Comune di Torino; Andrea FIORETTI, RSA FLMU-CUB Gruppo Sirti (Roma); Vincenzo GRAZIANO, FLMU-CUB Comdata (Torino); Massimiliano MURGO, RSU Alternativa Operaia/FLMU-CUB Marcegaglia; Building, Sesto San Giovanni (Milano); Irene ROSSETTI, Collettivo Lavoratori Comdata - FLMU-CUB (Torino); Raffaele ARGENTA, FIOM-CGIL Fiat Mirafiori (Torino); Cristiano BRUZZI, precario (Bologna); Luca CARRETTA, RSU SLC-CGIL Telecom Italia S.p.A . (Torino); Roberto BEGHELLI, RSU FLMU-CUB Telecom Italia S.p.A. (Bologna); Daniela CORTESE, RSU Telecom Italia Sparkle, Circolo PRC TLC (Roma); Egidio BERTOLOTTI, Regione Lombardia; Giovanni CESAREO, docente alla Facoltà di Design del Politecnico di Milano; Massimo IBERTI, Rsu Cobas Pubblico Impiego all'Università di Torino; Arnaldo DEMETRIO, FLMU-CUB Telecom Italia (Milano); Paolo FORNELLI, segretario provinciale PdCI (Pavia); Luca MALMUSSI, RSU FLAI-CGIL Inalca\jbs di Castelvetro Modena(Modena); Francesco FUMAROLA, RSA FLMU-CUB Atesia (Roma); Riccardo FILESI, SdL Alitalia (Roma); Barbara RICCI, SdL Alitalia (Roma); Giuliano MICHELI, CUB Trasporti Alitalia (Roma); Luca CLIMATI, RSU RdB-CUB INPDAP (Roma); Fabrizio COTTINI, FIOM-CGIL Sielte (Roma); Sante MARINI, FIOM-CGIL Alcatel Alenia (Roma); Maurizio BACCHINI, FIOM-CGIL Baxter S.p.A (Roma); Marina CITTI, CGIL Menarini S.p.A. Pomezia (Roma); Antonello TIDDIA, RSU Carbosulcis; Catia GALASSI, RdB-CUB Servizi Sociali, Comune di Novara; Giorgio CREMASCHI, segreteria nazionale FIOM, responsabile sicurezza; Carlo CORBELLARI, RdB-CUB Comune di Verona; Marco RIZZO, parlamentare europeo; Claudio CANATO, RSU FLC-Cgil, Istituto comprensivo Ferrari, Vercelli; Sara ARDIZIO, Anffas Onlus, Novara; Fabio Massimo VERNILLO, delegato sindacale SdL Coop. Sprinter, Roma Termini; Luca BELLARDONE, RdB-CUB Novara; Marco DI MATTIA, RSU FIOM-CGIL Call Center Telegate (Torino); Ornella TERRACINI, direttivo regionale dello "SPI-CGIL", LAVORO e SOCIETA'; Gloria MELE, lavoratrici occasionale nella grande distribuzione, Torino; Luigi CASALI - Coordinatore regionale RdB-CUB, Federazione del Piemonte; Gerardo GIANNONE, RSU FIAT Pomigliano d'Arco (Napoli); Michele CASTALDO, SPI-CGIL, Roma; Lino BALZA, Medicina Democratica, Alessandria; Giovanni NOBILI - USI, Torino; Giuseppe ZAMBON editore, Francoforte; Adriana CHIAIA, del comitato di redazione della Casa editrice Zambon, Milano; Francesco PAPPALARDO, Medico del Lavoro, Piombino; Lorenzo MORTARA, operaio dell'YKK SPA, iscritto FIOM-CGIL, Vercelli; Stefano IPPAZIO, Sindaco di Taranto; Alessandro MARESCOTTI, presidente di Peacelink; Amalia NAVONI, beni comuni zona 8, Milano; Caterina Rodella - collettivo studenti SU LA TESTA – Bologna; Mariella MEGNA - Regione Lombardia; Giorgio RIBOLDI - A.L. Cobas-CUB Regione Lombardia; Erika SOLLO - Provincia di Torino; Roberto DELOGU, dipendente Gruppo Amiu S.p.A., iscritto CGIL; Samanta DI PERSIO, autrice libro "Morti bianche"; Patrizio LISI, segretario della federazione del PRC di Latina; Frediano DUTTO, centro Paolo Otelli di Chivasso (To); Alessandra VALENTINI, Giornalista; Sergio CIMINO – FISAC-CGIL Napoli; Roberto BRETTO, operaio FIAT Mirafiori FIOM-CGIL, Torino; Giancarlo LUCIANI, FLMU-CUB, dipendente SELEX COMMS Spa, stabilimento di Cisterna di Latina; Lutz KÜHN, iscritto alla FIOM-CGIL Nokia Siemens Networks, Milano; Stefano PENNACCHIETTI, RSU/RLS Ferrovie, RFI, Roma; Lucio COSTA, pensionato, Padova; Luca PASTORINO, studente-lavoratore, Genova; Eugenio MIELI, Segretario Regionale Lazio SNATER; Roberto CAMPOPIANO, RSU/RLS SNATER Telecom Italia, Roma; Mario COLASANTI, Segreteria Regionale Lazio SNATER; Andrea FRANCESCANGELI, Direttivo Regionale Lazio Snater; Andrea D'EPIFANIO, Segreteria Nazionale Snater; Marco BARONE, legale Cobas, Bologna; Donato ANTONIELLO, Segretario RSA FISAC/CGIL Rivoli (TO); Donato ANTONIELLO, Assessore al Lavoro e Istruzione per conto anche del Sindaco della Città di Nichelino (To); Simone OGGIONNI, Direzione nazionale PRC; Salvatore INGHES, CUB Pinerolo (To); Gian Franco SUPPO, RdB-CUB Pinerolo (To); Davide FABBRI, Consigliere Federale Nazionale dei Verdi, Consigliere Comunale dei Verdi di Cesena (FC); Leonardo MASELLA, capogruppo PRC Regione Emilia-Romagna; Erwin DORIGO - PRC Circolo 25 aprile, San Miniato (PI); Fulvio GRIMALDI, giornalista-documentarista, Roma; Sandra PAGANINI, storica, Roma; Romeo CAVALLI - RdB Cub Novara; Felice LANNI, RdB-CUB Novara; Renato POMARI, RSU IBM, Vimercate (MI); Fabio ZERBINI, RSA-CUB Genia Ambiente, S.Giuliano Milanese (MI); Francesco SCARCELLO, ex-operaio Thyssen, Torino; Angelo SCARCELLO, pensionato, Torino; Vincenzo ABBATANTUONO, insegnante, SdL Intercategoriale Piemonte; Claudio LORENZONI, responsabile sindacale RdB INPS - Roma Centro; Giovanni BRUNO, Confederazione Cobas, Pisa; Caterina SBROZZI, impiegata amministrativa, Comune di Torino; Andrea GUAZZETTO, RSA FLAICA-CUB, Cooperatore impiegato c/o Biblioteche Università degli Studi di Torino; Alessandro SALZA, RSA FLAICA-CUB Cooperatore impiegato c/o Biblioteche Università degli Studi di Torino; Gualtiero ALUNNI Comitato Politico Nazionale PRC; Manuela PALERMI, direttore de "La Rinascita della Sinistra"; Rita URGESI-Caterina PASSIATORE-Luca PASSARO-Gianni AMORUSO-Giuseppina ATTIVISSIMO-Enzo VINCI e Maria Teresa MARINOSCI ispettori del lavoro della direzione provinciale di Taranto; avvocato Stefano Palmisano - patrocinante cause vittime ILVA di Taranto e Petrolchimico di Brindisi; dott.Gino STASI - Medicina Democratica Brindisi; avv. Fausto SOGGIA nel processo contro Riva dell'ILVA - Foro di Taranto; Silvana FRANGELLA Responsabile Servizi Comunicazione Circoscrizione 9 Torino; Francesco SALE - PdCI sez. "U. Terracini", San Miniato (PI); Fabio ZAYED - Fotografo, Roma; Maila IACOVELLI - Fotografa, Roma. Federico GIUSTI, RSU-Cobas, Comune di Pisa.

Adesioni collettive

Assemblea Lavoratori Autoconvocati ; SLAI-COBAS per il sindacato di classe; Comitato "6 dicembre" – Torino; Comitato "5 aprile" – Roma; Cittadini contro l'amianto della provincia di Cremona; Confederazione Unitaria di Base; FLMUniti-CUB; Federazione Regionale CUB Piemonte; Federazione Regionale RDB-CUB Piemonte; Federazione Regionale RdB-CUB Pubblico Impiego; Federazione Regionale F.L.M.U.- CUB Piemonte; Federazione Regionale RdB-CUB Servizi Torino; FLMUniti-CUB Bologna; Coordinamento Nazionale delle RdB/CUB Ministero delle Economia e delle Finanze; Unione Sindacale Italiana USI - Federazione di Roma; USI-Ait, Rimini; Collettivo Lavoratori Comdata; Sindacato Lavoratori in Lotta per il Sindacato di Classe; Medicina Democratica; Comitato Familiari e Lavoratori FIOM Ilva Taranto "12 giugno"; AL-Cobas CUB Milano; AL-Cobas CUB Regione Lombardia; Sindacato dei Lavoratori-SdL, di Chivasso (To); SLAI Cobas dell'Azienda Ospedaliera "Monaldi" di Napoli; Confederazione Cobas Piemonte; RdB della struttura zonale INPS - Roma Centro; Collettivo "Iqbal Masih", Lecce; Comitato No-Expo, Milano; Associazione di volontariato ALJ ONLUS, Bologna e provincia; Network Antagonista Torinese; CSOA Askatasuna; CSA Murazzi; Collettivo Universitario Autonomo; Collettivo Studenti autorganizzati; Proletari@ - comunicazione militante; Network Barletta@libero; Piattaforma Comunista; P-CARC Piemonte e Lombardia; Proletari Comunisti; Redazione Daszebao; Partito Umanista; L'altra Lombardia - SU LA TESTA; Ravenna Viva; Circolo PRC "Marcos" del territorio delle Terre d'Acqua (prov. Di Bologna); Partito di Alternativa Comunista; Redazione del periodico "Lavoro e salute"; Città di Nichelino (TO); Circolo PRC 25 Aprile - San Miniato (Pisa); Associazione Solidarietà Proletaria; Circolo di Rifondazione Comunista di Sabaudia (LT); Rete Antifascista Bergamasca; Ultras Ternana; Rete Antifascista Perugina; Brigata Germinal Cimarelli; Rifondazione Comunista, Circolo di Colonia; Associazione marxista Unità Comunista; Collettivo Collegamenti Internazionalisti di Bergamo; Associazione Pianeta Futuro per la Costituente Comunista – Pisa; Partito dei Comunisti Italiani; Collettivo studentesco Liberamente – Taranto; Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario; Associazione "Spot the Difference". Teatro delle Ceneri, Bologna.